Destra di Popolo.net

CHI PUNTA A DEMOLIRE LA REPUTAZIONE DI FRANCESCO MILLERI? IL MANAGER DELL’IMPERO LUXOTTICA, PROPRIO MENTRE STA COMBATTENDO CON CALTAGIRONE LA CONQUISTA DI MEDIOBANCA E GENERALI, SI RITROVA IMPELAGATO IN FALSI DOSSIER FABBRICATI DALLA “SQUADRA FIORE”, LA MISTERIOSA RETE DI SPIONI ROMANI

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

LO SCOOP DI FABRIZIO GATTI SU TODAY.IT: “UNO DEI MILITARI ACCUSATI CHE SI STAVA OCCUPANDO DEL DOSSIER FALSO SU MILLERI, ERA IN SERVIZIO ALL’AGENZIA PER LA CYBERSICUREZZA NAZIONALE, CHE DIPENDE DALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO… DURANTE UNA RIUNIONE DELLA “SQUADRA FIORE”, IL PRESUNTO CAPO SAREBBE STATO IN CONTATTO TELEFONICO CON IL VERTICE DELL’AISI”

È un momento difficile per Francesco Milleri. Il manager di fiducia di Leonardo Del Vecchio, gran capo della holding lussemburghese Delfin, solitamente si muove con molta attenzione, cercando di evitare inutili ribalte e facendo parlare i numeri: gli utili stellari di Essilux, o gli annunci delle scalate in Borsa.
Eppure, da qualche tempo, il freddo manager tifernate (è nato a Città di Castello 66 anni fa), fa parlare di sé anche per altre vicende. Prima la sovraesposizione per la conquista di Mediobanca e Generali, in cui si accompagna a Francesco Gaetano Caltagirone.
E ora, la brutta storia dei falsi dossier contro di lui, rivelata da Fabrizio Gatti su “Today”, realizzati dalla famigerata “Squadra Fiore”, il gruppetto di misteriosi spioni romani che facevano da contraltare alla società milanese “Equalize”. Chi aveva interesse a screditarlo con report creati ad arte? Chi aveva da guadagnare demolendo la sua reputazione?
Il manager si è attirato antipatie e tante invidie soprattutto all’interno della numerosa famiglia dello scomparso Paperone di Agordo. Milleri, infatti, è da oltre due anni impelagato nella lotta per l’eredità di Leonardo Del Vecchio, scomparso nel giugno del 2022.
I figli del “Paperone di Agordo” non hanno ancora trovato l’accordo per la successione, in cui pure Milleri è coinvolto: tra i nodi del contendere, c’è l’assegnazione di 2,1 milioni di azioni del gruppo Delfin, cassaforte del “regno” Del Vecchio, proprio al manager.
Al “regalo” all’ex braccio destro del padre, si oppongono tre figli di Del Vecchio (Luca, Clemente e Paola), che continuano a dire no, e hanno anche chiesto conto al cda della holding Delfin delle operazioni su Mediobanca, Generali e Mps.
Quel che gli eredi Del Vecchio faticano ad accettare è che fu il loro defunto babbo a volerli fuori dai Cda delle aziende: ai sei figli, ha lasciato quote uguale del suo impero, ma con l’idea che non avessero voce in capitolo sulle decisioni-chiave. L’unico erede a lavorare per la società di famiglia è il 30enne Leonardo Maria.
La rete clandestina, composta da personale della Presidenza del consiglio e delle forze dell’ordine in servizio, entra così nel cosiddetto risiko bancario di queste settimane
Pubblichiamo in esclusiva i documenti al centro delle indagini. Francesco Milleri, che ha potuto visionare alcune pagine del dossier di Squadra Fiore, risponde a Today.it che sono documenti “evidentemente falsi e non verificati” e che “il gruppo EssilorLuxottica e il suo amministratore delegato hanno dato mandato a un legale, al fine di tutelare sin d’ora la loro reputazione e perseguire ogni condotta diffamatoria”.
Uno dei militari accusati di far parte di Squadra Fiore, nel momento in cui si stava occupando del dossier falso su Francesco Milleri, era in servizio all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, organismo di intelligence informatica che dipende dalla Presidenza del consiglio.
Altro dettaglio: durante una riunione della rete clandestina a Roma, il presunto capo sarebbe stato in contatto telefonico con il vertice dell’Aisi, il servizio segreto interno. La telefonata, in vivavoce, è stata registrata.
Il coinvolgimento di due agenzie della Presidenza del consiglio chiama in causa i poteri di controllo di Alfredo Mantovano, magistrato e sottosegretario della premier Giorgia Meloni che, come delegato alla sicurezza nazionale e alla direzione della nostra intelligence, ne è il primo responsabile politico dentro il governo.
L’inchiesta giudiziaria su Squadra Fiore è nelle mani del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi: è lo stesso magistrato duramente attaccato in questi giorni proprio dal Dis, il dipartimento della Presidenza del consiglio che coordina i servizi segreti. Ma anche dalla premier Meloni e da Mantovano, che hanno addirittura chiesto la rimozione del procuratore di Roma.
Il dossier di Squadra Fiore su Francesco Milleri – che, lo ripetiamo, sia l’interessato sia il gruppo EssilorLuxottica definiscono falso – era probabilmente destinato a condizionare il mondo finanziario internazionale. Voleva infatti far credere che il presidente di Delfin e della multinazionale dell’occhiale avesse dato mandato, attraverso un’agenzia investigativa di Londra, di dossierare cento nomi di soci e importanti manager di EssilorLuxottica, tra i quali: Leonardo Maria Del Vecchio e altri esponenti della famiglia del fondatore, il vice di Milleri Paul du Saillant, Margot Bard, Romolo Bardin, Andrea Zappia e molti altri.
Va detto che il primo nell’elenco di personalità da spiare è proprio Francesco Milleri: se fosse vero, sarebbe un incredibile caso di autodossieraggio. I documenti, probabilmente fabbricati proprio da Squadra Fiore, sostengono inoltre che il mandato sarebbe partito da una società di Contern, in Lussemburgo, la Mf Holdings, di cui Milleri – sempre secondo questi dossier falsi – sarebbe il beneficiario in Svizzera attraverso un conto della Union Bancaire Privée di Ginevra.
L’incarico, del valore di 400 mila sterline, sarebbe quindi stato affidato allo studio C&F Partners di Charles Carr a Londra che, a sua volta, avrebbe girato il mandato per 250 mila euro all’agenzia di intelligence privata francese Vigiliact di Samatan, vicino a Tolosa. Agenzie probabilmente all’oscuro di tutto. Nei presunti contratti, si parla di attività di “due diligence service” e “ricostruzione reputazionale”. E qui entra in scena Squadra Fiore.
Il primo fatto vero è l’esistenza dei dossier falsi, di cui pubblichiamo le stesse immagini che Francesco Milleri ha potuto verificare
Da Roma dobbiamo spostarci a Milano. Ed entrare nell’inchiesta sull’esponente del centrodestra berlusconiano, Enrico Pazzali, 64 anni, indagato, e sull’attività della sua agenzia di spionaggio Equalize, avviata con l’ex poliziotto Carmine Gallo, 66 anni, e Samuele Calamucci, 45 anni. Gallo e Calamucci sono agli arresti domiciliari da fine ottobre 2024 (nella foto sotto scattata dai carabinieri del Comando provinciale di Varese, da sinistra, Samuele Calamucci, Enrico Pazzali e Carmine Gallo mentre escono dalla sede di EssilorLuxottica a Milano)
L’agenzia Equalize, attraverso Calamucci, è in contatto proprio con Squadra Fiore. E nel 2023 riesce ad avvicinare uno dei consiglieri più fidati del giovane Leonardo Maria Del Vecchio, 30 anni, e dell’amministratore delle sue attività personali, Marco Talarico, 37 anni: in modo che “possa fungere da schermo e da scudo – scrivono i carabinieri del comando provinciale di Varese, che li stanno intercettando – ovvero che sia sacrificabile”.
Il contatto sacrificabile è un luogotenente in pensione del Ros dei carabinieri, anche lui indagato. È il 22 ottobre 2023, una domenica. Enrico Pazzali ancora non sa che la sua agenzia è sotto inchiesta. Quindi Calamucci e l’amico ex del Ros non immaginano di essere intercettati. E al telefono parlano di Squadra Fiore.
“Per non farci portare in giro, noi dobbiamo confidare in Ciccio… Ma Ciccio cosa ha detto, che lunedì ti procurava il materiale?”, chiede l’ex luogotenente del Ros. “Quello si è già messo in moto stamattina… – risponde Calamucci – anche se poi ho capito, magari era già un po’ d’accordo con Rosario”.
L’ex carabiniere del Ros riferisce dei timori di Leonardo Maria Del Vecchio, nell’ipotesi in cui Francesco Milleri sia d’accordo con i soci francesi per prendere in mano il gruppo EssilorLuxottica ed estromettere l’erede più giovane del fondatore. Ovviamente sono solo le sue parole.
Lui ti ha detto che erano in zona lì?”, chiede a un certo punto l’ex luogotenente, tornando a parlare di Squadra Fiore. “Sì, mi ha detto che sono tutti su Roma – gli rivela Calamucci -. È un gruppo, dice un gruppo che lavora per le grandi aziende. Minchia sono solo carabinieri… i finanzieri con tutto rispetto”. “Guarda che il 50 per cento di questi sono operativi con gli americani”, lo mette in allarme l’amic
Poco dopo Calamucci riprende il discorso: “Ciccio mi chiama, io gli do qualche giorno ma tanto Ciccio mi chiama, non è uno scemo… Ciccio sa che genere di documenti riesco a recuperare, ok? Tant’è che alla fine noi potremmo, come dici te, lavorare anche per più persone o lavorare con le istituzioni in altro modo. Ma io essendo piccolo mi schiacciano… Mi fanno fare un grande lavoro, il grande caso, io recupero le informazioni. Quello poi è lo Stato stesso che mi immerda in qualche altro modo”.
Ora possiamo dedicarci ai partecipanti. Uno sarebbe proprio Rosario, citato nella conversazione ascoltata dai carabinieri. Calamucci dice a Today.it che gli è stato presentato con il nome di Rosario Bonomo, anche se è convinto che sia un nome falso.
Il secondo membro di Squadra Fiore, in ordine di importanza in questa storia, è Ciccio. Calamucci con Today.it sostiene di conoscerlo da tempo. Si chiamerebbe F. R., 46 anni, specialista di informatica dell’esercito, in servizio al Centro intelligence interforze del Reparto informazioni e sicurezza, una struttura che risponde allo Stato maggiore della Difesa.
Il militare sarebbe una preziosa pedina della Squadra Fiore perché, per le sue spiccate capacità, è stato assegnato all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, altro organo della Presidenza del consiglio. E proprio per questa posizione avrebbe accesso, senza alcun controllo, alle banche dati strategiche dello Stato.
Un ruolo estremamente utile, sia per Squadra Fiore, sia per Equalize, alla ricerca di informazioni riservate. Sarebbe proprio Ciccio a mostrare a Calamucci, secondo quanto è stato acquisito dalla Procura di Roma, il dossier falso su Francesco Milleri.
Il terzo nome [è una società di copertura di cui parlerebbe Rosario, in una successiva riunione, nell’ufficio segreto di Squadra Fiore in piazza Bologna 22 a Roma. Si chiama Fcc Usa Llc. Ha sede a New York, 200 Liberty Street. Calamucci dice di aver scattato una foto al biglietto da visita sul telefonino di un componente della rete clandestina
La società esiste davvero. È formalmente registrata in Florida, dove però viene fornito il recapito di una agenzia di elaborazione dati in via Francesco Denza 20 a Roma. E ha un codice fiscale italiano. Il manager rappresentante della Fcc Usa Llc, secondo i documenti depositati, è originario di Aversa, in provincia di Caserta. Si chiama Luigi Brusciano, 55 anni, mai condannato per reati di camorra. Ma è il fratello di Gabriele Brusciano, 47 anni, autista di Giuseppe Setola, il killer stragista del clan dei casalesi (nella foto sotto, la registrazione della società di Luigi Brusciano negli Stati Uniti).
Abbiamo cercato di contattare Luigi Brusciano. Il suo commercialista ha inviato un numero di cellulare. Ma finora suona a vuoto.
La risposta integrale del gruppo EssilorLuxottica alle domande di Today.it:
“Con riferimento alle domande ricevute in data odierna al nostro indirizzo di Pec aziendale all’attenzione del dottor Milleri, nostro presidente e amministratore delegato, riteniamo il quesito n. 1 del tutto fuori luogo poiché costruito attorno a un fatto e una prova documentale evidentemente falsi e non verificati.
Le successive domande da lei poste menzionano scambi, fatti, persone e società del tutto estranei alla vita del nostro gruppo e di cui non abbiamo notizia. Il gruppo EssilorLuxottica e il suo amministratore delegato hanno dato mandato a un legale al fine di tutelare sin d’ora la loro reputazione e perseguire ogni condotta diffamatoria nelle sedi deputate”.
Fabrizio Gatti
per Today,it

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CERCA LAVORO MENTRE E’ INCINTA, UN RISTORATORE LA ASSUME: “ERO AL TERZO MESE, NESSUNA PRESSIONE”

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

”E’ ASSURDO CHE LA MATERNITA’ SPESSO SIA VISTA COME UNA COSA NEGATIVA”

“Penso che il mio caso sia molto raro perché trovare datori di lavoro così disponibili è una cosa veramente, veramente poco diffusa, soprattutto qui al Sud”.
A parlare è Antonella, una donna di 32 anni, intervistata da Fanpage.it, che ha accettato di raccontare la sua storia di madre lavoratrice che, diversamente da quelle che abbiamo pubblicato nei mesi scorsi, ha avuto un epilogo positivo.
“L’anno scorso ero cameriera in un bistrot (Antonella lavora nel settore della ristorazione da 15 anni, ndr) con un contratto di tirocinio che non mi tutelava in nulla. Quindi, quando ho scoperto di essere rimasta incinta, mi sono consultata con il mio consulente del lavoro e ho chiesto se fosse possibile fare modifiche al contratto. La risposta è stata negativa, ero quasi al quarto mese”, ha ricordato la 32enne che si è dovuta rimettere in gioco e cercare un altro impiego.
“Mi sono rivolta a questa pizzeria gestita da una persona davvero squisita, dove lavorava già il mio compagno. Ho fatto un colloquio, durante il quale ho spiegato che ero incinta e che avrei potuto lavorare fino a settembre perché poi non sarei più riuscita”.
“Il mio datore di lavoro mi ha detto di non preoccuparmi e inizialmente mi ha proposto un contratto a tempo determinato di un mese, per vedere se ce l’avessi fatta o meno. Poi ho avuto un rinnovo fino a fine agosto, così che potessi prendere anche la Naspi perché, purtroppo, a causa del precedente contratto di tirocinio prima, non avevo maturato la maternità. Ora mi stanno aspettando, tornerò a lavorare il 18 febbraio”.
Antonella ricorda che non le sono state fatte pressioni di alcun genere. “Quando mi sono accorta di essere diventata un po’ ‘ingombrante’, ho chiesto di poter rimanere a casa. Lui mi avrebbe rinnovata anche oltre ma sono stata io a dire che non sapevo se sarei riuscita a completare il mese in più”.
“Sono stata fortunata e penso alle donne che perdono il lavoro quando scoprono di essere incinte. È assurdo pensare che questa cosa venga vista come una cosa negativa. Purtroppo, le mamme oggi sono rare perché c’è questa generazione che i figli non li vuole più. Adesso però la situazione è diversa, parliamoci chiaro, anni fa con uno stipendio in casa si stava abbastanza bene. Ora le famiglie monoreddito non riescono ad andare avanti, la vita è diventata troppo cara, soprattutto con dei figli”, ha commentato la 32enne.
“Io non ho allattato e tra latte in polvere, pannolini, visite, vitamine sono andati via davvero tanti soldi. Infatti non so proprio come fanno quelle ragazze che sono costrette a stare a casa e che non riescono a trovare un impiego”, ha aggiunto.
Tra un lavoro e l’altro, Antonella ricorda di aver mandato alcuni curriculum, dicendo che era incinta e ricevendo risposte negative: “Una persona mi disse proprio che non voleva prendersi la responsabilità di darmi il lavoro, visto che era una mansione complicata e che aveva bisogno di una persona per tutta l’estate. Io avevo comunque garantito che non sarei mancata, anche perché la mia gravidanza è andata benissimo, non ho avuto nessun problema”.
“Secondo me, è un problema che ha più fattori. – prosegue ancora – Sicuramente è una questione di sensibilità personale. Per esempio, il datore di lavoro che ho adesso è un uomo, mentre la precedente era una donna. Però capisco anche gli imprenditori che sono spaventati di perdere una persona e che non ricevono abbastanza aiuti dallo Stato”.
“Tra sei giorni dovrei tornare a lavorare, finalmente! E con la bambina ho già pensato a come organizzarmi. Io e il mio compagno lavoriamo la sera o nel weekend, abbiamo i genitori giovani che possono aiutarci e ho pensato anche di prendere una babysitter nelle ore serali, quando sarò in turno. – conclude – Mi fa davvero piacere raccontare questa esperienza positiva, visto che ce ne sono tante davvero negative”.
(da Fanpage)

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TRUMP, IL DITTATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS: VUOLE SOLO CAMERIERI OBBEDIENTI

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

PER IL SECONDO GIORNO CONSECUTIVO, LA CASA BIANCA IMPEDISCE A UN GIORNALISTA DELL’ASSOCIATED PRESS DI PARTECIPARE A UN EVENTO NELLO STUDIO OVALE: LA PRESTIGIOSA AGENZIA INTERNAZIONALE AMERICANA SI E’ RIFIUTATA DI ALLINEARSI ALLA DECISIONE DI TRUMP DI RINOMINARE IL GOLFO DEL MESSICO IN GOLFO D’AMERICA

Per il secondo giorno consecutivo la Casa Bianca ha impedito a un giornalista dell’Ap di partecipare a un evento nello Studio Ovale, dopo che la prestigiosa agenzia internazionale americana si e’ rifiutata di allinearsi alla decisione di Trump di rinominare il Golfo del Messico in Golfo d’America.
La portavoce della Casa Bianca Katerine Leavitt ha giustificato cosi’ la mossa: “Se crediamo che i media in questa stanza stiano diffondendo bugie, gliene chiederemo conto. E’ un dato di fatto che il bacino d’acqua al largo della Louisiana si chiami Golfo d’America. Non capisco perché i media non lo chiamino così”, ha continuato Leavitt.
Donald Trump ha emanato un decreto in cui invita il corpo diplomatico degli Stati Uniti a parlare con una voce sola, interpretando la linea dettata dal presidente. Nel provvedimento, il presidente americano ricorda che “tutti i funzionari o dipendenti incaricati dell’attuazione della politica estera degli Stati Uniti devono farlo sotto la direzione e l’autorità del presidente”.
“La mancata attuazione fedele delle politiche del Presidente costituisce motivo di provvedimenti disciplinari, fino alla rimozione”, ha aggiunto nel decreto intitolato “Una voce unica per le relazioni internazionali dell’America”.
L’ordinanza è rivolta sia ai diplomatici di carriera sia alle migliaia di civili del Dipartimento di Stato, un vasto ministero che conta fino a 80.000 dipendenti in tutto il mondo. Il Segretario di Stato Marco Rubio ha il compito specifico di “riformare il servizio estero per garantire un’attuazione fedele ed efficace della politica estera del presidente”. I Il decreto arriva addirittura a menzionare la “revisione o sostituzione di manuali o linee guida” che sarebbero contrari alla politica del presidente.
(da agenzie)

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LA SANITÀ È L’ULTIMO FRONTE DI SCONTRO NELLA MAGGIORANZA, AL VERTICE A PALAZZO CHIGI, TAJANI SI È OPPOSTO ALLA PROPOSTA DELLA LEGA DI TRASFORMARE I MEDICI DI BASE IN DIPENDENTI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E ANCHE LA MELONI HA FRENATO IL CARROCCIO

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

SALVINI INSISTE SULLA NUOVA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI: HA BISOGNO DI UNA BANDIERA DA SVENTOLARE, IN VISTA DEL CONGRESSO DELLA LEGA IN PRIMAVERA. MA FORZISTI E MELONIANI FANNO MURO

La frenata è talmente netta da lasciare i segni sull’asfalto. «È solo una bozza» sciorina sicura Forza Italia quando il vertice tra gli alleati di governo si è appena concluso, attestando come la riforma della Sanità portata dalla Lega al tavolo di Palazzo Chigi sia finita in stand-by.
A pesare, al di là del pressing spinto di Matteo Salvini che ha bussato alla porta della premier spalleggiato dai ministri Orazio Schillaci e Giancarlo Giorgetti, sono stati in primis i dubbi di Giorgia Meloni. Assimilare i medici di famiglia a dei dipendenti pubblici per dare sostanza al progetto delle case di comunità non rischia solo di mettere sul piede di guerra i sindacati di categoria, ma soprattutto di minare le già poche certezze sanitarie degli italiani.
La misura, almeno in questa fase, per Meloni rischierebbe di essere «impopolare». E non è considerato ammissibile sbagliare proprio l’intervento che impatterebbe sulle liste d’attesa, vale a dire il dente dolente scelto ormai da alcuni mesi da Elly Schlein per battere l’esecutivo.
Anche a costo di scontentare i tanti governatori che, con diverse sfumature, ieri si sono palesati davanti a Meloni. Dal presidente della conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga che vorrebbe legare la riforma al progetto autonomista al piemontese Alberto Cirio (favorevole ad una versione intermedia come il calabrese Roberto Occhiuto), fino al laziale Francesco Rocca.
All’interno della maggioranza permangono dubbi sulla ricucitura che la Lega dovrebbe compiere con Rocca all’interno della giunta della Regione Lazio. Oggi è atteso un chiarimento dopo che il cosiddetto salva-casa aveva terremotato l’alleanza. L’esito, spiegano fonti di rilievo a via Bellerio, «non è così scontato».
A dimostrare come nel centrodestra non sia tutto rose e fiori non è tanto la tensione emersa durante il faccia a faccia – stemperata anche dal fatto che Tajani, febbricitante, ha abbandonato in anticipo il tavolo – ma le mosse compiute dal leader del Carroccio subito dopo l’incontro. Lasciato Palazzo Chigi e inaugurato il Consiglio federle leghista, Salvini ha puntato nuovamente tutte le sue fiches sulla pace fiscale.
Sanatoria che FdI non vede affatto di buon occhio. Per i 5 miliardi che secondo la Ragioneria dello Stato costerebbe. Per il suo essere alternativa al taglio dell’Irpef per i redditi medi che invece è voluto con forza a via della Scrofa.
(da agenzie)

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SOLE, BUON CIBO E AFFITTI BASSI: PALERMO È DIVENTATA LA CAPITALE DEI “NOMADI DIGITALI”

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

CHI HA LA FORTUNA DI POTER LAVORARE IN SMART WORKING HA SCELTO IL CAPOLUOGO SICILIANO COME QUARTIER GENERALE: TRA IL 2023 E IL 2024 IN CITTA’ LE STARTUP INNOVATIVE SONO CRESCIUTE DEL 3,7% MENTRE NEL RESTO D’ITALIA SONO CROLLATE DI 7 PUNTI. ALTRO DATO: GLI OCCUPATI SONO CRESCIUTI DEL 6,9%, OLTRE QUATTRO VOLTE LA MEDIA NAZIONALE

Dicono i numeri che tra il 2023 e il 2024 a Palermo le startup innovative sono cresciute del 3,7% mentre nel resto d’Italia sono crollate di 7 punti; e che gli occupati sono cresciuti del 6,9%, oltre quattro volte la media nazionale.
Dicono sempre le statistiche che il capoluogo siciliano è diventato la meta preferita in Italia dei cosiddetti «nomadi digitali».
Il punto da cui partire è la classifica compilata dal sito «Executive nomad index» per il 2024. Una graduatoria che esplora le destinazioni preferite in tutto il pianeta dai lavoratori da remot
Ebbene, Palermo è risultata la città italiana più attrattiva, ventiduesima al mondo in una competizione in cui le prime piazze sono Abu Dhabi, Miami e Barcellona
Tanto fervore innovativo ha almeno un volto e un nome: Francesco Cracolici, classe 1994, palermitano globetrotter, fondatore di «Nomadic Minds», una società che avvicina investitori e nuove imprese in più angoli del mondo con particolare attenzione ai mercati emergenti. Trasferitosi a Londra, si è poi dedicato a creare proprio un «ecosistema» che supporta le nuove imprese tech. Ha fatto ritorno a Palermo e ha «messo la faccia» nell’organizzazione dell’evento dedicato alle start up.
Al dunque, i numeri e lo scenario fin qui esposti sono la spia che qualcosa di nuovo sta mettendo le radici? «Chiariamoci: spesso in Italia per startup si intende qualunque tipo di nuova impresa — risponde Cracolici — ma non è così. Dipende da quante fanno davvero innovazione e quante resistono nel tempo. Il 67% non sopravvive agli esordi. Ma qualcosa di nuovo, accompagnato dal boom turistico sta accadendo.
A Palermo è approdato un migliaio di nomadi digitali da America, Germania, Polonia. Attirati dal clima accogliente, dalla vicinanza culturale, da infrastrutture che a Palermo hanno fatto passi avanti. E questo crea quello che io chiamo effetto Silicon Valley: qui si sta creando un network di cervelli, di sviluppatori e innovatori che entrano in comunicazione tra loro e possono far nascere il terreno fertile a nuove attività».
(da agenzie)

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MIGRANTI, SI SVUOTANO I CENTRI IN ALBANIA: LICENZIATI I LAVORATORI

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

IL GOVERNO AVEVA ANNUNCIATO CHE IL PROGETTO SAREBBE ANDATO AVANTI, MA I CONTRATTI SONO STATI ANNULLATI… COSA ASPETTA LA CORTE DEI CONTI A MANDARE IL CONTO DI QUESTA PAGLIACCIATA A CASA DI CHI L’HA VOLUTA A SPESE DEGLI ITALIANI?

Da sabato nei centri per migranti in Albania rimarranno solo pochi poliziotti di guardia e qualche medico. Per tutti i lavoratori della Medihospes, la società che ha in gestione i centri di Shwngjin e Gjader, scatta il licenziamento.
La notizia, anticipata da Il Domani, conferma che il governo ha rinunciato all’utilizzo dei centri per il trattenimento dei richiedenti asilo. Se dovesse andare in porto la modifica in Cpr, a cui da giorni stanno lavorando gli uffici legislativi di Palazzo Chigi e Cpr, sarebbe infatti necessario bandire un nuovo appalto con caratteristiche del tutto diverse. In Italia infatti la gestione dei Centri per il rimpatrio è affidata a società private e multinazionali, con costi già esorbitanti (30 milioni di euro in due anni per i 10 cpr italiani) che in Albania sarebbero di fatto triplicati.
Ma torniamo al licenziamento di quasi tutti i dipendenti dei centri albanesi. Nella lettera ricevuta dai lavoratori, Medihospes cita come causa del licenziamento “una serie di pronunce giudiziarie contraddittorie e non conformi agli orientamenti della Corte di cassazione italiana nonché l’impossibilità momentanea di accogliere nuovi flussi di migranti”.
I contratti dunque – prosegue la lettera – “sono considerati risolti a partire dal 15 febbraio in attesa di una suzione giuridica stabile e definitiva”. A conferma dunque che per il momento l’operazione Albania si ferma.
(da La Repubblica)

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IL MINISTRO NORDIO NASCONDE LE CARTE SUL PASTICCIO ALMASRI? PD E M5S VANNO ALL’ATTACCO DEL GUARDASIGILLI PER LA MANCATA CONSEGNA DEI DOCUMENTI CHE, NELL’INFORMATIVA ALLA CAMERA, IL MINISTRO AVEVA SVENTOLATO COME “PROVA” DELLA NON COLPEVOLEZZA DEL GOVERNO NELLA LIBERAZIONE DEL PRESUNTO TORTURATORE

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

IL 25 FEBBRAIO SI VOTA LA MOZIONE DI SFIDUCIA PRESENTATA DALLE OPPOSIZIONI (ESCLUSO CALENDA) NEI CONFRONTI DI NORDIO

La prima volta era in discussione il decreto Cultura quando il Movimento 5 Stelle, con una maratona oratoria in Aula, ha chiesto a Giorgia Meloni di riferire sul caso Almasri. Poi c’è stata l’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del titolare dell’Interno Matteo Piantedosi, ma la questione è tutt’altro che chiusa.
Le forze di minoranza chiedono al ministro della Giustizia di depositare i documenti che, durante la sua informativa alle Camere, aveva sventolato come prova cruciale della non colpevolezza del governo nella liberazione del presunto torturatore.
Il guardasigilli aveva parlato di «una tavola sinottica», che avrebbe messo agli atti così da essere a disposizione dei deputati e dei senatori. Ma ancora non ve n’è traccia. Si tratta di alcuni documenti che dimostrerebbero le «incongruenze emerse» nella richiesta d’arresto inviata dalla Corte penale internazionale all’Italia. Ma c’è anche altro
Le opposizioni chiedono che vengano acquisite pure le bozze dei provvedimenti preparati dai funzionari del ministero della Giustizia, compreso quello che doveva servire a tenere in carcere Almasri, e che invece non è mai stato inviato dal dicastero al tribunale di Roma. Documento che il tribunale dei ministri avrebbe chiesto di acquisire, come raccontato da Repubblica: il ministro ieri ha però detto di «non essere a conoscenza delle richieste del tribunale».
Oltre dunque alla mozione di sfiducia, presentata da tutte le opposizioni tranne che da Azione e in programma per il 25 febbraio, si apre un nuovo fronte. Il primo a prendere la parola nell’emiciclo di Montecitorio è Marco Grimaldi di Avs: «Nordio è venuto qui a schiantarsi con le sue bugie».
Quindi, in Aula, viene fornita una ricostruzione dell’informativa di mercoledì scorso: «La cosa più grave è che a un certo punto Nordio mostra dei foglietti e dice, “ho qui una tavola sinottica dove sono esplicitate tutte le differenze sui capi di imputazione tra la versione del 2018 e quella del 2024. Le metto a disposizione”». E invece quel documento ancora non è stato presentato alle Camere.
A questo punto la presidenza della Camera, ma anche il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, decidono di sollecitare direttamente Nordio. «Chiederemo se sono intervenute ragioni successive per cui il ministro, dopo avere dichiarato questa disponibilità, ha ritenuto, lui o magari altri nell’ufficio di gabinetto o altri collaboratori, di non inviare i documenti», dice Giorgio Mulè.
Dal dicastero garantiscono che saranno depositati appena il ministro tornerà dalla missione in Turchia ma in tanti, anche nella maggioranza, dubitano che ciò avvenga.
(da la Repubblica)

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TRAVAGLIO: “MELONI VIOLA LA SUA LEGGE”

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

“MELONI NON POTEVA CITARE L’INTERCETTAZIONE FINO AL TERMINE DELLE INDAGINI, VA ISCRITTA NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI”

Questo articolo è una notizia di reato: Giorgia Meloni ha violato una legge del governo Meloni, commettendo un reato procedibile d’ufficio, senza bisogno di denunce. Reato non ministeriale perché slegato dall’esercizio delle funzioni.
Dunque il procuratore Francesco Lo Voi deve iscriverla nel registro degli indagati e affidare l’inchiesta non al Tribunale dei ministri, ma a un suo sostituto.
Il reato è la violazione della legge 21.2.’24 n. 15 “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Ue” (che naturalmente non l’ha mai chiesta).
Cioè la “legge Bavaglio” Nordio-Cartabia: “divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.
Martedì i pm e il gip di Palermo hanno fatto arrestare dall’Arma 181 persone per mafia, con un’ordinanza piena di intercettazioni. La Meloni s’è complimentata sui social con i carabinieri, scordandosi di farlo con le toghe che li hanno attivati e prendendosi il merito come se li avesse mandati il governo (“conferma l’impegno incessante dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata”).
E ha citato testualmente un’intercettazione dall’ordinanza del gip. Quella in cui uno dei presunti innocenti finiti in galera prima del processo, in base alla barbarie medievale della custodia cautelare sempre denunciata dal ministro Nordio e dal centrodestra tutto, dice: “L’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare”. Poi la Meloni ha commentato: “Le intercettazioni lo dicono chiaramente… La criminalità organizzata è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà”.
Purtroppo, in base alla legge del suo governo, la Meloni poteva solo parafrasare o riassumere l’intercettazione con parole sue, ma non citarla fra virgolette, fino al termine delle indagini, che sono in pieno corso (gli arresti risalgono a due giorni fa).
Impossibile che non lo sapesse: la legge non ammette ignoranza, tantomeno da chi l’ha fatta. In ogni caso, nella conferenza stampa del 9 gennaio, quando il presidente della Fnsi le ha contestato il Bavaglio, la Meloni l’ha scaricato sul Parlamento e l’ha definito “una norma di equilibrio tra diritto di informare e diritto alla difesa del cittadino”.
Forse pensava che valesse solo per le intercettazioni dei politici di destra e per i giornalisti sgraditi che le pubblicano: invece vale per tutte e per tutti.
Ora la Procura di Roma, in base all’obbligatorietà dell’azione penale, deve indagare la premier per aver violato una legge del suo governo. E la premier deve pagare l’oblazione, o farsi processare, o cancellare la legge del suo governo. Ma non solo per se stessa: per tutti.
Marco Travaglio
(da Il Fatto Quotidiano)

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“FORZA ITALIA E BERLUSCONI SONO BANDITI E LADRI”, LA CHAT DI CIRIELLI SCATENA IL CAOS NEL CENTRODESTRA IN CAMPANIA

Febbraio 13th, 2025 Riccardo Fucile

I FORZISTI METTONO IL VETO SULLA CANDIDATURA DELL’ESPONENTE DI FDI IN CAMPANIA

L’attenzione si è quasi tutta concentrata sugli epiteti rivolti a Matteo Salvini, da “bimbominkia” a “ridicolo”. Ma le chat dei gruppi whatsapp di Fratelli d’Italia – pubblicate nel libro del giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini “Fratelli di Chat” – non rischiano soltanto di guastare i rapporti tra il partito di Giorgia Meloni e la Lega.
Alcuni messaggi avrebbero fatto infuriare anche ambienti interni a Forza Italia. A suscitare irritazione in particolare sarebbero stati gli insulti del viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, riferiti al partito azzurro e il suo fondatore, Silvio Berlusconi. E l’episodio potrebbe avere ripercussioni anche nella battaglia interna al centrodestra per ottenere il candidato governatore in Campania.
I messaggi di Cirielli
In particolare c’è un passaggio di “Fratelli di Chat” cerchiato in rosso, sulle scrivanie dei forzisti. Risale al 2019, durante la campagna per le elezioni europee. A due settimane dal voto, esce la notizia di un’inchiesta giudiziaria sulla gestione dei rifiuti nel milanese. Il 7 maggio, il TG5 riferisce – sbagliando – che nell’indagine sarebbero coinvolti anche esponenti di Fratelli d’Italia. Nelle chat interne a Fdi spunta il sospetto che non si tratti di un semplice errore, ma di un’operazione voluta per mettere in difficoltà il partito di Meloni.
È in questo contesto che si inserisce il duro attacco di Edmondo Cirielli, allora deputato di Fdi e oggi vice del leader di Forza Italia Antonio Tajani alla Farnesina. È proprio Cirielli – nel pomeriggio stesso 7 maggio – a suggerire una regia dietro le prese di posizione dei media della famiglia Berlusconi su Fdi. Scrive in chat: “L’attacco del Giornale è un segnale di grande paura di Fi, nei sondaggi veri la Meloni è sopra Forza Italia, così mi dicono in certi ambienti”. Poi a sera, dopo il servizio del Tg5, l’attuale viceministro affonda il colpo: “Bisogna attaccare Forza Italia e Berlusconi con i suoi tg basta appecoronarsi a questi banditi ladri”.
Sono frasi pesantissime, anche se collocate in un momento storico nel quale era in corso una campagna elettorale – quella per le europee del 2019 – che vedeva Fdi e Fi su sponde quasi opposte. Ma evidentemente parole come “banditi” e “ladri” rivolte ai forzisti e al loro nume tutelare – pur se lette oggi – hanno fatto sobbalzare sulla sedia più di uno dentro il partito di Tajani. Anche perché Cirielli è uno dei candidati papabili della coalizione di centrodestra, per la successione di Vincenzo De Luca in Campania.
La reazione di Forza Italia
I maggiorenti di Forza Italia negano che le chat abbiano suscitato un dibattito dentro il partito. Ma lo sfogo raccolto da Fanpage.it all’interno del partito campano rivelano una forte irritazione. “Le frasi di Cirielli sono la conferma di un approccio illiberale e non democratico, da destra estrema, completamente diverso da quello di Berlusconi”, dice una fonte del partito azzurro in Campania. E prosegue: “Cirielli è abituato a comandare, la sua visione della politica non prevede il confronto, ma solo la linea che detta lui”. Dopo aver letto gli estratti nel libro di Salvini, diverse voci nelle fila di Forza Italia in Campania si sarebbero levate per dire che a questo punto l’ipotesi di sostenere Cirielli nella corsa a governatore non è più percorribile, fino a ipotizzare la possibilità di imporre un vero e proprio veto sul suo nome. Certo, è probabile che l’irrigidimento possa essere frutto anche di una tattica negoziale, dato che FI rivendica il ruolo di candidato, per il suo coordinatore regionale ed eurodeputato Fulvio Martuscello.
Di sicuro però le chat di Cirielli contro Berlusconi e Forza Italia offrono un formidabile argomento polemico, nel braccio di ferro interno alla maggioranza, per conquistare palazzo Santa Lucia. A metterci la faccia è il sindaco forzista di Scafati Pasquale Aliberti. Su di lui pende una mozione di sfiducia delle opposizioni in consiglio comunale, sostenuta anche da Fratelli d’Italia, con la benedizione del viceministro.
Dice Aliberti a Fanpage.it: “Cirielli, non è mai stato un amministratore, non conosce il territorio, né le basi per costuire la regione che vogliamo”. E prosegue: “Se lui dovesse essere il candidato del centrodestra, io sarei pronto a prendere un altra strada. Magari con De Luca, se la Consulta decidesse che si può candidare per il terzo mandato e costruisse una lista civica fuori dai due schieramenti. A patto che accettasse di inserire nel suo programma alcune priorità, necessarie per Scafati”.
Aliberti assicura che l’insofferenza verso l’ipotesi di una candidatura di Cirielli alla regione sia più che diffusa dentro a Forza Italia: “In molti farebbero fatica a esporsi, nel caso fosse lui il candidato. Non ci sarebbe entusiasmo, vorrei vedere chi si impegnerebbe per la campagna elettorale”. E c”è anche chi giura che di fronte al fuoco amico degli alleati, Cirielli sarebbe ormai pronto a farsi da parte, “accontentandosi” di candidare al consiglio regionale il figlio Italo Giuseppe, oggi consigliere comunale di Fdi a Cava dei Tirreni.
D’altra parte le opzioni alternative per Fratelli d’Italia non sono molte, dopo che un altro dei possibili frontrunner, l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, si è messo fuori dalla corsa, per la vicenda Boccia. Anche il titolare degli Interni Matteo Piantedosi sì è detto indisponibile a candidarsi. Nè i meloniani sembrano disposti a lasciare strada a Forza Italia visto che – si sottolinea a via della Scrofa – a Sud i forzisti esprimono il presidente di Regione già in Calabria, Sicilia e Basilicata.
Tutte queste frizioni si sono innescate prima ancora che cominci il confronto interno vero e proprio. Al momento infatti, da quanto risulta a Fanpage.it, ai tavoli della coalizione non si sarebbe nemmeno iniziato a discutere delle candidature per le regionali. Nè si dovrebbe farlo a breve, perché il livello dello scontro interno al centrodestra è ancora troppo alto, per affrontare il dossier. Intanto però il tempo scorre e al momento anziché rasserenarsi, via via che si va avanti i rapporti tra gli “alleati” diventano sempre più complessi
(da Fanpage)

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