Destra di Popolo.net

L’AIEA RIBADISCE: “NON CI SONO PROVE CHE L’IRAN ABBIA LA BOMBA”

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

STESSA SMENTITA DALLA CIA, MA SI CONTINUA A RACCONTARE LA BALLA PER GIUSTIFICARE L’AGGRESSIONE DI ISRAELE

“Potrebbero esserci attività nascoste che sfuggono ai nostri ispettori e ne saremmo all’oscuro. Quello che abbiamo riportato è che non abbiamo prove di un programma sistematico per una bomba”. Il Direttore generale dell’Agenzia Atomica Internazionale Rafael Grossi parla alla star di Cnn Christiane Amanpour, che cerca di vederci chiaro sul rischio reale che l’Iran fosse vicino a produrre ordigni atomici, come denunciato da Israele come movente per il suo devastante attacco.
La giornalista chiede: “Israele ha addotto il pericolo imminente, secondo la loro intelligence, che l’Iran accelerasse verso la bomba. Non è ciò che dice l’intelligence Usa, né alla fine dell’amministrazione Biden né nei primi mesi di Trump: che l’Iran non stava perseguendo un’arma nucleare; potevano volerci fino a tre anni per poter produrre e sganciare una bomba… Puoi dirci esattamente cosa stesse facendo l’Iran?”.
Grossi risponde: “Ci sono cose che sappiamo e cose che non sappiamo. Quello che sappiamo, lo sappiamo grazie alle ispezioni. E abbiamo riferito al Consiglio dei governatori che l’Iran ha materiale sufficiente, ipoteticamente, se decidesse di sviluppare una bomba: hanno più di 400 kg di uranio arricchito al 60%, a un passo dal 90 necessario. Quindi c’è la materia prima, ed è per questo che c’è tanta preoccupazione. Ma per l’arma servono gli altri passaggi. Non è questione di giorni, ma di anni, forse non pochi, davvero non lo so. Certamente non per domani”.
Poi quasi si giustifica: “Non ha aiutato che alcuni alti funzionari iraniani dicessero: “Abbiamo tutti i pezzi del puzzle per l’arma”. Tutto questo rende la situazione molto seria, ma devo restare obiettivo: sono un revisore internazionale. Quello che
abbiamo dimostrato è che il materiale c’è, ci sono stati tentativi in passato per la produzione di una bomba, ma non abbiamo attualmente prove di un programma attivo”. E la smentita, tanto più clamorosa perché così autorevole, dell’arma di distrazione di massa sganciata da Israele. E ripetuta prima dagli Stati Uniti, che in base a quella menzogna sarebbe pronti, secondo gli ultimi scenari, a entrare in guerra al fianco di Tel Aviv, agli alleati europei, malgrado la completa assenza di riscontri.
Una riedizione en plein air della fake news sulle armi biochimiche di Saddam Hussein che scatenò l’invasione e la devastazione dell’Iraq. E una notizia che, benché enorme, è stata “oscurata e non ripresa dai principali media soprattutto in Italia”, se non in tarda serata, come fanno notare anche i 5 Stelle.
Reagisce l’Iran, che accusa Grossi di avere avuto un ruolo “distruttivo” sul nucleare iraniano. “La sua procrastinazione ha preparato il terreno per gli obiettivi illegali di Israele. Ma gli iraniani non cederanno alla pressione e all’oppressione” ha detto il capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Mohammad Eslami. Quanto alla fotografia del nucleare iraniano, Grossi ha confermato, sulla base delle comunicazioni a singhiozzo con i referenti iraniani, che gli attacchi israeliani hanno comportato “un rallentamento significativo, non totale, dell’arricchimento dell’uranio”, con danni sostanziali alle centrali di Natanz e Isfahan ma non di Fordow, “che non sembra essere stata colpita”. È una guerra in atto sotto i nostri occhi. Potrebbe evolvere. Ci sono stati chiaramente dei rallentamenti, questo è evidente. Ma le capacità di arricchimento esistono ancora”.
E ancora possibile un ritorno alla diplomazia?, chiede “La possibilità esiste, ma io non la vedo. È significativo che Trump e Putin concordino sul fatto che “non dovrebbero esserci armi nucleari in Iran”. Se l’Iran decidesse di scegliere questa via, sarebbe molto, molto problematico”.
(da ilfattoquotidiano.it)

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TRUMP ORMAI E’ UNA BARZELLETTA: CIANCIA NELLO STUDIO OVALE DEL POSSIBILE INTERVENTO DEGLI USA NELLA GUERRA IRAN-ISRAELE CON ALLE SPALLE I CALCIATORI DELLA JUVENTUS VISIBILMENTE IMBARAZZATI

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

LA SQUADRA BIANCONERA HA FATTO VISITA ALLA CASA BIANCA PRIMA DELL’ESORDIO NEL MONDIALE PER CLUB. IL TYCOON SI E’ SCATENATO SULLE ATLETE TRANS E HA CHIESTO (“AVETE DONNE IN SQUADRA?”). E POI HA CHIOSATO: “SIETE MOLTO DIPLOMATICI MA LE DONNE DOVREBBERO GIOCARE CON ALTRE DONNE”

Sarà stato l’in bocca al lupo speciale di Donald Trump, che nonostante il conflitto in Medio Oriente ha trovato il tempo per ospitare la squadra alla Casa Bianca, oppure la presenza motivazionale di John Elkann, arrivato apposta negli Stati Uniti per assistere dal vivo al debutto della sua Signora.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nello studio ovale, parla di un argomento a dir poco delicato, ovvero il possibile intervento nella guerra tra Iran e Israele e lo fa con l’intera squadra della Juventus alle sue spalle. Una scena a dir poco curiosa, figlia della visita della formazione bianconera che si prepara all’esordio americano nel Mondiale per Club.
I volti dei calciatori della Vecchia Signora tradiscono un evidente imbarazzo. L’imbarazzo di chi si sente quasi fuori luogo in un contesto che nulla a che fare con lo sport e con il calcio. Un imbarazzo che è aumentato in maniera esponenziale quando Trump ha sorpreso un po’ tutti con una domanda particolare a conferma della sua avversione per la presenza di atleti transgender nello sport.
In particolare il presidente USA ha chiesto ai giocatori della Juventus: “Avete mai avuto donne in squadra? Una donna potrebbe entrare nella vostra squadra, ragazzi? Ditemelo, cosa ne pensate?”.
Locatelli, Weah e altri bianconeri si sono lasciati andare ad un sorriso, guardandosi tra di loro senza sapere cosa rispondere, mostrandosi quasi in soggezione.
A quel punto Trump intenzionato ad ottenere una risposta ha chiamato in causa i dirigenti e in particolare il neo direttore generale della Juventus Comolli, che ha spiegato: “Abbiamo una squadra femminile molto forte”. Una risposta che non ha smosso Trump dal suo intento iniziale, come confermato dalla replica: “Le donne dovrebbero giocare con altre donne. Capite? Siete molto diplomatici”.
(da agenzie)

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MUSK PENSA CHE ABBIAMO L’ANELLO AL NASO: CI SONO DUBBI SUL TEST DELLE URINE PUBBLICATO SU “X” DA ELON MUSK, DA CUI RISULTA NEGATIVO A TUTTE LE SOSTANZE STUPEFACENTI

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

L’ESAME E’ STATO FATTO L’11 GIUGNO, MENTRE L’ARTICOLO DEL “NEW YORK TIMES”, CHE FA RIFERIMENTO ALL’ABUSO DI DROGHE DI “MR. TESLA” DURANTE IL PERIODO ELETTORALE E’ STATO PUBBLICATO IL 30 MAGGIO, MA I TEST DELLE URINE POSSONO INDIVIDUARE DROGHE INGERITE SOLO NEGLI ULTIMI 2-10 GIORNI

Per smentire le voci su un abuso di droghe nel pieno della campagna elettorale americana del 2024, Elon Musk ha pubblicato su X il risultato delle proprie analisi delle urine. Dalla cocaina al fentanyl, dai cannabinoidi alle benzodiazepine. Sono circa venti le droghe testate […] e altrettanti i risultati negativi.
Secondo un’esclusiva del New York Times , Musk avrebbe fatto largo consumo di sostanze lungo tutta la campagna a favore Trump. Non solo ketamina — che lui stesso ha ammesso di avere preso sotto prescrizione medica — ma anche ecstasy e funghi allucinogeni
Musk ha negato tutto già durante la conferenza stampa nello Studio Ovale in cui ha annunciato la fine del mandato alla guida del Doge. Alla domanda dei giornalisti aveva risposto attaccando la testata americana: «È la stessa che ha ricevuto un Pulitzer per la falsa notizia sul Russiagate». Ma una simile smentita non sembra essere stata sufficiente.
Il 16 giugno sono arrivati i risultati negativi, condivisi poi su X con un semplice commento: «lol», un acronimo diffuso soprattutto su internet per indicare «risate a crepapelle». Sullo stesso social di sua proprietà c’è chi esprime dubbi sulla validità del test, arrivando a ipotizzare — senza fondamento — che il campione biologico non appartenesse a lui. Altri, invece,
sottolineano che il test sia stato fatto convenientemente in ritardo rispetto all’articolo del New York Times, che comunque fa riferimento all’abuso di droghe durante il periodo elettorale. E quindi un anno fa.
Lo stesso laboratorio di analisi cliniche sottolinea che i test delle urine «possono individuare droghe ingerite negli ultimi 2-10 giorni». L’articolo è stato pubblicato il 30 maggio. Il campione, invece, è stato consegnato l’11 giugno.
Oltre, quindi, la finestra di tempo utile per verificare l’uso occasionale di sostanze.
È un altro, infatti, il test che di solito viene effettuato per verificare l’uso di stupefacenti sul lungo periodo: si tratta dell’esame tossicologico del capello, che è in grado di rilevare la presenza di metaboliti, le sostanze prodotte in seguito alla degradazione della sostanza tossica.
(da “Corriere della Sera”)

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NUOVI TAGLI ALLA SCUOLA, GIORGETTI VUOLE RIDURRE LA SPESA PER L’ISTRUZIONE

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

SONO IN ARRIVO NUOVI TAGLI AL PERSONALE

Non sono bastati i tagli alla scuola apportati con la manovra 2025. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato che potrebbe essere opportuno “ripensare” la spesa pubblica per l’istruzione. Lo ha detto ieri parlando nel corso di un’audizione alla commissione parlamentare del problema del calo demografico e della denatalità.
In particolare il titolare del Mef, ha detto che il calo degli studenti, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e primaria, legato alle dinamiche demografiche “ci induce a un ripensamento in chiave prospettica delle strutture, del personale e della spesa che nel futuro sarà assegnata all’istruzione”. Tradotto: il governo si prepara a una nuova sforbiciata alla scuola.
“Secondo quanto recentemente riportato dall’Istat, il declino demografico ha determinato già una rilevante perdita di studenti: tra l’anno scolastico 2018/2019 e 2022/2023 si conta una riduzione del 5,2 per cento degli studenti” ha sottolineato Giorgetti. “Il calo riguarda in particolare, la scuola dell’infanzia e la scuola primaria e viene parzialmente per ora compensato dal progressivo incremento degli iscritti con cittadinanza
straniera e del tasso di scolarità nella fascia dei 15-19enni – ha proseguito – La fotografia attuale, unita alla considerazione che il calo sulle scuole primarie si estenderà via via agli altri gradi, ci induce a un ripensamento in chiave prospettiva delle strutture, del personale e della spesa che nel futuro sarà assegnata all’istruzione. Per tutte queste tre variabili, considerando il loro ridimensionamento quantitativo, sarà necessario puntare a una migliore qualità”.
§Ora, è sicuramente un fatto che il prossimo anno scolastico, il 2025/26, si aprirà con oltre 134mila studenti in meno. Si passerà dai 6,9 milioni di alunni di quest’anno (dall’infanzia alle superiori) a poco meno di 6,8 milioni a settembre 2025. Di questo passo, in meno di dieci anni, la popolazione scolastica scenderà sotto la soglia di 6 milioni di unità.
Ma davanti a tutto questo, la ricetta per gestire il calo demografico dunque è tagliare le risorse destinate alla scuola. Il governo in pratica sta dicendo che invece di investire nella scuola, magari trasformando il calo di studenti in un’occasione per migliorare l’offerta didattica, per superare finalmente il sovraffollamento delle aule, le cosiddette ‘classi pollaio’, per offrire un’insegnamento più personalizzato e mirato a partire dai reali bisogni formativi dei singoli studenti, e valorizzare i docenti con stipendi più alti, si pensa di abbassare la qualità del servizio, prospettando sostanzialmente un altro taglio del personale, come quello che si è già verificato con l’ultima legge di Bilancio.
Nella manovra infatti il governo ha fatto già un’operazione penalizzante per la scuola, prevedendo una riduzione di 5660 posti di insegnanti e 2174 unità di personale ATA, come effetto
del blocco del 25% del turn over, per il prossimo triennio. Significa che in base alla misura, il personale che andrà in pensione e che non verrà sostituito, già dall’anno scolastico 2025/2026. Un intervento che il ministro Valditara ha provato a minimizzare, spiegando che si tratta di una “misura transitoria di riduzione del turn over che non intacca la dotazione complessiva dell’organico”. Una dichiarazione che non è sostenuta da nessun documento.
La spesa per l’Istruzione in Italia è tra le più basse d’Europa
Mentre stabilisce questi tagli, però, il governo non tiene conto del fatto che la spesa pubblica per l’istruzione in Italia, rispetto al Pil, è già al di sotto della media Ue. Se infatti tra i 27 la spesa in istruzione nel 2022 è stata pari al 4,7% del prodotto interno lordo (dati diffusi da Openpolis a inizio dicembre), in Italia siamo al di sotto di questa soglia, con solo il 4,1% del Pil investito in istruzione. Peggio di noi solo Bulgaria (3,9%), Grecia (3,8%), Romania (3,2%) e Irlanda (2,7%).
Come ha fatto notare la scorsa estate governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, l’Italia “è l’unico paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione”. Se infatti la spesa dell’Italia per l’istruzione nel 2022 è stata di circa 79 miliardi di euro, la spesa per interessi passivi delle pubbliche amministrazioni nello stesso anno è stata 82,9 miliardi di euro (ultimi dati disponibili Istat). Giorgetti però, e lo ha detto molto chiaramente, vuole rimodulare le risorse da destinare al settore, invece di cercare di capire come impiegarle al meglio e invertire la rotta. Ma cosa significa esattamente?
“In parole povere: tagli, tagli e ancora tagli. Tagli alle ore di
lezione, al numero di insegnanti, alla durata dei percorsi negli istituti professionali, e tagli agli investimenti che dovrebbero costruire il futuro delle nuove generazioni”, ha commentato Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra. Un primo indizio per capire dove voglia andare a recuperare risorse il governo, lo possiamo rintracciare in una proposta della Lega che proprio la parlamentare di Avs aveva denunciato a settembre. I parlamentari del Carroccio in commissione Cultura avevano chiesto infatti di avviare l’iter di una proposta di legge, a prima firma di Giovanna Miele, per ridurre di un anno la durata delle scuole superiori.
“Noi di Alleanza Verdi e Sinistra – sottolineava la parlamentare Avs della commissione cultura di Montecitorio – abbiamo il fondato sospetto che questa operazione, che si allinea benissimo con l’idea di scuola di Valditara, sia concordata con il Ministro stesso. Il Ministro e tutta la destra hanno infatti confuso la scuola della Costituzione rivolta agli studenti con la formazione professionale rivolta ai lavoratori. In quest’ottica ritengono positivo inserire il prima possibile i giovani in un mercato del lavoro che li assorbe a fatica e in cui oltre il 40% degli occupati è precario”. Della proposta non si è più parlato, almeno fino ad ora, ma il progetto è chiaro: un anno in meno significa un recupero di risorse, perché comporta meno insegnanti e meno assunzioni.
C’è un disegno, che la Lega, il partito anche di Giorgetti, abbraccia, che vorrebbe trasformare il prima possibile lo studente in lavoratore. E lo dimostra plasticamente la norma del decreto Scuola, caldeggiata dal leghista Valditara, che anticipa per i 15enni che frequentano gli istituti tecnici, i Percorsi per l
Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO), precedentemente noti come alternanza scuola-lavoro, al secondo anno delle scuole superiori, coinvolgendo quindi anche ragazzi che ricadono ancora nella scuola dell’obbligo.
In questo schema rientra anche una delle riforme spot di Valditara, il 4+2 della filiera tecnico professionale, per la quale nella manovra sono stati stanziati i 15 milioni di euro. La sperimentazione è stata già avviata l’anno scorso, con scarsi risultati. Il nocciolo della riforma è una riduzione a 4 anni del percorso degli istituti tecnici e professionali, a cui dovrebbe seguire l’eventuale biennio in ITS Academy.
§Naturalmente, come hanno fatto subito notare i sindacati della scuola, la riforma sul lungo periodo comporta, inevitabilmente, una perdita di posti di lavoro per gli insegnanti, anche se nell’immediato non si tocca l’organico docente a tempo indeterminato. L’eliminazione di un anno scolastico genera una perdita immediata di posti di lavoro a tempo determinato, di posti di sostegno, di posti per assistenti tecnici, personale ATA (il cui numero è legato al numero di studenti), blocco del turn over.
È facile dunque intuire a quale “ripensamento” per la scuola si riferisse Giorgetti. C’è un filo rosso che lega questi interventi normativi, e l’obiettivo non è offrire un’istruzione di qualità: dietro la scelta di avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro, accorciando il loro percorso di studio tra i banchi, c’è l’intenzione, nemmeno tanto mascherata, di ridurre la spesa pubblica in istruzione, proseguendo un trend già iniziato con il governo Berlusconi nel 2008, e che negli anni ha portato al taglio di oltre 130mila unità di personale tra docenti e personale Ata e una diminuzione della spesa di quasi 3 miliardi.
I sindacati in allarme per i nuovi tagli alla scuola
Per i sindacati la denatalità dovrebbe essere vista come un’opportunità. “Di fronte al calo demografico, il ministro Giorgetti propone un ‘ripensamento’ delle strutture, del personale e della spesa che nel futuro sarà assegnata all’istruzione. Qualsiasi intenzione che lascia intendere una riduzione degli investimenti nell’istruzione deve essere accolta con la massima preoccupazione”. È il commento del Segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile, alle dichiarazioni del ministro dell’Economia in audizione sulla transizione demografica.
“Meno alunni non significa meno bisogno di insegnanti, ma più possibilità di fare buona scuola – ha detto il segretario – Invece, si continua a tagliare, a comprimere, a intervenire solo sulla base della spesa, non dei bisogni educativi. Classi meno numerose, maggiore personalizzazione dell’insegnamento, miglioramento del clima educativo, maggiore attenzione agli alunni fragili, potenziamento del tempo scuola. Tutti obiettivi possibili, solo se si decidesse di ridurre il numero degli alunni per classe. Un’occasione anche per valorizzare ancora di più il lavoro dell’insegnante- Continuare a parlare di qualità mentre si riducono le risorse è una contraddizione evidente”.
Preoccupata anche Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil: “Da una dichiarazione del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti , apprendiamo che il calo demografico, come ampiamente risaputo, si riverbererà sulle iscrizioni scolastiche dei prossimi anni. Per questo, secondo Giorgetti, occorre ripensare in chiave prospettica le strutture, il
personale, la spesa dell’istruzione che saranno ridimensionati quantitativamente. Noi la pensiamo in modo diverso”.
“Il decremento delle iscrizioni, che, come asserisce lo stesso ministro, è compensato parzialmente dal progressivo incremento degli iscritti con cittadinanza straniera e del tasso di scolarità della fascia dei 15-19enni è una buona occasione per fare altri ripensamenti. In una diversa chiave prospettica – ha detto Fracassi – si dovrebbe non ridimensionare le scuole che sono presidio di cultura e legalità in ogni angolo del Paese e aumentare la spesa in istruzione: l’Italia spende solo il 4% del suo Pil, mentre la media Ocse è pari al 4,9%”.
“Al contempo si dovrebbe pagare il dovuto al personale e smettere con aumenti di stipendio che non recuperano nemmeno l’inflazione; eliminare il precariato, vera piaga che pesa sulle vite delle persone e sulla qualità dell’offerta formativa; favorire l’accoglienza delle famiglie straniere in maniera regolata rimodulando l’acquisizione del diritto alla cittadinanza e aumentare in tutto il Paese il tempo scuola”. “Risulta ingannevole ogni altra prospettiva, come pare essere quella del ministro, nel tentativo di associare al ridimensionamento delle strutture, del personale e della spesa l’idea del miglioramento della qualità. La verità è una sola: meno spesa, meno qualità. E a questa prospettiva la Flc Cgil non ci sta”.
(da agenzie)

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DOSSIERAGGIO SALIS, GAMBINO AUTOSOSPESO, ORA FRATELLI D’ITALIA TEME L’ALLARGAMENTO DELL’INCHIESTA

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

L’EX ASSESSORE MELONIANO RIMANE IN CONSIGLIO COMUNALE, NEL PARTITO NON HANNO NEANCHE LE PALLE DI CACCIARLO

Una comunicazione di «autosospensione» dal partito ma non (per ora, almeno) dal Consiglio comunale. Con 24 ore di differita, dopo le perquisizioni disposte dalla Procura nell’inchiesta per corruzione e rivelazione di segreto di atti d’ufficio che ha coinvolto la polizia locale, in Fratelli d’Italia c’è un primo effetto politico del caso dei presunti dossieraggi mirati a screditare la campagna elettorale della neo sindaca progressista di Genova Silvia Salis.
Antonino Sergio Gambino, l’ex assessore oggi consigliere comunale dei meloniani a Genova indagato (tra le altre cose) per aver fornito al quotidiano La Verità i verbali relativi a un incidente stradale causato da Salis un anno fa, pubblicati il mese scorso a due giorni dal voto delle elezioni comunali, si è autosospeso da FdI. Un passo indietro a metà, visto che ieri nella sua veste di consigliere Gambino si è fatto comunque trovare sui banchi della prima seduta del Consiglio comunale, che ha alzato il livello della tensione nel partito, anche a livello nazionale. Dove si giura che a Giorgia Meloni non sia neanche arrivata la notizia dell’inchiesta, ma non si nasconde «il fastidio» per i rischi che comporterebbe la vicenda.
Se ieri la stessa Salis è tornata a parlare sul tema («Il filone che riguarda me tra i tanti è il meno importante, ma se verificato sarebbero gravissimo») rivolgendosi allo stesso consigliere indagato («Al suo posto avrei riflettuto sul fatto di sospendermi anche dal consiglio: la città merita trasparenza e integrità istituzionale»), e da Avs su X attacca Nicola Fratoianni («pensano di cavarsela così, con una autosospensione, che meschinità»), in FdI si teme che ulteriori possibili sviluppi dell’inchiesta rendano meno locale un caso che fino ad oggi è rimasto localissimo.
Dalle novità emerse ieri sul fronte giudiziario, del resto, lo scandalo che ha coinvolto Gambino si potrebbe allargare anche ad altri assessorati dell’ex maggioranza di centrodestra a Genova, per primo quello alle Politiche sociali guidato fino a pochi mesi fa dall’ex assessora (al momento non indagata) Lorenza Rosso, vicina al governatore Marco Bucci e candidata in quota civica dalla Lega alle ultime Europee.
In via della Scrofa a Roma, tra i pretoriani meloniani al lavoro nella sede nazionale del partito, c’è chi spiega la sospensione di Gambino con «una presa di consapevolezza», ancora «prima di prendere i provvedimenti del caso», del fatto che la sua situazione sia «inconciliabile con i valori del partito». Una formula di mestiere per far capire come al consigliere genovese, il passo indietro sia stato sostanzialmente chiesto per «sterilizzare» il prima possibile, è l’espressione che viene usata, la situazione.
Al di là delle posizioni ufficiali («Per noi è stato un fulmine a ciel sereno, ma confidiamo nella giustizia e siamo convinti che Gambino si possa dimostrare estraneo ai fatti», dice il deputato Matteo Rosso, coordinatore di FdI in Liguria), ai vertici locali del partito da Roma sono arrivate del resto disposizioni chiare. «In questo momento, non possiamo permetterci casi di questo genere», suona l’avvertimento arrivato a Genova. Dove già durante l’ultima campagna elettorale, tra tensioni interne e scivolate istituzionali (una tra tutte, il tentativo di blitz per nominare nel comitato portuale cittadino a due giorni dal voto il fratello di un altro ex assessore di FdI, Francesco Maresca), il partito locale era finito sotto la luce dei riflettori nazionali.
(da Repubblica)

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INSEGUITO DAI POLIZIOTTI, POI IL PESTAGGIO: IL CASO SHOCK NEL CPR DI GRADISCA

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA SUL CENTRO MIGRANTI E IL RISCHIO SCABBIA

Da settimane il cpr di Gradisca è teatro di proteste per le condizioni di vita, la qualità del cibo, una sospetta epidemia di scabbia che sta via via contagiando tutti i trattenuti
Un uomo che corre, solo l’intimo addosso, dietro di lui degli agenti in tenuta antisommossa lo rincorrono. Quando lo
raggiungono lo strattonano e lo portano in una stanza vicina. Non si vede cosa succede, lo si intuisce. Anche grazie ai rumori, forti, metallici. E poi le grida di qualcuno, presumibilmente colui che gira il video: «No, no».
È la scena, terribile, che mostra un video filtrato dall’interno del Centro per il rimpatrio di Gradisca d’Isonzo e pubblicato dalla rete No Cpr.
In un altro filmato si vede il prosieguo di quella scena: lo stesso uomo riverso a terra, il viso e il capo insanguinati. A un certo punto qualcuno gli solleva la testa, lui sembra quasi incosciente. Il pavimento lercio, bagnato. Gli ambienti bui. «Riceviamo segnalazioni simili almeno una volta la settimana», denunciano dalla rete.
Le proteste dentro il Cpr di Gradisca
Da settimane ormai il Cpr di Gradisca è teatro di proteste per le condizioni di vita, la qualità del cibo, una sospetta epidemia di scabbia che sta via via contagiando tutti i trattenuti. «Nel Cpr di Gradisca le condizioni di vita sono in progressivo peggioramento, così come la qualità del cibo. A questo si aggiunge una sospetta epidemia di scabbia, che sta via via contagiando i trattenuti. In questo quadro, si registra una dura repressione, con azioni violente da parte delle forze dell’ordine». È quanto denuncia la rete. Le condizioni igieniche, così come l’assistenza medica sono i nodi principali del centro. Chi riesce a uscire spesso denuncia pestaggi e abusi che vengono poi confermati da diverse inchieste in tutta Italia. Eppure, nessuna segnalazione è mai arrivata, salvo rarissimi casi, dai medici in servizio nei centri. Del resto, in tutto e per tutto sono dipendenti delle cooperative e società che li
gestiscono. Va ricordato inoltre che le persone che si trovano nei centri non non hanno commesso reati, sono persone senza documenti.
La richiesta di un’interrogazione parlamentare
«Quanto accaduto nel Cpr di Gradisca d’Isonzo va immediatamente chiarito dal Governo, e lo chiedo con un’interrogazione parlamentare urgente. La risposta alle proteste per le condizioni igieniche da parte di persone che, a tutti gli effetti, sono detenute nei Cpr non può essere rappresentata dai manganelli». Lo scrive in una nota Angelo Bonelli, parlamentare AVS. «I Cpr sono luoghi di detenzione per migranti che non hanno commesso reati. Il video pubblicato da Repubblica, che mostra agenti di polizia in tenuta antisommossa e una persona migrante con il volto coperto di sangue, è inaccettabile per uno Stato di diritto. Il ministro Piantedosi spieghi cosa è accaduto», conclude Bonelli.
(da Open)

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LEA, LA FIGLIA DI TONINO CEREZO, TESTIMONE DI UNA AGGRESSIONE RAZZISTA A GENOVA: SONO ANCORA SCONVOLTA, UNA SCENA DI VIOLENZA MAI VISTA

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

UNA RAGAZZA STRANIERA AGGREDITA A CALCI E PUGNI DA UN DELINQUENTE RAZZISTA IN PIENO GIORNO… I CATTIVI MAESTRI GENERANO MOSTRI, LA FOGNA RAZZISTA VA SPURGATA SENZA PIETA’

“Sono ancora molto scossa e arrabbiata, è successa una cosa molto grave, una scena di violenza tra le più forti che abbia mia visto qui in Italia”.
A parlare è Lea T., top model e figlia dell’ex calciatore blucerchiato Toninho Cerezo, che in un video su Instagram ha denunciato di avere assistito a un’aggressione razzista contro una ragazza giovanissima: “Ero a fare la spesa alla Coop di corso Europa, erano le 11 e stavo tornando a casa e ho visto un ragazzo bianco che picchiava una ragazza nera, probabilmente minorenne, mentre il ragazzo era sicuramente maggiorenne – racconta, ancora sotto choc – L’ha presa a pugni e calci, poi le ha dato un pugno fortissimo e lei insanguinata è caduta a terra. Lui l’ha guardata dall’alto e invece di aiutarla le ha detto ‘sporca n…’”.
Incredula e spaventata, la top model è intervenuta per allontanare il ragazzo e tentare di soccorrere la giovane donna a terra, ma “le persone vicino, gli amici, mi guardavano come fossi pazza, come se stessi esagerando. Ho il video di quanto accaduto dopo, devo capire se può essere divulgato o meno. Questo ragazzo pensava che in qualche modo io lo giustificassi, è stata la cosa più triste di tutto”.
‘C’è ancora una carenza molto forte sulle questioni razziali e sulla violenza sulle donne nere – prosegue Lea T. – la ragazza è stata portata al pronto soccorso dalle amiche che l’hanno soccorsa ed erano con lei, lei stava uscendo dal lavoro. È stato terribile vedere un ragazzo grande e grosso che guardava questa ragazza insanguinata. Non posso stare zitta e chiedo ci sia giustizia riguardo a questo caso, manderò i video e altre prove ai diretti interessati e cercheremo di fare giustizia, sperando che ci sia”.
(da agenzie)

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RICCARDO BOSSI, PRIMOGENITO DEL FONDATORE DELLA LEGA UMBERTO, È STATO CONDANNATO A UN ANNO E QUATTRO MESI PER MALTRATTAMENTI NEI CONFRONTI DI SUA MADRE

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

LA DONNA HA DENUNCIATO IL FIGLIO NEL 2016: ALL’EPOCA BOSSI JUNIOR LE CHIEDEVA SOLDI IN CONTINUAZIONE E LE METTEVA LE MANI ADDOSSO – NON È LA PRIMA CONDANNA PER RICCARDO BOSSI: A GENNAIO SI È BECCATO DUE ANNI E SEI MESI PER AVER PERCEPITO INDEBITAMENTE IL REDDITO DI CITTADINANZA

Riccardo Bossi, primogenito del fondatore della Lega Umberto Bossi, è stato condannato in primo grado dal tribunale di Varese a un anno e 4 mesi per maltrattamenti nei confronti della madre. I fatti al centro del processo risalgono al 2016 e l’avvocato Federico Magnante, difensore di Bossi Jr (mai comparso in aula), ha già annunciato il ricorso in Appello.
La madre ha denunciato Riccardo Bossi per maltrattamenti e minacce salvo poi rimettere la querela e rassicurare il giudice in aula che i rapporti con il figlio erano tornati sereni con ogni possibile frattura famigliare ricomposta. La querela rimessa ha automaticamente fatto cadere l’accusa di minacce, lasciando però aperta quella per maltrattamenti per la quale si procede
d’ufficio.
Tra gli episodi contestati dalla Procura a Bossi, che ha sempre negato ogni addebito, ci sono delle incessanti richieste di denaro avanzate alla madre, con scatti d’ira che in un caso avrebbero portato l’imputato a mettere le mani addosso alla donna, che in quel periodo lo ospitava nella sua casa di Azzate, facendole sbattere la testa contro il muro; mentre in un’altra circostanza, gli insulti e il clima teso avrebbero spinto il genitore a fuggire di casa, pur di allontanarsi dal figlio. Quella odierna è solo l’ultima vicenda giudiziaria che coinvolge Riccardo Bossi. A gennaio di quest’anno, infatti, il figlio del senatur era stato condannato a 2 anni e 6 mesi, con rito abbreviato, dal Gup del tribunale di Busto Arsizio per aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza per alcuni mesi. Le motivazioni saranno depositate in 90 giorni
(da agenzie)

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SEA EYE 5, BLOCCATA A POZZALLO DAL SOLITO PRETESTUOSO FERMO AMMINISTRATIVO, ANNUNCIA AZIONE LEGALE

Giugno 19th, 2025 Riccardo Fucile

QUANDO IN ITALIA TORNERA’ LA LEGALITA’, LE OPPOSIZIONI RICORDINO CHE NULLA DOVRA’ RESTARE IMPUNITO

Lo sbarco delle sessanta persone dalla nave Sea Eye 5 è stato autorizzato al porto di Pozzallo (Ragusa)nella tarda serata di domenica, e i migranti sono rimasti bloccati a bordo della nave umanitaria tedesca per quasi un giorno intero, su indicazione delle autorità italiane, prolungando§immotivatamente le sofferenze dei migranti a bordo. Ora la Sea Eye 5 è trattenuta illegalmente in Sicilia e la nave ha deciso di intraprendere un’azione legale.
L’organizzazione umanitaria ha annunciato che la nave è stata bloccata dalle autorità italiane, a causa di presunte violazioni da parte dell’equipaggio delle istruzioni del Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo di Roma. La Sea Eye 5 aveva tratto in salvo sabato 65 rifugiati da un gommone a circa 50 miglia nautiche dalla costa libica. Vediamo di mettere in fila i fatti.
Perché la nave Sea Eye 5 è stata sottoposta a fermo amministrativo
Alla nave era stato inizialmente assegnato il porto di Taranto, a 48 ore di navigazione dal punto in cui si trovava l’imbarcazione. I membri della Ong si sono opposti,
spiegando che la nave non avrebbe potuto sostenere un viaggio così lungo in sicurezza, mettendo a rischio la salute dei naufraghi a bordo. L’Italia, dopo una serie di pressioni ricevute anche dalla Germania, e in particolare dall’MRCC tedesco, ha acconsentito a indicare un porto più vicino, quello di Pozzallo appunto. Ma quando la nave umanitaria è arrivata nei pressi del porto, è stata bloccata dalle autorità, che hanno chiesto all’Ong di far scendere solo i fragili, e poi proseguire verso il viaggio verso Taranto con il resto dei migranti a bordo. È stato necessario un lungo braccio di ferro, e due evacuazioni mediche d’emergenza, prima tre donne portate a Lampedusa, e successivamente una donna al nono mese di gravidanza insieme al marito, prima di convincere le autorità a concedere il permesso di sbarco per tutti a Pozzallo, dopo uno stallo di diverse ore.
Dopo che sono scese tutte le persone dalla nave, sono iniziate le operazioni di sanificazione, visto che a bordo erano stati riscontrati diversi casi di scabbia. Oggi però l’imbarcazione tedesca ha subito un fermo amministrativo: “È un atto politicamente motivato e un grave attacco al soccorso civile in mare”, ha spiegato Gordon Isler, presidente della Ong.
Le tre accuse alla Sea Eye 5
Tre le contestazioni mosse alla nave umanitaria. Innanzitutto il mancato rispetto delle indicazioni date dal MRCC di Roma. Il capitano, secondo le accuse, avrebbe omesso di comunicare in maniera completa le informazioni e avrebbe rifiutato il trasferimento selettivo delle persone sulla motovedetta della Guardia costiera.
La seconda accusa mossa alla nave di ricerca e soccorso civile è non aver richiesto “ufficialmente e tempestivamente” un porto di sbarco. In realtà, ha spiegato
l’Ong, Sea-Eye era in contatto attivo con diversi centri di coordinamento dei soccorsi, inclusi quelli di Brema e Roma, fin dall’inizio dell’operazione. “Tutte le comunicazioni sono state documentate per iscritto”.
Infine, la terza contestazione riguarderebbe la partenza ritardata per il porto di Taranto, assegnato dalle autorità per lo sbarco. Sea Eye 5 non avrebbe proseguito “senza indugio” verso il Pos, aspettando oltre sei ore al largo della costa di Pozzallo. Secondo l’ong, tuttavia, “Pozzallo era stato ufficialmente designato come Pos” e il ritardo è dovuto “all’annullamento dello sbarco previsto da parte dell’Mrcc di Roma”.
Dal punto di vista di Sea Eye, “le richieste di trasbordo e le ulteriori istruzioni di viaggio erano incompatibili con la situazione di sicurezza a bordo e le limitazioni tecniche della nave”.
“Queste accuse sono fabbricate per criminalizzare le operazioni di salvataggio – ha detto Isler -. Il nostro equipaggio ha sempre agito nel migliore interesse delle persone soccorse e in conformità con il diritto marittimo internazionale. Il fermo dimostra ancora una volta che le autorità italiane stanno sistematicamente cercando di spingere le navi di soccorso civile fuori dal Mediterraneo”.
(da Fanpage)

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