Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
ALMASRI NON E’ UN “DIRIGENTE LIBICO” MA UN BOIA E QUEL BOIA IL GOVERNO ITALIANO LO PAGA, MA NON LO PUO’ CONFESSARE
Almasri, il tipo accomodato su di un aereo di stato con flutes di champagne annesse, è un boia. Non un “dirigente libico” come lo ha chiamato la Meloni, no, è un boia a tutto tondo. Un uomo capace di uccidere a mani nude e di violentare un bambino di cinque anni. Ma, evidentemente, di quel boia il governo italiano è complice; quel boia il governo italiano lo paga, ma non lo può confessare
La Meloni dice di non essere “ricattabile”, in effetti, e la vicenda della liberazione di Almasri lo dimostra, è già sotto ricatto ed estorsione.
Ed è quello il motivo della improvvida e cinica liberazione. È ricattata dai trafficanti di esseri umani che paga per tenere nei lager libici, torturare, uccidere e violentare i potenziali migranti. Quei trafficanti che dichiarò di voler perseguire e punire in tutto il “globo terracqueo”.
Non li persegue né li punisce, li paga. E da loro è ricattata. Ha vinto le elezioni con la promessa di tenere a bada l’immigrazione. Il risultato è opposto: con lei al potere l’immigrazione si è quadruplicata. Dice di tenere in alto il nome dell’Italia. Le feste al ritorno di Almasri a Tripoli, con i cori che cantavano “buh, buh, buh, Italia”, dicono il contrario.
Ci facciamo buggerare dai libici. E non solo. Ci tengono sotto scacco, se fosse vero, e vero lo è, che due ministri, uno dell’interno, l’altro della Giustizia, hanno fatto esattamente quello che un boia, sottolineo un boia, voleva che facessero. Stanno perfino scappando dal parlamento perché non sanno più cosa dire. Dovrebbero vergognarsi. Se conoscessero la vergogna.
(da Infosannio)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI ESTERI: “QUALCUNO ANDRÀ LA PROSSIMA SETTIMANA. IO NO PERCHÉ NON C’ENTRO NULLA, SALVINI HA DETTO CHE PUÒ ANDARE, MA IN REALTÀ LA QUESTIONE NON RIGUARDA NEANCHE LUI. POI SE CI COINVOLGONO COME VICEPRESIDENTI DEL CONSIGLIO È UN ALTRO DISCORSO”
Anche il ministro Antonio Tajani si sfila: 24 ore prima che Almasri varcasse i confini
italiani, in una riunione a Palazzo Chigi, non si parlò del libico che di lì a poco sarebbe stato arrestato e rilasciato.
17 gennaio, venerdì, Chigi: presenti il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri Tajani e Matteo Piantedosi, il capo della polizia Vittorio Pisani, e poi i capi dei servizi di intelligence, Giovanni Caravelli (Aise), Bruno Valensise (Aisi) e Vittorio Rizzi (Dis). Quel giorno non si parla del caso che di lì a poco sarebbe scoppiato nelle mani del governo.
Il focus della questione, confermano diverse fonti, è Mohammad Abedini, l’ingegnere iraniano arrestato a Malpensa il 16 dicembre 2024. Un caso diventato un boomerang (un altro) perché di lì a poco, il 19 dicembre, finisce nella prigione di Evin (Iran) Cecilia Sala.
Abedini verrà rilasciato il 13 gennaio con una richiesta di revoca degli arresti del ministro Nordio. Quattro giorni dopo, la riunione a Chigi.
Il caso dell’iraniano ha creato una corto circuito, dunque serve un maggior coordinamento tra forze di polizia e servizi segreti, soprattutto su casi delicati e su soggetti su qui quali gli 007 possono già avere informazioni.
Più fonti giurano che quel 17 gennaio non si parlò del comandante libico. Anzi, in quel momento nessuno sapeva fosse in Germania. Tajani al Fatto conferma: “Posso assicurare che non abbiamo fatto riunioni su Almasri. Il 17 gennaio abbiamo parlato di immigrazione e di persone che circolano liberamente”.
Nella notte tra il 18 e il 19 gennaio il libico viene arrestato dalla polizia a Torino, in esecuzione di un mandato di cattura spiccato dalla Corte dell’Aia. Il resto è storia nota, culminata con la scarcerazione di Almasri per un errore procedurale: viene riportato in Libia con un volo di Stato dei Servizi.
Su questo le opposizioni chiedono a Meloni di riferire in Parlamento. “Io questo tema l’ho posto – spiega Tajani al Fatto –, qualcuno andrà la prossima settimana. Io no perché non c’entro nulla, Salvini ha detto che può andare, ma in realtà la questione non riguarda neanche lui. Poi se ci coinvolgono come vicepresidenti del Consiglio è un altro discorso”.
Ma c’è un buco di 48 ore prima del rimpatrio e Nordio poteva risolvere la questione con un tratto di penna: “No, è arrivato un documento di 40 pagine con le accuse in inglese, da tradurre: non è così semplice”, conclude Tajani.
(da Fatto quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
LO VOI RISCHIA IL TRASFERIMENTO PER INCOMPATIBILITÀ AMBIENTALE … L’ANM REPLICA ALLE SPARATE DELLA DUCETTA: “I MAGISTRATI NON FANNO POLITICA, SAREBBE AUSPICABILE CHE I POLITICI NON PROVASSERO A SOSTITUIRSI AI MAGISTRATI”
Lo Voi sotto assedio. Gli attacchi al Procuratore capo di Roma […] si intensificano. Si alzano i toni, si moltiplicano i fronti. I consiglieri laici del centrodestra del Consiglio superiore della magistratura chiedono che venga aperto un fascicolo sul suo operato, i senatori di Fratelli d’Italia lasciano intendere di voler portare in Parlamento la discussione sul suo utilizzo dei voli di stato
E ancora. Sempre al Csm si rincorrono le voci di un possibile esposto per la vicenda Caputi, spy story all’italiana su alcuni accertamenti dei servizi segreti sul capo di gabinetto della premier.
Tutte storie slegate tra loro. Per tempistiche e modalità. Ma che, se ben intrecciate, possono costituire l’accerchiamento perfetto.
Vicenda chiave è quella della scarcerazione del rimpatrio dell’alto militare libico. In procura a Roma arriva la denuncia dell’ex politico e avvocato Luigi Li Gotti presenta un esposto dove indica nomi e possibili reati. Il procuratore Francesco Lo Voi apre un fascicolo, indaga la premier, il ministro della Giustizia e dell’Interno, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, e trasmette il plico al tribunale dei ministri.
Molti addetti ai lavori spiegano che l’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto. Praticamente obbligato. Pena la commissione di un illecito. Per alcuni consiglieri del Csm, invece, non solo l’atto non era dovuto. Ma il procuratore Lo Voi dovrebbe essere sottoposto a un provvedimento disciplinare
E lo scrivono nero su bianco su una richiesta presentata al Comitato di presidenza del Csm. Le firme? Isabella Bertolini, quota FdI molto vicina alla premier, Claudia Eccher, quota Lega, Daniela Bianchini, sponsorizzata dal sottosegretario Mantovano, Enrico Aimi, quota Forza Italia e Felice Giuffré, quota Fratelli d’Italia.
Le motivazioni sono estremamente tecniche. E si possono sintetizzare così: nessun automatismo, il procuratore Lo Voi aveva un margine di discrezionalità che non ha utilizzato. Per questo i consiglieri chiedono «l’apertura di una pratica, anche al fine di eventuali profili disciplinari», per analizzare tempi e modalità. Sarà il Comitato di presidenza del Csm a decidere se archiviare il tutto o darne seguito.
Sempre dal Csm, poi, pare si stia preparando un esposto contro Lo Voi per il fascicolo sulla vicenda Caputi, aperto a carico di alcuni giornalisti del “Domani” per rivelazione di segreto e nato dopo la denuncia del capo di gabinetto della presidenza del Consiglio.
E si potrebbe anche profilare il rischio di un’iniziativa disciplinare del ministro della Giustizia, preceduta dall’invio di ispettori. O l’apertura di una pratica di trasferimento per incompatibilità ambientale. A creare malumori nel governo per una presunta violazione sarebbe stato l’inserimento di un documento dell’Aisi classificato come riservato, che invece sarebbe stato messo a disposizione delle parti.
Tra annunci e iniziative, l’assedio prende forma-
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
“NON È IL MOMENTO, NESSUNO MI HA CHIESTO LE DIMISSIONI, PERCHÉ DOVREI DARLE?”
«E che cosa sarebbe cambiato? La sede di un procedimento? Ed è per questo che dovrei
dimettermi?». Daniela Santanchè scende dall’aereo che la riporta a Milano dall’Arabia Saudita e ne parla con i suoi collaboratori. In quel momento, in realtà, la rabbia è […] per il fatto che il no della Cassazione al trasferimento del procedimento da Milano a Roma era sui giornali del mattino.
Prima che diventasse ufficiale: «È una follia — dice il legale —. A noi avvocati non è ancora stato comunicato nulla e ci era stato assicurato in tutti i modi, anche dalla Corte di cassazione, che la notizia non sarebbe stata passata ai giornali prima. È vergognoso».
Detto questo, la ministra del Turismo non ha la minima intenzione di dimettersi per la sede di competenza del suo secondo procedimento. Una volta rientrata dall’Arabia, quel che pensa filtra da amici e collaboratori.
«Con lo scontro in corso con la magistratura, con le parole durissime di Meloni su “alcuni giudici che vogliono governare” che cosa si fa? Arriva un avviso di garanzia o un rinvio a giudizio e il destinatario se ne va? Direi che non è proprio il momento…». E non soltanto perché «in Parlamento è in discussione la riforma della Giustizia».
Del resto, come Santanchè nei giorni scorsi non si stancava di ripetere, Giorgia Meloni non le avrebbe affatto chiesto di dare le dimissioni: «Nessuno me le ha chieste. E dunque, perché dovrei darle?».
Nemmeno gliele avrebbe suggerite il suo mentore Ignazio La Russa. Che peraltro non avrebbe visto neppure ieri, nonostante qualcuno desse per possibile il faccia a faccia. Anche se le parole dette dal presidente del Senato («può darsi che valuti anche su questo») possono parere un intiepidimento dello storico sostegno. Ma secondo persone vicine alla ministra sarebbe una lettura superficiale.
Sempre meno probabile sembra invece anche un incontro tra la ministra e la premier Meloni domattina (oggi, ndR). Fratelli d’Italia ha convocato a Roma la sua direzione nazionale ma non è affatto detto che la premier partecipi ai lavori: al momento in programma non c’è, anche se non si può escludere. Del resto, nemmeno è più certa la presenza della ministra del Turismo.
Certamente, Santanchè non è apparsa preoccupata, a chi ha parlato con lei, per la mozione di sfiducia calendarizzata alla Camera per lunedì 10 febbraio. «Non credo proprio, anzi escluderei — avrebbe detto — che il centrodestra voglia unirsi a una mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle. Meno che mai in un momento come questo». Peraltro, il voto segreto non è ammissibile su una mozione di sfiducia individuale.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
SAREBBERO MORTI CIRCA LA META’ DEGLI OLTRE 11.000 UOMINI INVIATI… PUTIN DOVRA’ TROVARE ALTRI COGLIONI DISPOSTI A MORIRE PER LUI
Sono ormai due settimane che dei soldati nordcoreani nella regione russa del Kursk, dove è ancora in corso l’incursione militare ucraina, non c’è più traccia.
Secondo il New York Times, infatti, il contingente asiatico è stato ritirato dalla prima linea dopo le gravissime perdite subite negli ultimi mesi. Erano arrivati a inizio novembre direttamente da Pyongyang per volontà di Kim Jong-un, presidente della Corea del Nord. Una sorta di omaggio di 12mila uomini al Cremlino, e al suo inquilino Vladimir Putin, per sostenere i suoi sforzi bellici.
Di quei 12mila soldati, però, secondo Kiev ne sarebbe rimasta solo la metà. Non si esclude, però, che il ritiro sia il preludio di una nuova ondata. Magari dopo qualche settimana di addestramento, che renda gli uomini più pronti ad affrontare il fuoco ucraino.
Le stime di Kiev e la “strategia” bellica russa
«Carne da macello», un’espressone che più volte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha usato per riferirsi ai militari nordcoreani. Le stime, per quanto parziali e corrette al ribasso da un rapporto della Corea del Sud, parlano da sole: «Il contingente si è dimezzato», ha sostenuto il generale Oleksandr Syrsky, comandante militare più alto in grado dell’esercito ucraino. Non per codardia – anzi i soldati di Kiev riconoscono «grande valore» – ma per un addestramento carente e per una completa assenza di coesione con le unità russe. In poche parole, secondo l’intelligence americana, i nordcoreani sono usati come “scudi umani”. Vengono inviati, con pochi mezzi blindati a sostegno, attraverso campi minati e direttamente verso le prime linee ucraine. E sono lasciati lì a loro stessi.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
SE NE FANNO ANCHE NEL CAMPO DEL GIORNALISMO PRONO AL POTERE
“In ogni Stato si fanno delle cose sporchissime per la sicurezza nazionale”. Più
infervorato di un ospite di centrodestra, lo sguardo dritto in camera, gli indici puntati a mo’ di accusa. Al termine del suo talk show “Cinque minuti”, Bruno Vespa si lancia in una difesa accorata dell’operato del governo Meloni sul caso del carceriere libico Nijeem Osama Almasri.
In studio gli ospiti sono il deputato di Avs Angelo Bonelli e il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. La dialettica è accesa, le voci si sovrappongono. Il leader dei Verdi porta le foto dei migranti torturati nei centri libici, mentre il dirigente di Forza Italia difende la scelta dei ministri indagati di non riferire in Parlamento.
Alla fine, però, è il conduttore ad alzare la voce e sbottare: “Quello che i signori dietro la luce rossa non sanno – dice il giornalista rivolto agli spettatori – ma che i parlamentari avvertiti, di tutti i partiti, sanno è che in ogni Stato si fanno delle cose sporchissime anche trattando con i torturatori per la sicurezza nazionale”. Il tono è sempre più alto, l’irritazione visibile: “Questo avviene in tutti gli Stati del mondo”. Titoli di coda. Fine del dibattito.
Non è la prima volta che il presentatore si espone pubblicamente per difendere l’onore del governo. Poco più di una settimana fa, su X, aveva accusato la giornalista Cecilia Sala di aver avuto un comportamento «semplicemente vergognoso» per non aver sentito «il dovere di ringraziare Giorgia Meloni». Presto smentito dagli utenti e poi dalla stessa reporter.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
PIÙ ESPOSTI SONO GLI ANZIANI OVER 75 ED È SEMPRE IL MEZZOGIORNO A SOFFRIRE DI PIÙ. E LE CONSEGUENZE SONO DRAMMATICHE: 1,2 MILIONI DI FAMIGLIE RINUNCIA ALLE CURE. DI CHI È COLPA? PRENDETEVELA CON GLI EVASORI FISCALI: IL 20% DELLA POPOLAZIONE “FINANZIA” IL SERVIZIO SANITARIO A FRONTE DEL RESTANTE 80% CHE VERSA MENO DI QUANTO RICEVE
È una sanità che rende poveri quella che emerge dal 20° rapporto del Crea-Sanità, dove dalla marea di dati ne spunta uno, inedito, che attribuisce il 23% di quei 41,4 miliardi di spesa privata alle famiglie povere. Che così, quando non finiscono per rinunciare del tutto alle cure, scivolano inesorabilmente nell’indigenza. Definendo con l’Oms «catastrofiche» le spese che superano il 40% della “Capacity To Pay” delle famiglie (pari ai consumi totali della famiglia al netto delle spese di sussistenza), si scopre infatti che sono colpite dal fenomeno l’8,6% delle famiglie residenti (11,8% di quelle che sostengono spese sanitarie), ovvero 2,3 milioni di nuclei.
Il Mezzogiorno continua ad essere la zona più colpita, con il 9,9% delle famiglie, segue il Nord-Est con il 9,0% il Nord-Ovest ed il Centro con il 7,0%. É la Puglia la Regione più afflitta dal fenomeno, con il 13,2% delle famiglie residenti; la Liguria quella meno (7,0%). Le famiglie più esposte sono quelle degli anziani over 75 (soli o in coppia), con una incidenza rispettivamente del 15,1% e 17,7%.
Che a determinare l’impoverimento delle famiglie non sia il consumismo sanitario, o detta in altri termini la spesa per prestazioni inutili, lo conferma un altro dato elaborato dall’Università Bocconi, che attribuisce il 40% della spesa privata a visite, accertamenti e farmaci prescritti sulla ricetta rosa utilizzata dai medici pubblici. Come dire che in prima battuta ci si rivolge all’Ssn per poi dirottare verso il privato quando ci si accorge che questo non riesce a garantire quel che ci serve in tempi ragionevoli.
Se le cose stanno così, non ci si deve poi stupire se 3,4 milioni di nuclei familiari dichiarano di rinunciare a qualche consumo sanitario e se 1,2 milioni azzerano completamente le cure.
Le sperequazioni però non finiscono qui, perché le ritroviamo anche quando si parla di finanziamento, visto che questo è concentrato su appena il 20% della popolazione, mentre il restante 80% versa meno dei servizi sanitari che riceve in cambio.
«Un’esagerata sperequazione dei redditi a livello nazionale – si afferma nel rapporto – con conseguenze in termini di sostenibilità, visto che il servizio sanitario pubblico economicamente pesa sulle spalle di una quota davvero esigua della popolazione».
Il rapporto non lo dice, ma è chiaro che questo sbilanciamento è figlio dell’evasione fiscale,che lascia ai soliti noti l’onere di sostenere la Sanità così come il welfare in generale.
Resta comunque il fatto che in termini di risorse destinate alla sanità pubblica l’Italia arranchi sempre più rispetto al resto dell’Europa.
Se infatti il nostro Pil pro capite è inferiore del 19,7% rispetto alla media dei Paesi originari dell’Ue, la forbice si allarga e di molto quando si parla di spesa sanitaria pubblica, dove il gap sale al 44,1%.
(da La Stampa)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
I DUE SI ODIANO DA SEMPRE: MERZ DURANTE GLI ANNI DEL MERKELISMO HA GUIDATO LA FRONDA INTERNA DI DESTRA DELLA CDU ED È STATO NOMINATO ALLA GUIDA DEL PARTITO SOLO CON L’ADDIO DI ANGELONA
L’ex cancelliera Angela Merkel ha criticato la decisione del capo della Cdu e candidato
cancelliere Friedrich Merz di aprire ai voti di Afd per far passare le mozioni sull’inasprimento delle regole sui migranti.
L’ex cancelliera ha definito l’apertura avvenuta ieri in Parlamento “sbagliata”, affermando di aver sostenuto invece le assicurazioni fatte da Merz nel novembre scorso, quando disse di voler cercare “maggioranze solo con i partiti nel centro”.
“Questa proposta e la posizione ad essa associata erano un’espressione di grande responsabilità politica, che io appoggio pienamente”, ha spiegato Merkel a proposito delle iniziali assicurazioni arrivate da Merz lo scorso novembre sullo sforzo di cercare maggioranze solo con i partiti al centro.
“Credo che sia sbagliato invece non sentirsi più vincolati da questa proposta e quindi, il 29 gennaio 2025, in una votazione nel Bundestag tedesco, aver consentito ad occhi aperti per la prima volta una maggioranza con i voti dell’AfD”.
Secondo l’ex leader democristiana, è necessario “che tutti i partiti democratici lavorino insieme al di là dei confini partitici, non tatticamente, ma onestamente, con toni moderati e sulla base del diritto europeo, facendo tutto il possibile per prevenire questi terribili attacchi come quelli avvenuti di recente a Magdeburgo poco prima di Natale e ad Aschaffenburg pochi giorni fa”.
Merkel, che in Merz ha sempre avuto un avversario politico all’interno del suo stesso partito, aveva espresso proprio recentemente il suo appoggio alla candidatura dell’ex avvocato milionario come futuro Kanzler, auspicando che vincesse alle elezioni del 23 febbraio.
La decisione di Merz, che ha affermato esplicitamente di essere disposto ad accogliere i voti “di chiunque volesse collaborare” per far passare la svolta dura sulla immigrazione, ha però diviso anche la Cdu, con voci di dissenso importanti come quella del presidente dello Schleswig Holstein Daniel Gunther, Ieri è stata accolta al Bundestag la prima mozione grazie ai voti di Afd, domani è atteso il voto sulla proposta di legge sull’immigrazione.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2025 Riccardo Fucile
HA FRETTA PERCHE’ TEME DI FINIRE PRIMA IN GALERA: E’ SOTTO PROCESSO PER APPROPRIAZIONE INDEBITA DI FONDI EUROPEI (RISCHIA CINQUE ANNI DI CARCERE E L’INELEGGIBILITÀ)
Nella sua prima intervista in televisione dalla morte del padre, Jean-Marie Le Pen, a inizio gennaio, la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen dice di avere ”fretta” di arrivare al potere, ma non da primo ministro, quanto piuttosto da presidente della Repubblica.
Parlando ai microfoni di LCI, l’esponente della Fiamma Tricolore francese, ricorda che il Rassemblement National lavora “da anni con un obiettivo chiaro: per (la sottoscritta) c’è l’obiettivo della presidenza della Repubblica e per (il presidente del partito) Jordan Bardella c’è l’obiettivo di Matignon”, vale a dire il ruolo di primo ministro.
”Su questo non c’è alcuna difficoltà e sarò sempre al suo fianco. Formiamo una specie di tandem che funziona estremamente bene”. Interrogata su ipotetiche dimissioni del presidente Emmanuel Macron, Le Pen assicura di ”non chiederle”, ”perché chiedere le dimissioni del presidente non mi pare conforme alle nostre istituzioni”. Invece, ha puntualizzato, “non escludo assolutamente che Macron sia a un certo punto confrontato all’obbligo” di lasciare, davanti ad ”una crisi politica” o ”una crisi economica maggiore”.
Per Le Pen, ”ogni mese subito dal nostro Paese con la politica – o la non-politica – di Emmanuel Macron è un mese in cui sprofondiamo nelle difficoltà .Quindi, meno dura, meglio è”, avverte ai microfoni di LCI. Intanto, lei dice di ”prepararsi”, di ”lavorare” al suo arrivo all’Eliseo.
La data del 31 marzo, giorno in cui Le Pen saprà se è condannata o meno all’ineleggibilità nel processo sugli assistenti parlamentari all’Europarlamento, non sembra spaventarla più di tanto.
”Non vivo con l’idea che le presidenziali del 2027 possano essermi precluse. Non posso immaginare che dei magistrati decidano di privare il popolo francese di sceglie il proprio candidato alla presidenziali”.
(da agenzie)
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