30 DEPUTATI DELLA LEGA CONTRO SALVINI: COSI’ IL VOTO SUL GREEN PASS HA SPACCATO LA LEGA
HANNO DISATTESO GLI ORDINI DEL CAPITONE, SI TRATTA DEGLI ELETTI VICINO A GIORGETTI E ZAIA
I conti li fa oggi Il Mattino: una parte dei deputati del Carroccio ha finito per votare gli emendamenti di Fdi, come aveva annunciato ieri il Capitano.
Ma non tutti: mettendo insieme i voti che hanno a disposizione Lega e Fdi, ovvero 132 leghisti più 37 meloniani, si arriva alla somma di 169. Ma a dire sì agli emendamenti di Fdi sono stati 134.
Una trentina di leghisti avrebbero quindi disatteso l’ordine del Capitano e si è schierata con il governo Draghi.
E il quotidiano aggiunge che si tratta dello stesso numero di eletti che sono considerati più vicini alla linea di Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia.
Che non sono pochi, e sono soprattutto di peso: nel partito sono considerati pro-Draghi l’ex viceministro Massimo Garavaglia, così come Stefano Candiani e Dario Galli. Tra i parlamentari ci sono Barbara Saltamartini, Silvana Comaroli e Christian Invernizzi. Sul territori si annoverano tra i governisti Guido Guidesi e il presidente del Trentino Maurizio Fugazzi.
Ma, spiega oggi un retroscena di Repubblica, il voto coordinato tra Salvini e Meloni cela altro. Ovvero un accordo per serrare le fila in vista di elezioni politiche che i due leader vedono vicine dopo il voto per il Quirinale.
Proprio quello che ha detto domenica a Cernobbio Ignazio La Russa, cofondatore di Fratelli d’Italia: «Si è parlato di elezioni e della prospettiva che queste siano anticipate, come sia noi che Salvini crediamo e auspichiamo. Quella foto, insomma, non è un fatto episodico: è l’inizio di un cammino».
L’idea dei due partiti è quella di sostenere Mario Draghi nella corsa al Colle, per poi giungere a una chiusura anzitempo della legislatura. E il fatto che anche Fdi potrebbe appoggiare SuperMario al Colle potrebbe spingere l’ex Bce a dire sì senza riserve, visto che il consenso a quel punto sarebbe praticamente unanime.
In questo scenario è normale che la maggioranza sia in fibrillazione. Anche se il premier sembra determinato a perseguire i prossimi due obiettivi, ovvero l’estensione del Green Pass obbligatorio per i dipendenti pubblici, i lavoratori di bar e ristoranti e dei trasporti. Con l’ipotesi di arrivare anche ai lavoratori del settore privato.
Ma proprio su questi punti per ora c’è da registrare uno stop. Quello della Cabina di Regia del governo, che di solito si riunisce nell’imminenza di un provvedimento da portare nel Consiglio dei Ministri. E che però non è stata ancora convocata.
In più, spiega oggi il Corriere della Sera, gli addetti all’estensione del Green Pass al lavoro pubblico e privato negano di avere tra le mani un provvedimento pronto da portare sul tavolo del Cdm. Nelle stanze della presidenza del Consiglio dicono che il lavoro non è finito e che per ora non c’è intesa su niente.
Per questo, sostiene il quotidiano, il premier, che vuole continuare a muoversi senza forzare, con gradualismo e prudenza, potrebbe decidere di procedere per step.
L’idea è partire dalla scuola, allargando il green pass ai lavoratori esterni delle mense e delle pulizie. Il certificato verde per la PA e per le imprese private arriverebbe in un secondo momento.
Intanto ieri Draghi ha visto il leader di Confindustria Carlo Bonomi, ma lo ha deluso sul costo dei tamponi: non sarà a carico dello Stato, tranne che per le persone fragili. Oltre al prezzo dei test, che il ministro della Salute Roberto Speranza non vuole far scendere oltre, per non danneggiare la campagna vaccinale, c’è il problema che due milioni di lavoratori attivi over 50 non hanno ancora fatto la prima dose.
(da Open)
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