ANSIA E PAURA HANNO CONDIZIONATO GLI ELETTORI
MAPPA DEL SENTIMENT CHE HA PORTATO AL VOTO
Se la politica (ma ogni cosa, oramai) è dominata dalle emozioni, dai sentimenti e dall’immediatezza delle reazioni, con quali strumenti possiamo capire cosa passa per la mente delle persone?
Forse la politica non è mai stata “razionale” nel senso che si da spesso a questa parola: cioè persone che in astratto valutano e soppesano programmi, storie, progetti e poi decidono il voto; se mai lo è stata, adesso non lo è più.
Forse la politica “razionale” è stata solo una fantasia dei “razionalizzatori”, quelli che pensano che la gente pensi come loro, che siano un loro puro rispecchiamento.
Adesso il pensiero, nel bene e nel male, si auto-costituisce e si auto-legittima, è sufficiente a se stesso. Ma torniamo alle emozioni e ai sentimenti.
Come si fa a capire cosa passa nella testa della gente? Immaginate di poter ascoltare cosa si dice in tutti i bar della nazione; in tutti gli uffici della nazione; in tutte le metropolitane e anche lì, dal dentista, mentre si aspetta il proprio turno.
Sono le conversazioni popolari, quei milioni di momenti in cui qualcuno dice qualcosa e qualcun altro reagisce. Se si riuscisse a capire quello, si capirebbe il pensiero diffuso, molecolare, popolare di un paese.
Oggi un’approssimazione di quei milioni (miliardi) di momenti in cui qualcuno si esprime, anche solo con una battuta, un commento, sono i social media.
Lì ogni pensiero, anche i peggiori, si possono esprimere, senza vincolo e (talvolta) senza remore.
Ogni trasmissione televisiva produce commenti; ogni articolo di giornale che susciti emozioni produce una reazione o una condivisione (e se non le produce, vuol dire che non ha avuto effetti); soprattutto gli eventi, quello che accade, e in primis la cronaca, producono commenti e “prese di posizione”. Siamo in un mondo di editorialisti di massa. (Detto senza ironia).
Il tema oggi, per chi vuole capire i comportamenti sociali, è quello di sapere come si forma l’opinione collettiva, in quale modo, con quali mezzi, persino con quali parole. È quello che ha fatto Sociometrica, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale di Expert System.
Negli ultimi due mesi sono stati raccolti, ordinati e interpretati oltre 150mila record, cioè post, messaggi, testi di ogni genere che hanno avuto per oggetto la politica.
Di ciascuno è stato estratto il sentiment, esplicito o implicito. Così, utilizzando 80 tipi di emozione (ansia, gioia, felicità , rabbia, coraggio, odio, orgoglio, ecc.) si è potuto formare una mappa del sentiment degli italiani verso la politica.
I due sentimenti che prevalgono sono l’ansia e la paura.
Seguono tristezza, vergogna, odio e solo due sentimenti positivi riescono a entrate nei primi dieci: la domanda di modernità e di crescita economica (“successo”).
Nel report si potranno vedere tutti dettagli.
Per esempio, cosa ha alimentato l’ansia? I fatti di Macerata (al centro anche della paura) perchè ha fatto vedere un mondo inedito percepito come minaccioso su tanti fronti e sotto tanti aspetti.
L’ansia che il modo tradizionale di vivere degli italiani possa essere minacciato.
Ansia anche per i posti di lavoro e le crisi aziendali. Ansia per la violenza politica che si è manifestata in qualche episodio durante la campagna elettorale.
Ansia persino per le dichiarazioni di Juncker, presidente della Commissione Europea, sulla capacità dell’Italia di uscire bene dalle elezioni.
C’è anche la mappa territoriale da considerare: quali sono i luoghi dove maggiormente si sono sviluppate le conversazioni politiche? Roma, Milano, Napoli-Salerno e Firenze. Poco nel resto del Sud e poco anche nel Veneto.
In qualche modo la mappa indica le faglie dove lo scontro politico si è condensato e avviluppato/sviluppato.
La politica oggi segue gli eventi, non le ideologie, anzi più esattamente, le ideologie (a cominciare dai luoghi comuni e pregiudizi che sono la loro liofilizzazione) danno significato e rilevanza politica agli eventi. Ma senza di questi, la prima non avrebbe linfa e nutrimento.
I social non sono solo conversazioni tra pari, perchè c’è un ruolo formidabile per l’informazione, che oggi ha ripreso grande rilevanza nella formazione dell’opinione pubblica, passando dai grandi quotidiani ai grandi player nativi digitali (o media tradizionali che si sono reinventati sul digitale).
In queste settimane i media che hanno avuto più impatto sui social sono stati Le Iene e Fan Page, protagonisti delle due inchieste che hanno creato maggiore attenzione nella campagna elettorale.
C’è poi il ruolo dei blogger che da soli, almeno alcuni, riescono a raggiungere una audience inimmaginabile (fino a pochi anni fa) per una singola persona.
Ovviamente vince chi è capace di giocare sui vari media (tradizionali e digitali) intrecciandoli al meglio.
E i leader politici? Il compact Cinquestelle, Salvini e Renzi dominano il mondo digitale, al cui interno il peso di facebook è incomparabilmente maggiore rispetto a Twitter e Instagram.
È Facebook che interpreta al meglio la nuova realtà della comunicazione tra pari (peer-to-peer), in cui il più credibile non è quello che sta più in alto, ma quello che sta più vicino.
Twitter è ancora una voce che parla dall’alto. Cresce molto l’intimacy (il paradosso delle parole) di Instagram che insieme promette di essere sociale e intimo/personale, ma non ha ancora i numeri di facebook.
Siamo perciò alla convergenza di tre fenomeni che cambiano completamente lo scenario politico (e, in generale, dell’opinione pubblica). Il primo è la dittatura delle emozioni, ognuno è un fascio di nervi, emozioni e pensieri che guida i comportamenti.
È insieme domanda e offerta di emozioni. Il secondo è l’ubiquità dei social media che appaiono il mezzo più efficace per creare e distribuire emozioni. Ovviamente c’è ancora la tv, ma questa viene “reinterpretata” dai social, perchè ciascuno tende a creare il significato di quello che vede, lo pubblica, e chiede condivisione.
Il terzo è la reversibilità dei fatti. Ogni fatto deve entrare in una storia. Il fatto non è la storia. Un tempo si sarebbe detto che è la morale della storia che conta. Chi determina la morale, determina la storia. Chi produce senso, produce seguito
La vita è un’altra storia.
(da “Huffingtonpost”)
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