“BASTA CON LE FORNITURE DI ARMI A ISRAELE”; MACRON PRENDE POSIZIONE CONTRO NETANYAHU DOPO GLI SPARI DELL’ESERCITO ISRAELIANO VERSO I CASCHI BLU DELL’ONU
S’ACCODA LA SPAGNA, NON L’ITALIA CACASOTTO CHE NON HA VOLUTO INSERIRE IL TEMA DEGLI ARMAMENTI NEL DOCUMENTO DI CONDANNA DEGLI ATTACCHI
Gli spari israeliani contro i caschi blu spingono Emmanuel Macron a prendere la posizione più dura contro Israele. Il presidente francese lancia un appello a interrompere ogni fornitura di armamenti allo Stato ebraico e la prossima settimana porterà all’attenzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di cui la Francia è membro permanente, la questione degli attacchi alle basi Unifil per ottenere la censura politica di Netanyahu.
L’Italia sostiene la mossa francese all’Onu (potrebbe chiedere di partecipare alla seduta in quanto soggetto direttamente interessato), ma rimane un passo indietro sull’altra questione, quella più spinosa degli armamenti. Mentre da Pristina, dove era a presenziare all’insediamento del generale Barduani al comando della Kfor, il ministro della Difesa Guido Crosetto si spinge oltre e chiede un cambio radicale delle regole di ingaggio della missione internazionale in Libano
È Macron a commentare per primo la notizia di nuovi “incidenti” alle basi Unifil. «Fermare la cessione di armi a Israele utilizzate a Gaza e in Libano è l’unica leva per porre fine ai conflitti», dice al termine del summit dei Paesi Med9 a Pafo, a Cipro. «Vogliamo che ciò non si ripeta, ne abbiamo parlato con Meloni e Sánchez».
Non a caso, dunque, dall’incontro cipriota esce un comunicato, firmato da Italia, Spagna e Francia, di condanna agli attacchi a Unifil, «ingiustificabili», perché costituiscono «una seria violazione degli obblighi di Israele previsti dalla risoluzione 1701 e dalle leggi umanitarie». I tre Paesi, i cui soldati costituiscono lo zoccolo duro della missione Onu, reclamano il cessate il fuoco immediato. E Giorgia Meloni anticipa uno dei temi del prossimo G7 Difesa a Napoli: «Implementeremo i nostri sforzi per rafforzare le forze armate libanesi». Le sole che, a norma della 1701, possono intervenire per smantellare i covi di Hezbollah. Cosa che però non fanno e non hanno praticamente mai fatto.
Nel comunicato non c’è però quel che sta più a cuore a Macron e Sánchez, cioè la richiesta all’Ue di fermare le forniture di armi. Da ciò che risulta a Repubblica, Meloni non ha voluto che il passaggio fosse esplicitato per evitare lo strappo definitivo con il premier israeliano. Del resto è il ragionamento ribadito a Palazzo Chigi – l’Italia ha già detto che dal 7 ottobre 2023 non dà più armamenti e munizioni. Anche se alcune inchieste giornalistiche, basandosi su dati dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, riportano di un export di materiale bellico verso Israele per 2 milioni di euro nel bimestre dicembre 2023-gennaio 2024.
Nonostante la cautela, l’Italia non ha intenzione di lasciar cadere le proteste per gli spari alla base dove è acquartierata la Brigata Sassari. Crosetto ha avuto un’aspra telefonata con il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant.
«Gli ho detto: cosa dobbiamo fare se succederà di nuovo? Dobbiamo rispondere?», evocando così una reazione armata contro l’Idf che le regole di ingaggio prevedono, quando l’incolumità degli operatori è a rischio. «Unifil non se ne va, e non sarà Gallant a dare ordini ai soldati di 40 nazioni».
La sua idea è allentare le regole di ingaggio per concedere più autonomia operativa ai 10.500 caschi blu: al momento non possono neppure fermare un’auto o perquisire una casa senza la presenza dell’esercito regolare libanese. Che però non c’è quasi mai (dovevano essere 15.000 militari, non sono mai stati più di 2.000), lamentando scarsi equipaggiamenti e paghe da fame
Motivo per cui Crosetto vuole aumentare il numero delle nazioni partecipanti a Unifil, irrobustire il contingente e fornire ai libanesi risorse e addestramento per permettergli di fare ciò che prevede la 1701: disarmare Hezbollah
(da agenzie)
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