FRATELLI DI BANCA: L’INCHIESTA DI MILANO SUL “CONCERTO” CALTAGIRONE-DELFIN-BPM PER ACQUISTARE IL 15% DI MPS, MESSO IN VENDITA DAL GOVERNO A NOVEMBRE, È UNA BOMBA SOTTO PALAZZO CHIGI
L’ESECUTIVO POTREBBE ESSERE CHIAMATO IN CAUSA E CONSIDERATO COME UN “TERZO CONCERTISTA”, PER AVER FACILITATO LA SCALATA A MPS DEL DUO “CALTA”-MILLERI… LUNEDÌ L’ASSEMBLEA DI MEDIOBANCA, CHIAMATA A DECIDERE CHE FARE CON L’OPS SU BANCA GENERALI, SANCIRÀ LA VITTORIA O LA SCONFITTA DI GIORGIA MELONI… “IL FATTO”: “SE GLI ANDRÀ BENE LA DESTRA DI GOVERNO AVRÀ RIDISEGNATO LA MAPPA DEL POTERE ITALIANO, SE ANDRÀ MALE SI RITROVERÀ ALL’OPPOSIZIONE UN PEZZO NON IRRILEVANTE DEL MONDO DEL CREDITO E CON UN’INCHIESTA CHE PER ORA SFIORA GLI AMICI E L’ESECUTIVO”
Le notizie in arrivo dalla Procura milanese interrogano anche e soprattutto i troppi ruoli giocati dal governo in quella partita e persino le diverse strategie all’interno dello stesso esecutivo: Giorgia Meloni e i suoi uomini macchina (Giovanbattista Fazzolari e Gaetano Caputi) da un lato e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dall’altro, fin dall’inizio hanno pensato a esiti assai differenti per l’operazione messa irritualmente in piedi per guidare Montepaschi insieme alla cordata Caltagirone-Delfin-Bpm
Palazzo Chigi pare schiacciato sulle strategie dell’editore del Messaggero, che da anni – insieme a Delfin, la holding dei Del Vecchio – prova a prendersi Generali via Mediobanca: un (legittimo) assalto al cuore del risparmio italiano stavolta portato attraverso una banca di cui il Tesoro è primo azionista.
In sostanza il duo Calta-Meloni sta provando a dare l’assalto al cielo finanziario: per riuscire ha chiamato a raccolta persino le casse di previdenza, sensibili agli squilli di Palazzo Chigi, ma dovrebbe convincere anche quel che resta del “salotto buono”,
da Unicredit a Mediolanum, dai Benetton ai fondi esteri, e il deflagrare dell’inchiesta milanese certo non aiuta…
Se gli andrà bene la destra di governo avrà ridisegnato la mappa del potere italiano e potrà fregiarsi del titolo di Fratelli di Banca, se andrà male si ritroverà all’opposizione un pezzo non irrilevante del mondo del credito e con un’inchiesta che per ora sfiora gli amici e l’esecutivo e domani chissà.
Giorgetti e il Tesoro sono in teoria i più esposti alle indagini sull’asta di Abre per vendere il 15% di Mps, essendone i committenti e, si spera i vigilanti. Paradossalmente, però, il ministro leghista gioca un’altra partita rispetto ai “romani” Calta-Meloni: l’ingresso di Bpm e Anima (che è di Bpm), coi due soci privati, in Montepaschi doveva essere il primo passo di una fusione tra Milano e Siena che creasse una solida banca insediata nel Centro-Nord e orientata ai prestiti alle imprese, specie le Pmi.
Insomma un terzo polo bancario che fosse alternativo alle due potenze Intesa e Unicredit. Per questo Giorgetti sta provando a bloccare col golden power la reazione di Unicredit, che all’improvviso ha messo nel mirino Bpm. La cosa curiosa è che la premier e il suo ministro non possono vincere entrambi.
(da il Fatto Quotidiano)
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