ARRESTI A MILANO: NELLE CARTE ANCHE FINANZIAMENTO ILLECITO A FRATELLI D’ITALIA
QUASI CENTO GLI INDAGATI, 43 LE ORDINANZE CAUTELARI
Associazione a delinquere aggravata dall’aver favorito una cosca mafiosa, abuso d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti e corruzione per spartirsi e aggiudicarsi appalti pubblici.
Sono le accuse mosse dalla Dda di Milano nei confronti di politici, amministratori pubblici e imprenditori di Lombardia e Piemonte: 43 le ordinanze di custodia cautelare eseguite all’alba dai carabinieri di Monza e dalla Guardia di Finanza di Varese, di cui 12 in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma.
Tra gli arrestati ci sono il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, candidato alle Europee nella circoscrizione di Nord-Ovest ora in carcere (secondo i pm era a “libro paga” di un imprenditore) e il sottosegretario forzista all’area Expo della Regione Lombardia Fabio Altitonante, ai domiciliari.
Ma c’è anche l’ex coordinatore provinciale di FI a Varese, Gioacchino Caianiello, già condannato in via definitiva nel 2017 per concussione e ora accusato di “istigazione alla corruzione” nei confronti del presidente della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana, che non ha mai denunciato l’episodio. La Procura ha chiesto poi alla Camera l’autorizzazione all’arresto del deputato forzista Diego Sozzani per finanziamento illecito. Turbativa d’asta e corruzione sono invece i reati ipotizzati a carico del responsabile operativo dell’Amsa, la municipalizzata che gestisce i rifiuti di Milano, Mauro De Cillis.
In totale sono 95 le persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dal Procuratore aggiunto e responsabile della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci e dai pm Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno.
Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a corruzione aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, finanziamento illecito ai partiti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d’ufficio.
Due i filoni principali di questa inchiesta che ha scoperchiato un sistema consolidato di comportamenti ritenuti illeciti nella pubblica amministrazione della Regione Lombardia amministrata dalla maggioranza di centrodestra Lega-Forza Italia.
Uno di questi riguarda gli appalti targati Amsa, l’azienda dei rifiuti milanese e parecchie partecipate pubbliche. Un altro, quello varesino e che ha come personaggio principale l’ex coordinatore provinciale Caianiello, riguarda invece il Piano di governo del territorio e le sue varianti.
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è parte offesa e non risulta indagato: nei giorni scorsi è stato ascoltato dai pm milanesi per chiarire il tentativo di corruzione da lui subito. “Non dico nulla, ho letto che io sono parte offesa. Quindi per rispetto della magistratura le cose che dovrò dire le dirò a loro”, ha commentato il governatore.
Il gip Raffaella Mascarino ha riscontrato un’urgente esigenza cautelare nei confronti di 43 degli indagati per interrompere il continuo susseguirsi di reati “ascoltati” in diretta dalla Guardia di Finanza di Milano e di Busto Arsizio oltre che dai carabinieri di Monza e dalla polizia municipale milanese nelle intercettazioni ambientali da cui è emerso un sistema che aveva come punti di riferimento di volta
in volta tre personaggi, come riferisce il Corriere.
O Caianiello, o il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, o l’imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali, Daniele D’Alfonso della Ecol-Service srl, l’unico al quale è stata contestata anche l’aggravante di aver agevolato il clan di ‘ndrangheta dei Molluso di Buccinasco, facendone lavorare uomini e mezzi negli appalti presi pagando appunto tangenti.
Ed è proprio D’Alfonso che, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, attraverso fittizie consulenze e altre utilità , avrebbe remunerato stabilmente Tatarella con consulenze fittizie da 5mila euro al mese, “oltre all’erogazione di una serie di utilità quali pagamenti di biglietti aerei, di viaggi di piacere, l’uso di una serie di autovetture, la disponibilità di una carta di credito American Express abilitata al prelievo di contante”, come si legge nell’ordinanza del gip. In cambio il forzista l’avrebbe favorito negli appalti dell’Amsa, in particolare, e l’avrebbe introdotto in altri appalti a Varese e a Novara, dove sarebbe stato attivo il parlamentare di FI Diego Sozzari.
I due si incontravano “Da Berti”, il ristorante milanese vicino agli uffici della Regione Lombardia già venuto a galla in molte indagini milanesi, e che ora nel linguaggio degli indagati è diventato “la mensa dei poveri”, definizione che ha dato il nome all’indagine della Dda.
Non solo, D’Alfonso risulta anche essersi “attivato in prima persona rendendosi disponibile verso l’imprenditore Andrea Grossi nelle operazioni di finanziamento illecito del partito Fratelli d’Italia“.
Dalle indagini è emerso poi come nel marzo 2018 Caianiello avrebbe proposto assieme al direttore generale dell’ente Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale, al governatore Fontana di mettere quest’ultimo, suo uomo di fiducia, a capo del settore Formazione della Regione in cambio di consulenze da affidare al socio dello studio legale di Fontana, il consigliere regionale uscente Luca Marsico che sarebbe così stato risarcito per la mancata rielezione. Un’ipotesi di scambio, contestata dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, in cui il governatore lombardo figura come parte offesa perchè, pur senza denunciare la proposta, avrebbe spiegato a Caianiello di voler esplorare altre possibilità rispetto al futuro di Marsico.
Non solo. Gli inquirenti hanno scoperto anche una tangente su una sentenza di tangenti, riferita ad un episodio del 2005. Protagonisti sono, come riferisce il Corriere, l’imprenditore edile Emilio Poggiaro, che pagò all’epoca una mazzetta da 250mila euro a Caianello: il politico varesino fu processato e condannato in via definitiva a 3 anni di pena e 125mila euro di risarcimento. Ma proprio lo stesso imprenditore è tornato ora a chiedere a Caianello un nuovo favore, per il quale finge di ricevere il risarcimento di 125mila euro fissato dalla sentenza oltre al rimborso delle spese legali.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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