Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
PERCHÉ MOLLARE PROPRIO ORA, IN UN MOMENTO IN CUI L’INTELLIGENCE È IMPEGNATA IN UNA DIFFICILE TRATTATIVA PER LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA? C’ENTRA QUALCOSA IL RAPPORTO CON MANTOVANO, “ASSAI MENO FLUIDO DI QUELLO, MOLTO STRETTO, CON GIORGIA MELONI”?
Elisabetta Belloni è pronta a lasciare la guida del Dis. La decisione è stata anticipata ad
alcuni amici durante il mese di dicembre. E pochissimi giorni prima di Natale è stata spiegata personalmente a Giorgia Meloni, durante una riunione riservata a cui ha preso parte anche Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla Presidenza con la delega ai servizi.
Una scelta improvvisa. Che anticipa di alcuni mesi la naturale scadenza del suo mandato — prevista per il prossimo maggio — al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l’organo che coordina l’attività del comparto. Nel futuro di Belloni, si apprende, ci potrebbe essere un incarico tecnico di primo piano al fianco della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma lei smentisce subito,
Il rapporto tra Meloni e l’ambasciatrice si è a lungo caratterizzato per essere stato molto stretto. Di stima reciproca e collaborazione. Assai meno fluido, invece, quello con Mantovano, soprattutto nell’ultima fase.
L’incarico scadrebbe infatti poco prima dell’estate ed è frutto di una proroga di un anno decisa dall’attuale presidente del Consiglio nel 2024. La richiesta di Belloni, però, è stata quella di lasciare l’incarico prima della fine dell’anno. Una tempistica che sarebbe coincisa con la scadenza dell’altro incarico ricoperto contestualmente dalla direttrice, quello di sherpa del G7 per l’Italia durante l’anno di presidenza: un impegno concluso lo scorso 31 dicembre. Dopo un confronto con Meloni e Mantovano, i tre hanno però deciso di posticipare l’annuncio alla ripresa dei lavori: dovrebbe accadere nei giorni immediatamente successivi all’Epifania.
Una richiesta, quella di far slittare di due o tre settimane l’avvicendamento alla guida del Dis, che sarebbe partita dalla presidente del Consiglio. Necessaria, a suo avviso, per ridurre l’impatto della notizia. E quindi, per garantirsi un po’ di respiro nella scelta del prossimo direttore. Tra i nomi in pole per la guida del dipartimento, è circolato quello di Bruno Valensise, già vice al Dis e oggi direttore dell’Aisi. Un’opzione che aprirebbe però un tema di successione al vertice dei servizi interni.
Romana, sessantasei anni, una carriera spesa soprattutto al ministero degli Esteri, muove i primi passi come incaricata nella direzione degli affari politici, poi a Vienna alla rappresentanza diplomatica presso le organizzazioni internazionali, quindi all’ambasciata d’Italia a Bratislava.
Nel 2004 il primo salto, decisivo: diventa capo dell’Unità di crisi della Farnesina. Un incarico che ricopre per quattro anni e diventa figura nota anche al di fuori del corpo diplomatico.
Da quel momento, è un crescendo: direttore generale per la cooperazione allo sviluppo, quindi per cinque anni (2016-2021) segretario generale della Farnesina, voluta da Paolo Gentiloni. Mario Draghi, appena diventato presidente del Consiglio, la chiama a dirigere il Dis. Un ruolo che Meloni le conferma. Aggiungendo anche quello di sherpa del G7 italiano, non senza polemiche sull’opportunità del doppio incarico, di intelligence e diplomatico.
Il suo nome è però circolato spesso anche per ricoprire incarichi politici e istituzionali. Il caso più recente è quello della successione di Raffaele Fitto al super ministero del Pnrr. Una decisione non gradita ad Antonio Tajani, che puntava a garantire a Forza Italia quella casella (alla fine rimasta comunque ai meloniani con Tommaso Foti)
Ma l’episodio più eclatante è quello della corsa a Presidente della Repubblica, nell’inverno del 2022: dopo l’uscita di Draghi dalla rosa dei nomi per il Colle, Belloni diventa il profilo su cui convergono diversi leader nel corso delle ore più intense della trattativa.
La sostengono apertamente Giuseppe Conte e Matteo Salvini, è pronta al via libera anche Meloni e si spende per lei anche una parte del Pd. Matteo Renzi, e assieme a lui un’altra fazione del Pd, frena l’ascesa. Sarà rieletto Sergio Mattarella.
(da Repubblica)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
ALLE PORTE DELL’ITALIA UN GOVERNO RAZZISTA E FILOPUTINIANO
Tre mesi di tentativi di formare un governo senza l’ultradestra del Partito della Libertà (FPÖ) non sono serviti a nulla. E ora l’Austria potrebbe virare verso un governo a tutta destra. La svolta che fa seguito alle elezioni dello scorso 29 settembre è maturata nel weekend. Ieri il Cancelliere uscente e leader dei conservatori dell’ÖVP Karl Nehammer si è dimesso da entrambi gli incarichi, affermando di non voler più essere d’intralcio dopo che i negoziati da lui condotti con altre forze parlamentari per formare un nuovo governo hanno portato in un vicolo cieco. Un’intesa “al centro” con i liberali di Neos e gli storici rivali socialdemocratici dell’SPÖ si è rivelata impossibile. Il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen (proveniente dalle file dei Verdi) ha preso atto delle dimissioni di Nehammer e oggi ha annunciato la svolta: domani stesso incontrerà il leader dell’FPÖ Herbert Kickl, ha detto Van der Bellen in una conferenza stampa. Questione di realismo. «Le voci all’interno dell’ÖVP che escludevano la cooperazione con l’FPÖ sotto Herbert Kickl si sono decisamente affievolite. Questo significa che potrebbe aprirsi un nuovo percorso che fin qui non esisteva», ha spiegato il presidente austriaco.
Cosa vuole e perché ha vinto l’FPÖ
C’è da giurare che al quartier generale dell’FPÖ già siano volati i tappi delle bottiglie. L’ultradestra che tra gli anni ’90 e i primi 2000 fu guidata dal neonazista Jorg Haider aveva trionfato alle elezioni generali di settembre raccogliendo un clamoroso 29,2% dei voti, davanti ai due storici partiti di centrodestra e centrosinistra. «I risultati non potevano essere più chiari. Ora siamo pronti a guidare un governo», disse quella sera stessa Kickl, sfidando gli altri partiti ad evitare strani escamotage per sbarrargli la strada. L’FPÖ ha vinto quella tornata elettorale dopo una dura campagna elettorale all’insegna dello slogan “Fortezza Austria”. La ricetta proposta è quella della chiusura totale agli immigrati, compresa la sospensione del diritto d’asilo e la deportazione degli «stranieri non invitati». Da sempre vicino a quello di Vladimir Putin, il partito propugna inoltre la sospensione delle sanzioni imposte dall’Ue contro la Russia per la guerra in Ucraina. E nella sua compagine continuano a fare capolino personaggi e temi neonazisti. Van der Bellen deve aver masticato amaro, ma dopo tre mesi non ha avuto scelta se non quella di annunciare l’apertura di un possibile «nuovo percorso».
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO I MEDIA LOCALI, IL PRIMO MINISTRO POTREBBE LASCIARE NELLE PROSSIME 24 ORE… SE COSÌ FOSSE, IL PARTITO LIBERALE DOVREBBE TROVARE UN NUOVO LEADER A POCHI MESI DALLE ELEZIONI LEGISLATIVE, PREVISTE PER OTTOBRE
Secondo i media locali, il premier canadese Justin Trudeau sarebbe pronto a
rassegnare le dimissioni già in giornata, schiacciato dal forte dissenso all’interno del suo stesso partito liberale.
I quotidiani nazionali The Globe and Mail e The Toronto Star hanno riferito che fonti interne al partito liberale di Trudeau si aspettano le dimissioni prima del suo caucus nazionale di mercoledì. Le fonti riengono che l’annuncio possa arrivare già nelle prossime 24 ore.
La partenza di Trudeau potrebbe lasciare il partito senza un leader a pochi mesi dalle prossime elezioni legislative, previste per la fine di ottobre. Non è chiaro se il 53enne rimarrà come leader ad interim del suo partito, visto che la sua popolarità è crollata negli ultimi mesi, con il suo governo che è sopravvissuto con margine ridotto a una serie di voti di sfiducia.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL DOCUMENTARIO PROPINATO AGLI INVITATI
Donald come Silvio. La cena, le luci, le chiacchiere, i marmi, le statue. E poi la fregatura del documentario. Perché a cena mangiano gli ospiti, mentre nel dopocena (direbbe lo psicanalista) a mangiare è solo il Capo, Il Sultano, il Tycoon, chiamatelo come vi pare, che si nutre del proprio narcisismo attraverso lo sguardo (la pazienza, la sudditanza, la pena) degli ospiti. I quali sono obbligati a ammirare le portate del privatissimo pasto, a esclamare: “Ohhh!”, “Ahhh!” a ogni scena e se del caso a battere le mani.
Povera Meloni. Due ore, su cinque di trasferta, inchiodata sui divani di Mar-A-Lago a sorbirsi The Eastman Dilemma che poi sarebbe il resoconto del Grande Complotto contro il popolo, contro la Nazione, contro la Giustizia americana.
Colpevoli questa volta non i satanisti di Hillary Clinton e neppure gli haitiani che arrostiscono i cani e i gatti dei vicini di casa. Ma i giudici progressisti che sanzionano gli avvocati dei conservatori, condannano le loro ragioni, puniscono i loro clienti. Mentre concedono ingiusta clemenza alle élite progressiste, gli odiati radical e i loro privilegi. Complotto perfezionato ai danni di Trump (uno a caso) per avergli negato la vittoria elettorale del 2020, determinando il sopruso di Joe Biden, oltre che l’assalto al Campidoglio dei patrioti a loro volta processati, tormentati, condannati. Meno male che sarà Trump (uno a caso) a salvarli tra qualche giorno, tra qualche ora. Quando anche Sleepy Joe avrà sgomberato la stanza ovale.
Silvio buonanima usava le Olgettine. Le schierava sui divani come i peluche, a sorbirsi i documentari dedicati alla sua vita, alle sue ville, ai suoi discorsi, ai suoi 5 mila cactus.
Ma era la solita vecchia commedia all’italiana con il finale scontato e scollacciato. Qui siamo in un altro film, recitato nei saloni della nuova America suprematista, che, a fine documentario, allestirà la sua tragedia. E incidentalmente la nostra.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
LA NUOVA TABELLA NAZIONALE: PIU’ PROFITTI
Da questo governo le assicurazioni stanno ricevendo molti doni: dall’assicurazione
obbligatoria per le calamità naturali, al regolamento sulle polizze per la responsabilità civile sanitaria, fino alla stipula forzata di polizze salute che la popolazione più o meno abbiente deve contrarre per sopperire alla crisi della sanità pubblica accelerata dallo stesso esecutivo.
Da ultimo, il 25 novembre 2024 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il regolamento sulla Tabella Unica Nazionale del danno biologico (T.U.N.) redatto dal ministero delle Imprese e del made in Italy, che stabilisce il valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità permanente per le macrolesioni (invalidità tra dieci e cento punti) e il parametro monetario per liquidare i giorni di invalidità temporanea.
Questa tabella sarà usata per i sinistri stradali e per la responsabilità medico-sanitaria, ma non stupirebbe se una parte della magistratura, che non concepisce la tutela risarcitoria integrale dei danneggiati come priorità, la estendesse agli altri settori. Si tratta del frutto di una lunga storia di favori alle assicurazioni, che inizia con Amato e Letta junior nel 2001, prosegue con Berlusconi, incontra sulla sua strada Monti, Renzi e Draghi per approdare a Meloni &C.
Nel 2002 e negli anni successivi il progetto della tabella fu presentato come necessario per sopperire alle differenze tra i tribunali: agli inizi del millennio ciascuno operava con proprie “tariffe” risarcitorie. In realtà fin dal principio l’intento fu quello di risarcire di meno anche nei casi più gravi, ossia per le menomazioni dal 10% di invalidità permanente in su. Sennonché da almeno il 2011 la tabella elaborata dal Tribunale di Milano, pur non brillando sul piano tecnico, aveva risolto il problema della disparità di trattamento, essendo assurta, su indicazione della Cassazione, a tabella applicata dai giudici a livello nazionale.
Di una tabella di legge, dunque, non si avvertiva più alcuna necessità, salva l’ipotesi di una tabella tecnicamente migliore e più giusta verso i danneggiati rispetto a quella ambrosiana. Tuttavia, secondo quanto emerge dal testo ufficioso che sta circolando in attesa dell’emanazione del relativo decreto, la tabella approvata dal governo non possiede queste qualità. Primo perché dal punto di vista tecnico presenta una curva di progressione dei risarcimenti in ragione del crescere della gravità delle menomazioni decisamente irregolare rispetto ai parametri di legge. Secondo perché il livello dei risarcimenti è nettamente più basso dei risultati che si avrebbero applicando correttamente i criteri fissati dal Parlamento. In attesa della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, dalla comparazione tra la tabella milanese e la versione della TUN in circolazione si possono trarre i seguenti esempi in relazione ai valori base in sede di trattative: un danneggiato di 30 anni con il 60% di invalidità permanente (amputazione di arto superiore) avrebbe ottenuto 645.288 con la tabella milanese, che diventano 579.267 con la TUN; una persona di 60 anni con 40% di invalidità (amputazione di una gamba) 262.448 euro oggi e 239.394 domani; un quindicenne col 30% di invalidità permanente (amputazione del piede) 203.959 con la tabella milanese e 191.986 con quella di Meloni; un bimbo di 10 anni che perdesse entrambe le mani (invalidità all’80%) oggi otterrebbe 1.074.578, con la nuova tabella 1.043.503. Risparmi importanti per i responsabili dei danni e le loro assicurazioni.
I sostenitori della nuova tabella controbattono che la TUN liquida di più ai macrolesi più gravi (sopra l’85% di invalidità) rispetto a quella milanese: è in minima parte vero, ma si tratta di propaganda. La redazione della TUN secondo i parametri parlamentari avrebbe condotto a risarcimenti più alti innanzitutto proprio per le persone con menomazioni più gravi. Non solo: per il danno morale viene fissato un tetto massimo non previsto dalla legge con minimi – non contemplati dal legislatore – inferiori ai valori considerati con la tabella milanese; il quantum del danno non patrimoniale temporaneo viene dimezzato rispetto a Milano, sempre contro le indicazioni del Parlamento (l’invalidità temporanea totale si passa dai 115 euro “milanesi” ai 71,812 della TUN).
Le assicurazioni, già rese più forti nelle trattative da una giustizia civile distrutta dalla riforma Cartabia e ora al tappeto con Nordio, eviteranno le cause pagando molto meno. Eppure la Sezione Consultiva del Consiglio di Stato nel febbraio 2024 aveva bocciato questa TUN, già proposta a fine 2023, in quanto tale da ridurre le liquidazioni dei danni. E aveva affermato un principio importante: questioni di “sostenibilità economica” non possono mai dare luogo a un generalizzato e ingiustificato ridimensionamento della tutela delle vittime, che deve sempre ispirarsi ai principi di pienezza, effettività e adeguatezza.
I giudici avevano invitato il governo a nuove consultazioni che coinvolgessero anche le associazioni dei danneggiati e degli avvocati delle vittime, tra queste l’associazione familiari vittime della strada, Unarca e la europea Peopil, le quali – la scorsa estate – avevano formalmente, ma invano, sollecitato governo e Ivass ad avviare il confronto. La tabella pertanto, è stata approvata dal Consiglio dei ministri contro i danneggiati e, sempre in base al testo ufficioso, in favore delle assicurazioni che, nonostante i regali ricevuti, non abbasseranno neppure i premi (tra risarcimenti e premi, peraltro, non corre lo stretto legame raccontato per anni a tutti).
Con ogni probabilità la tabella sarà oggetto di scrutinio da parte del Tar del Lazio, della Corte costituzionale e dei giudici, ma è trascorso culturalmente molto tempo da quando la magistratura affermò con convinzione il diritto al risarcimento integrale per i danni alla persona. Ora vanno di moda i “compromessi”, che in realtà finiscono per togliere ai più per fare guadagnare una ristretta cerchia di soggetti. Così la tabella attribuirà risarcimenti più bassi alle vittime in un sistema giustizia sempre meno capace di tutelarle.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
NON SARÀ CHE L’INDISCREZIONE LANCIATA DA “BLOOMBERG” È STATA RESA PUBBLICA SOLO COME PIETOSA COPERTURA PER IL FALLIMENTO DELLA MELONI SULLA QUESTIONE PRINCIPALE DELLA TRASVOLATA, IL CASO ABEDINI-SALA? TRUMP COSA CHIEDERÀ IN CAMBIO ALL’ITALIA, FANALINO DI CODA NELLE SPESE PER LA DIFESA?
La Ducetta della Garbatella si è scapicollata a Mar-a-Lago, sobbarcandosi tra andata e ritorno un viaggetto di 20 ore, solo per una cena con scambio di smorfie con Donald Trump, per poi far trapelare voci su un mega contratto (senza gara) di un miliardo e mezzo di euro con Space X del caro amico Elon Musk?
Oppure l’indiscrezione lanciata dell’agenzia americana Bloomberg – che non farà per nulla felici le telecom italiche (a partire dal fondo USA Kkr, che ha sganciato 20 miliardi per la rete di Tim) -, è stata resa pubblica solo come pietosa copertura per il fallimento della Meloni sulla questione principale della trasvolata con cena con il futuro presidente della Casa Bianca, il caso Abedini-Sala?
Fin dal decollo, il blitz americano per la Statista del Colle Oppio era infatti bilama: vittoria o sconfitta. Vale a dire: o la premier tornava a casa con il rinculo da parte della futura amministrazione americana sulla richiesta di estradizione dell’iraniano Abedini (l’FBI ha fornito ampie prove del suo “lavoro sporco” per i pasdaran di Teheran) – atto difficile da stracciare per un tipino muscolare come Trump. Viceversa: la missione della Giorgia dei Due Mondi si risolveva in una terrificante disfatta geopolitica.
Allo stato attuale, che fine farà la richiesta ufficiale del Dipartimento di Stato Usa di estradizione della “spia” iraniana, a cui è legata la liberazione dalla galera di Teheran di Cecilia Sala, lo sapremo solo sopravvivendo.
Così pure capiremo prossimamente su questi schermi se l’annuncio del contratto miliardario con Space X del Musk-alzone è nient’altro che un bel polverone sollevato per coprire una clamorosa sconfitta in campo internazionale dell’Underdog di Palazzo Chigi.
Comunque andrà a concludersi la scommessa meloniana, di sicuro non avrà per nulla gradito il presidente della Commissione Europea, la fragile e cagionevole Ursula von der Leyen (alle prese con una brutta polmonite) le calorose parole di Trump per accogliere la premier volante a Mar-a-Lago: “Ha preso d’assalto l’Europa” (non va dimenticato che tra i vice presidenti esecutivi di Ursula brilla il nome del fratellino d’Italia Raffaele Fitto…).
(da Dagospia)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
“CI SONO ANCHE TANTE COPPIE GIOVANI: L’IMMATURITÀ AFFETTIVA È CRESCIUTA A DISMISURA NEGLI ANNI. GLI UNDER 35 ARRIVANO DA ME DOPO UNA SETTIMANA O QUALCHE MESE DAL MATRIMONIO. LA SCELTA DI SPOSARSI OGGI VIENE FATTA PIÙ PER LA FESTA E IL RITORNO DEI SOCIAL. LA MANCANZA DI CONSAPEVOLEZZA È OGGI L’80% DELLE CAUSE DELLE RICHIESTE DI ANNULLAMENTO”
C’era un tempo in cui un cristiano cattolico per potere ottenere l’annullamento del
matrimonio dalla Sacra Rota doveva essere economicamente molto solido, meglio ancora se con un titolo nobiliare da vantare o almeno essere famoso tra i comuni mortali. Da Carolina di Monaco a Valeria Marini, dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga alla ministra Daniela Santanchè, tanti i personaggi che hanno fatto richiesta e ottenuto il “divorzio cattolico”.
«Con la riforma voluta da papa Francesco le cose sono parecchio cambiate. Il suo motto “siate Chiesa in uscita” ben coglie lo spirito nuovo degli avvocati rotali». Elena Gavrilakos è la presidente del Piemonte degli avvocati rotali. Nel suo studio a Torino davanti al fiume a pochi passi dalla Gran Madre riceve «molte donne e giovanissime coppie che prima non si sarebbero neanche immaginate di poter sanare un dolore della loro esistenza».
Quanti casi di annullamento ci sono in regione ogni anno?
«Siamo tra le 170 e 200 richieste. Gli avvocati rotali sono 268 in tutto il mondo e le uniche due Rote sono a Roma e Madrid».
La riforma di papa Francesco ne ha cambiato la percezione anche esterna. In che modo?
«È cambiato l’approccio dei giudici sacerdoti, oggi sono più giovani quindi non c’è più la sensazione in udienza di essere giudicati moralmente, non mettono a disagio. Negli anni Novanta-Duemila gli alti prelati erano molto più tecnici, avevano meno sensibilità. L’ottica pastorale nelle udienze, invece, è entrata con papa Francesco ed è stato un bene. Ripeto spesso “lavoriamo nella verità”. Non dobbiamo vincere una causa come nel civile, qui dobbiamo essere un sostegno pragmatico e cristiano al fedele che si rivolge a noi».
Com’è cambiato il cattolico che vuole rifarsi una vita?
«Dieci anni fa per una donna con un nuovo compagno o addirittura incinta non avremmo chiesto neppure l’udienza. Oggi invece la stessa gravidanza con un nuovo compagno non è più un ostacolo, perché prevale il senso di realtà e la necessità di non colpevolizzare la donna. C’era un forte timore reverenziale e un senso del peccato che prevaleva sui drammi familiari che pur vivevano quotidianamente. E aggiungo che un tempo la nullità era più per simulazione che per reali motivazioni».
Ci racconta un caso emblematico?
«Una signora 70enne realizzata sul lavoro si è “fatta un regalo”, come ha detto lei stessa suonando al mio ufficio. Voleva finalmente sentirsi libera, togliere un peso che l’ha condizionata per anni e ha trovato in età matura la forza di affrontare una ferita sanguinante».
Coppie giovani ne riceve?
«Tantissime. Purtroppo. L’immaturità affettiva è cresciuta a dismisura negli anni. Gli under 35 arrivano da me dopo una settimana o al massimo qualche mese dal matrimonio. La scelta di sposarsi oggi viene fatta più per la festa e il ritorno dei social, piuttosto che valutando cosa significa vivere in coppia per la coppia. La mancanza di responsabilità e di consapevolezza è oggi l’80% delle cause delle richieste di annullamento».
Quanto costa affrontare una causa di nullità?
«È un altro grande passo fatto da papa Francesco. Esiste un tariffario, massimo 3 mila euro; il patrocinio è gratuito per chi è indigente».
(da La Stampa)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL SEGRETO STA NELLE COSIDDETTE “PROTEINE DELLA SOLITUDINE” COLLEGATE ALLO STRESS, AL COLESTEROLO ALTO, ALLA RESISTENZA INSULINICA, ALL’ARTERIOSCLEROSI CHE PORTA ALL’INFARTO E PERFINO ALLO SVILUPPO DI TUMORI
Avere amici fa bene alla salute e allunga la vita. Poter contare su un’ampia rete di affetti, familiari e non, riduce il rischio di cardiopatie, ictus o diabete e rafforza il sistema immunitario che protegge dalle infezioni. Al contrario, chi ha poche relazioni sociali si ammala di più e ha più probabilità di andare incontro a una morte prematura.
Uno studio anglo-cinese pubblicato su ‘Nature Human Behaviour’ conferma l’effetto-scudo dell’amicizia e spiega da cosa dipende: il segreto sta in un set proteico che contraddistingue le persone isolate. Se la loro salute è peggiore, è proprio per colpa di queste ‘proteine della solitudine’ collegate ad esempio allo stress, al colesterolo alto, alla resistenza insulinica, all’aterosclerosi che porta all’infarto e perfino allo sviluppo di tumori.
La ricerca porta la firma di un team di scienziati delle università di Cambridge, nel Regno Unito, e di Fudan, in Cina. Attingendo alla UK Biobank, gli autori hanno analizzato i campioni di sangue di oltre 42mila adulti fra i 40 e i 69 anni esaminando in particolare i proteomi, il complesso di proteine circolanti.
Calcolando per ogni persona i punteggi di isolamento sociale (parametro oggettivo basato su precisi fattori come vivere da soli, avere pochi contatti con gli altri e un basso coinvolgimento in attività di gruppo) e di solitudine (misura soggettiva del sentirsi soli), gli studiosi hanno potuto individuare le proteine presenti a livelli maggiori nelle persone socialmente isolate o sole, e capire in che modo sono correlate a una salute più scadente. Al netto di fattori confondenti quali età, sesso e background socioeconomico, sono state così identificate 175 proteine associate all’isolamento sociale e 26 legate alla solitudine, con una sovrapposizione dell’85%.
Molte di queste proteine vengono prodotte in risposta a infiammazioni, infezioni virali e come reazione immunitaria, oltre a essere correlate a malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, ictus e morte precoce, elencano i ricercatori che non si sono fermati qui. Utilizzando una tecnica statistica detta randomizzazione mendeliana per indagare la relazione causale tra isolamento sociale e solitudine da un lato e proteine dall’altro, gli scienziati hanno trovato 5 proteine specifiche per la solitudine.
“Sappiamo che l’isolamento sociale e la solitudine sono collegati a una salute peggiore, ma non abbiamo mai capito il perché – afferma Chun Shen del Dipartimento di neuroscienze cliniche dell’Università di Cambridge e dell’Istituto di scienza e tecnologia per l’intelligenza ispirata al cervello dell’Università di Fudan – Il nostro lavoro ha evidenziato una serie di proteine che sembrano svolgere un ruolo chiave in questa relazione, con livelli di alcune proteine in particolare che aumentano come conseguenza diretta della solitudine”.
Una delle proteine della solitudine – approfondiscono gli autori – è l’Adm, che secondo studi precedenti svolge un ruolo nella risposta allo stress e nella regolazione di ormoni dello stress e di ormoni sociali come l’ossitocina: il cosiddetto ‘ormone dell’amore’, antistress e alleato del buonumore.
Gli scienziati hanno rilevato una forte associazione tra l’Adm e il volume dell’insula, centro cerebrale che presiede alla capacità di percepire cosa sta accadendo all’interno del nostro corpo: maggiori sono i livelli di Adm, minore è il volume di quest’area. Concentrazioni più alte di Adm sono state collegate anche a un volume inferiore del caudato sinistro, regione coinvolta nei processi emotivi, di ricompensa e sociali.
Infine, livelli maggiori di Adm sono stati associati a un rischio più alto di morte precoce. Un’altra delle proteine della solitudine, Asgr1, è correlata al colesterolo alto e a un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Altre ancora sono svolgono invece un ruolo nello sviluppo della resistenza insulinica anticamera del diabete, nell’incrostazione delle arterie alla base dell’aterosclerosi e nella progressione del cancro.
“Queste scoperte – commenta Per Barbara Sahakian del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Cambridge – sottolineano l’importanza del contatto sociale per mantenerci in salute. Sempre più persone di tutte le età riferiscono di sentirsi sole. Ecco perché l’Organizzazione mondiale della sanità ha descritto l’isolamento sociale e la solitudine come un problema di salute pubblica globale. Dobbiamo trovare modi per affrontare questo problema crescente e mantenere le persone connesse per aiutarle a rimanere in salute”.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
NON SOLO: LE AZIENDE DOVRANNO FARE I CONTI ANCHE CON IL DIVERSO VALORE CHE LE PERSONE ATTRIBUISCONO AL LAVORO E AL TEMPO … TUTTO CIÒ RENDERA’ NECESSARIO PER LE AZIENDE TROVARE IL MODO DI ATTRARRE I CANDIDATI
Se a lungo ha prevalso una svalorizzazione del lavoro con retribuzioni ferme, nel futuro
nuovi equilibri potrebbero generare condizioni che rivalorizzano i salari. A dirlo è il secondo report dell’Osservatorio Enpaia (Ente nazionale di previdenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura), realizzato in collaborazione con il Censis. I nuovi equilibri in questione saranno determinati dal calo demografico che ridurrà progressivamente i bacini dei candidati e dal diverso valore che le persone attribuiscono al tempo. Il surplus di domanda di lavoro rispetto all’offerta, in prospettiva, potrebbe generare un rialzo delle retribuzioni e con esse dei contributi, con effetti positivi anche sulla previdenza. «In Italia abbiamo un tema importante che è quello dei salari troppo bassi», evidenzia Roberto Diacetti, direttore generale di Enpaia
Negli ultimi vent’anni in Italia le nascite sono precipitate, fino a scendere sotto le 380mila nel 2023, si legge nel report. La nuova struttura demografica impatta sulla creazione e redistribuzione della ricchezza ma anche sulla forza lavoro disponibile per le imprese che nel 2050 si ridurrà di 2 milioni e 200mila unità. Oltre alla riduzione dei bacini di candidati, però, le imprese dovranno fare i conti con il diverso valore che le persone attribuiscono al lavoro e al tempo. La rarefazione dell’offerta di lavoro farà aumentare non solo il suo valore economico in funzione dell’aumento della domanda, con un conseguente aumento delle retribuzioni, ma spingerà le imprese verso nuove strategie per attrarre i candidati.
Guardando a chi ha già vissuto il primo tempo della vita, fino alla pensione, il report fa emergere un contesto sociale dove ci sono opinioni diverse sul pensionamento, dovute in parte a ragioni economiche, in parte alla soddisfazione professionale. Una quota molto elevata, il 70%, degli italiani afferma che si debba consentire ai pensionati, se lo vogliono, di continuare a lavorare. Questa quota raggiunge addirittura l’80% tra gli over 64. Dall’altro lato, però, l’innalzamento dell’età di pensionamento viene vissuta nel 65,1% dei casi come «una costrizione alla libertà individuale» (a dirlo è il 69,6% nella fascia dai 35 ai 64 anni). Di qui la richiesta di poter scegliere con maggiore flessibilità, di essere attivi nei diversi ambiti della sfera sociale, mercato del lavoro incluso, senza che l’età sia un fattore discriminante. Ma anche, d’altro canto, di potersi ritirare prima.
La sostenibilità della previdenza
Ritornando ai temi previdenziali, dal report Enpaia Censis emerge che oltre l’80% degli italiani teme che la sostenibilità della previdenza potrebbe affrontare qualche difficoltà, visto il gap tra giovani e anziani. Attualmente il 46,8% dei pensionati ritiene la propria pensione inadeguata alle esigenze di vita. Tenuto conto delle prospettive future, le persone cercano forme integrative dei redditi pensionistici, per far fronte al rischio di un downgrading della qualità di vita. Così, in Italia, il sistema di previdenza complementare continua crescere in termini di iscritti e di contributi, mostrando una sostanziale solidità. Nel 2023 sono 9.571.353 gli iscritti alla previdenza complementare, il 3,7% in più rispetto all’anno precedente, per un totale di quasi 11 milioni (10.690.199) di posizioni in essere che, tra il 2013 e il 2023, sono cresciute del 72,3%.
Di conseguenza si incrementa anche il montante delle risorse destinate alle prestazioni (+3,5%), che in valore assoluto supera i 224 milioni di euro (224.392.000), pari a un importo medio per posizioni in essere di 20.990 euro. Se prendiamo il caso Enpaia, l’ente gestisce un patrimonio complessivo di 2,5 miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni ha aumentato il numero di iscritti tra impiegati e dirigenti del 7%, arrivando oggi a 45mila. Le imprese iscritte sono invece oltre 9mila e nello stesso periodo sono cresciute del 6%.
(da il Sole24ore)
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