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USO’ L’AEREO DI STATO A FINI PRIVATI, I PARTITI SALVANO CALDEROLI: TERZO POLO VERGOGNA!

Marzo 1st, 2012 Riccardo Fucile

IL SENATO VOTA CONTRO L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE: RESPINTA PER 219 A 66… META’ PD E TERZO POLO REGGONO IL MOCCOLO ALL’APPROFITTATORE E GLI EVITANO IL PROCESSO: COMPLIMENTI PER IL BELL’ESEMPIO

La richiesta “motivata” è scritta su un foglio prestampato.
Dice che il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli ha bisogno di un volo di Stato per “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”.
Quali, non si sa.
Non c’è nessuna casella per specificare quale impegno lo aspetta. L’unico elemento aggiunto a penna è la tratta: “Roma — Cuneo”. Andata e ritorno, si intende.
Era il 18 gennaio di un anno fa e l’ex ministro della Lega era corso in Piemonte, a vedere come stava il figlio della compagna, coinvolto in un incidente stradale.
Il Tribunale dei ministri ritiene che a quel volo non avesse diritto: quando ha compilato quel modulo prestampato ha ingannato i funzionari, ha commesso una truffa aggravata ai danni dello Stato.
Così ha chiesto al Senato di poterlo giudicare. Ma basta vedere Calderoli nei corridoi di palazzo Madama abbracciare il suo avversario Rutelli (“Grazie, Francesco”) per capire come è andata a finire.
Con 219 voti, ieri il Senato ai giudici ha detto no.
Eppure quel viaggio a Cuneo dell’ex ministro poteva essere l’occasione per scoprire qualcosa in più sul “colabrodo” dei voli di Stato nell’era Berlusconi.
Il senatore Pd Francesco Sanna ci aveva provato, aveva chiesto alla Giunta per le autorizzazioni di approfondire, di sentire Gianni Letta, che all’epoca era il delegato della presidenza del Consiglio.
Voleva chiedergli una cosa semplice: “Ma per tre anni e mezzo hanno fatto tutti così?”.
Già  perchè Roberto Calderoli, “interrogato” dalla stessa giunta, ha spiegato che lui non ha ricevuto nessun trattamento di favore: le procedure per la richiesta “motivata” al volo-blu erano le stesse per tutti.
“Erano semplicemente pro-forma — racconta Sanna — Era un modulo meramente ripetitivo della formula contenuta nella direttiva della presidenza del Consiglio, senza nessuna precisazione di merito”.
La conseguenza è semplice: nessun controllo.
Quel modulo così generico, dice ancora il senatore Pd, “vanificava qualsiasi possibilità  di valutazione da parte degli uffici competenti”, tolta quella per cui si controllava se non ci fossero voli di linea disponibili.
Invece la Giunta ha detto no: gli approfondimenti richiesti da Sanna (che era relatore del caso) non servivano: quale truffa può aver commesso?
Non è lui ad aver mentito, sono gli altri che non gli hanno chiesto niente.
Calderoli non si tocca. Nè si scoperchia il pentolone degli aerei blu.
Ci aveva provato nella primavera del 2010 la deputata radicale Elisabetta Zamparutti, chiedendo al governo Berlusconi come mai la Finanziaria di quell’anno avesse “aumentato di ben sei volte i fondi per i voli di Stato”.
Le risposero che le sue erano informazioni “imprecise” e che la maggior parte delle risorse erano destinate a “spese di investimento” e non ai voli in sè. Aggiunsero che nei primi tre mesi del 2010 le ore di volo erano state 486, 99.
Ora il governo Monti fa sapere che nei suoi primi cento giorni ha ridotto le ore di volo del 92 per cento per un risparmio, su base annua, di 23, 5 milioni di euro.
Impossibile scoprire a quale dato faccia riferimento quel 92 per cento.
Allo stesso periodo dell’anno precedente?
E come viene considerata la riduzione dei beneficiari, visto che oggi i membri del governo sono 46 mentre prima erano 65?
Di sicuro veder arrivare Mario Monti a Roma per il suo giuramento in treno è stata un’immagine mai vista prima.
Ma ritorniamo al caso Calderoli: hanno votato contro la richiesta dei giudici di processarlo Lega, Pdl e di fatto il Terzo Polo anche se ufficialmente aveva lasciato libertà  di coscienza.
Ha votato a favore l’Idv.
Si è spaccato il Pd, altrimenti i voti contro Calderoli avrebbero dovuto essere 129 e non 66.
La tesi difensiva del leghista è che il giorno dopo alle 15 avrebbe dovuto presiedere una commissione (impegno peraltro contestato dai giudici) e l’aereo di Stato, anche per una sua esigenza personale, era quindi necessario per poter rientrare a Roma in tempo.
Ma se anche fosse vero, è una tesi ridicola, come non potesse rinviare la riunione   della Commissione o farsi sostituire dal vice.
Come se in auto o in treno non potesse tornare in tempo per le 15 del giorno dopo.
Da questa vicenda emerge che basta compilare vagamente un foglio di servizio e si può “ordinare” un aereo di Stato per esigenze personali, nello stile peggiore della Casta, senza alcun controllo.
Se un consigliere regionale piemontese non avesso denunciato lo scandalo, nessuno avrebbe mai saputo nulla.
Pare che i giudici avessero quantificato in 15.000 euro la spesa per il viaggetto del ministro: Calderoli   avrebbe fatto bene a chiedere scusa e versare l’importo a risarcimento.
Ma la sua “etica padagna” non glielo ha consigliato: più facile denunciare gli sperperi altrui che i propri, vero?
Quanto al Terzo Polo si vergogni: non solo non sa neanche cogliere le occasioni per denunciare gli intrallazzi leghisti, ma gli tiene pure bordone.
Complimenti per aver tutelato la legalità  e la dignità  delle istituzioni.
Avviso al cittadino comune: quando un vostro parente ha un incidente, non affannatevi a correre coi vostri mezzi nella notte a visitarlo, rischiando la pelle, fatevi mandare un aereo di Stato.
Se ne ha diritto un soggetto come Calderoli, ne avete certamente più titolo voi.

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LA P2 DELLA LEGA: LA LOGGIA SEGRETA DEL CARROCCIO BRESCIANO

Febbraio 28th, 2012 Riccardo Fucile

STAMPELLE PER ANNI DEI SIGNORI DELLA P2, I LEGHISTI HANNO BEN DIRITTO A UNA LOGGIA TUTTA PER LORO… LA “SUPREMA MILITIA EQUITUM CHRISTI GRAN PRIORIATO SANTI APOSTOLI”

L’informazione della provincia è meno leale dell’informazione nazionale: quell’imbarazzo dell’incontrarsi per strada e i poteri soffocanti di chi controlla giornali e Tv.
Brescia, per esempio, travolta da una baraonda che inguaia il Carroccio: Tempo Moderno on line, radice socialista, rompe la riservatezza che accompagna il rapporto d’affetti tra la Lega e l’establishment di una città  devota.
Racconta della loggia segreta (e un po’ carnevalesca) del Bossi ormai spaventapasseri dei berluscones, il correre da solo che spaventa il Cavaliere.
E Belpietro, corsaro al servizio di Arcore, prova a tamponare distribuendo l’elenco degli affiliati sorpresi nell’oscurità : Rolfi vicesindaco, Monica Rizzi, baby sitter politica del Trota, promossa per meriti speciali assessore della Regione Lombardia o Attilio Visconti ex viceprefetto oggi prefetto a Pesaro, un passato nei servizi segreti. Fra i numerari della “Suprema Militia Equitum Christi Gran Priorato Santi Apostoli”, Bruno Caparini, ombra del leader, è “Gran Baylò” (?) dei Cavalieri raccolti nelle cinque logge nord di un’associazione “benefica” che alle opere buone dedica qualche spicciolo.
E poi massoni col cappuccio della Gran Loggia Regolare, non solo bresciani, ma riuniti chissà  perchè attorno all’Arezzo di Licio Gelli dove i Santi Apostoli conservano i sacri elenchi dei quali è proibito mormorare.
Indiscrezioni punite con l’espulsione.
Se Arezzo resta la capitale virtuale, il cuore batte a Bergamo, Monza, Como, soprattutto Brescia.
Comanderia nella chiesa di San Gottardo, assistente spirituale don Arnaldo della Val Camonica: Cavalieri in preghiera decidono raccomandazioni e appalti.
La folla dei Novizi coltiva il sogno dell’avvolgersi nel mantello bianco segnato dalla croce dei Templari.
Ne ammirano l’eleganza durante il Gran Capitolo della Luce, trascrizione massonica della presentazione di Gesù al tempio.
Non si sa se ridere o impaurirsi, ma Bossi e Maroni vanno capiti.
Stampelle per anni dei signori P2, hanno pur diritto alla dignità  di una loggia tutta per loro.
Sfogliare i giornali della città  è una sorpresa: nessuno se ne è accorto.
Nemmeno Il Giornale di Brescia che “raggiunge 387 mila lettori”. Silenzio delle sue Teletutto, Telenord Numerica, Radio 17, Brescia on line.
Anche la concorrenza di Brescia Oggi trascura lo scandalo di una città  dove il blasone delle grandi famiglie resta “l’aver accesso a Sua Santità ”.
Il Giornale di Brescia è proprietà  della Chiesa, proprietà  un tempo locale forse oggi scivolata a Roma.
Lo racconta una ricerca per l’Università  di Parma di Massimo Guadrini; lo scrive il professore della Cattolica Maurizio Lovati nel libro “Giacinto Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili”.
Tra il ’49 e il 1950 compra le azioni del Giornale: Folonari se ne libera quasi gratis in cambio di un titolo nobiliare, l’ultimo concesso dal Vaticano. E il vescovo prega Giovanni Battista Montini, allora segreteria di Stato, di conservare il segreto per evitare che i Beretta delle armi in concorrenza ai fabbricanti di vino aprisse un altro quotidiano.
Segreto custodito fino al libro di Lovati pizzicato con malevolenza dal Giornale governato dal notaio Comatini, presidente della Fondazione Paolo VI: è lui ad accogliere le visite di papa Ratzinger.
Il grande foglio racconta la Lega con doveroso riguardo e qualche entusiasmo insolito in un quotidiano prudente “costretto” a tener conto del Bossi signore delle vallate dove un tempo la Dc vegliava ogni potere.
Le parrocchie continuano a essere filtro di chi chiede e spera; la diocesi si adatta alla nuova realtà .
E il Giornale annuncia con l’allegria di una gita degli ultras i 18 pullman del Carroccio in partenza per la protesta di Milano contro il governo.
Insomma, la scoperta della loggia templare è una tempesta da valutare con calma. Prima o poi se ne parlerà , ma con dovuta prudenza.

Maurizio Chierici
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA SFIDA TRA BOSSI E MARONI E’ SUL NUMERO DEI CULI SEDUTI AD ASCOLTARLI

Febbraio 28th, 2012 Riccardo Fucile

E’ DERBY ALL’ULTIMO COMIZIO, MARONI SEMBRA AVERE PIU’ APPEAL E RIEMPIE LE SALE PIU’ DI QUANDO SUONAVA IL SAX… IL SENATUR ARRANCA TRA POSTI VUOTI E MALUMORI CERCHISTI… MA C’E’ CHI DICE CHE MARONI NOLEGGI PULMANN DI TRUPPE CAMMELLATE

Maroni batte Bossi. Almeno sul palco.
Un tempo, i comizi del Senatur erano oggetto imperdibile. Posti in piedi, autografi. Slogan.
Oggi il vecchio leone sembra ruggire meno forte. C’è un delfino di nome Bobo che può vantare un appeal più fresco. Basta prendere come esempio il comizio dell’altra sera a Sassuolo.
Sul palco c’è l’Umberto, come lo chiamano confidenzialmente quelli del cerchio magico.
La platea supera a mala pena le 150 persone. Tanto che Bossi fa un comizio dove dice l’essenziale.
Giusto che Berlusconi gode dell’assoluzione (in realtà  si riferiva alla prescrizione per il caso Mills, ndr) solo perchè il governo ha bisogno dei suoi voti.
Applausi, certo. Ma pochi.
Basta confrontare con quello che è accaduto una settimana prima a Parma: in questo caso il numero dei presenti è superiore e di molto ai 300. Molti sono in piedi.
Maligni dicono che Maroni si porti dietro i suoi fan con pullman da lui (o dalla Lega?) pagati. Ma sicuramente è un altro comizio, con un’altra platea.
Che la lotta tra i due sia aperta da mesi non è un mistero.
E se il termometro sono le presenze ai comizi, un vincitore c’è già  e non si chiama Bossi.
La foto è proprio quella che pubblichiamo in quest’articolo.
Parma: lunedì 20 febbraio alle 21, nell’auditorium della Camera di commercio l’ex ministro dell’interno, Roberto Maroni, davanti a una sala colma (più di 280 i posti disponibili) presenta il candidato sindaco per le prossime amministrative.
Forse dell’ordine schierate all’esterno e tanti militanti non trovano sedie libere.
Sassuolo: domenica 26 febbraio, stessa ora.
Il senatur scende dall’auto coi vetri oscurati. Oltre il muro di giornalisti, telecamere e fotografi trova tante seggiole vuote.
Un cartello all’ingresso dell’aula magna dell’istituto scolastico Volta dove si tiene il comizio recita: capienza massima 250 persone.
Forse il discorso di un qualunque politico locale avrebbe riempito di più quella sala e magari ci sarebbero state, come ieri sera, due o tre utilitarie della polizia.
Quali problemi di ordine pubblico ci possono essere a un comizio di Bossi?
Maroni è da giorni impegnato in un tour per il nord e dovunque vada riempie teatri.
A Vigonza, provincia di Padova, venerdì sera il gestore della sala dove Bobo doveva parlare ha dovuto chiamare i carabinieri per bloccare gli accessi: in sala c’erano 250 persone in più rispetto alle 380 ospitabili.
Stasera a Milano ci sarà  una cena organizzata dalla segreteria provinciale del Carroccio con già  500 adesioni.
Nei giorni scorsi in un meeting leghista a Bergamo con Bossi e Roberto Calderoli lo stesso senatur avrebbe mal digerito le ovazioni tributate a Bobo.
Una cosa simile era successa a Milano un mese fa, in piazza.
L’ex titolare degli Interni, sotto gli occhi di ‘re Umberto’ si era rifiutato di stringere la mano a due esponenti del cerchio magico bossiano, Rosi Mauro e Roberto Reguzzoni, mentre il popolo in piazza Duomo gridava “Maroni, Maroni”.
Ma ieri a Sassuolo erano anche le assenze alla visita di Bossi a far più rumore.
Da Bologna, poche decine di chilometri di distanza, c’era solo la consigliera comunale Lucia Borgonzoni (che, va detto, era presente anche a Parma), mancavano invece le altre due.
Dei consiglieri regionali assenti due su quattro. Mancavano Roberto Corradi e Manes Bernardini, ex candidato sindaco a Bologna per il centrodestra e maroniano doc, che lunedì non aveva esitato a farsi il viaggio dal capoluogo fino a Parma per seguire Bobo in prima fila.
Non è bastata insomma la direttiva di metà  gennaio (subito ritirata) con cui il segretario della Lega lombarda, col placet del segretario federale Bossi, vietò l’organizzazione di comizi del partito in cui parlasse il solo Maroni.
“Mi viene da vomitare — scrisse allora l’ex ministro dell’Interno — c’è chi mi vuole cacciare dalla Lega, ma io non mollo”.
E infatti, almeno a vedere la situazione da questa sponda del “dio Po”, Bobo sta conquistando il partito. Conosce la macchina dello Stato (quello italiano e non solo quello padano), cita tutte le sue conquiste da ministro.
Soprattutto non c’è comizio in cui non tessa le lodi dell’amico Umberto. “Mia moglie mi dice sempre che io sono sposato prima con Bossi”, ha ripetuto scherzosamente anche a Parma.
Poi dice che le divisioni ai vertici del partito sono “invenzioni dei giornalisti”.
Il vecchio leader, anche ieri sera, la parola Maroni non l’ha pronunciata nemmeno una volta e, allo stesso modo, non ha fatto alcun cenno alle divisioni interne al partito.
Dopo il Va pensiero di rito ha parlato per qualche minuto di governo e dell’ex alleato Berlusconi, tanto per dare due notizie ai giornalisti in sala.
Ma dietro il muro delle tv, quelle sedie vuote erano davvero tante.
Il cuore leghista batte da un’altra parte.

David Marceddu
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BELSITO CANDIDATO SINDACO DI GENOVA

Febbraio 25th, 2012 Riccardo Fucile

LA LEGA   SCIOLGA LA RISERVA E ANNUNCI IL SUO ASSO NELLA MANICA: IL TESORIERE DELLA LEGA E’ L’UOMO ADATTO PER FAR QUADRARE I CONTI DEL COMUNE


L’UNICO CANDIDATO CAPACE DI RIDARE LUSTRO AGLI STUDI UNIVERSITARI E IMPULSO A NUOVE ISCRIZIONI ALL’ATENEO GENOVESE, ELIMINANDO E “SEMPLIFICANDO” NOIOSE PASTOIE BUROCRATICHE

IL POLITICO ADATTO A RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA VIABILITA’ E DEI PARCHEGGI IN CITTA’, COME AMPIAMENTO DIMOSTRATO CON LA CREAZIONE DI NUOVI SPAZI PER LA SUA PORSCHE CAYENNE DAVANTI ALLA QUESTURA

UN CONCLAMATO ESPERTO DI PROBLEMI DEL LAVORO AVENDO DIMOSTRATO DI SAPERNE CAMBIARE TANTI E CON CRESCENTE SUCCESSO: POTREBBE FARE IL SINDACO AUTISTA, IL SINDACO PORTABORSE, IL SINDACO IMPRENDITORE, IL SINDACO FINANZIERE, IL SINDACO TESORIERE, IL SINDACO IMITATORE DI FIRME, IL SINDACO BANCARIO CAMBIA-ASSEGNI, ALTRO CHE BERLUSCONI.

UNO SPECIALISTA DI INVESTIMENTI FINANZIARI ALL’ESTERO, IDONEI A RIDARE FIATO ALLE ESANGUI CASSE COMUNALI OLTRE CHE AD APRIRE ALLA CITTA’ NUOVI SPAZI E RAPPORTI COMMERCIALI CON LA TANZANIA

UN ESPERTO DI PROBLEMI DEL MARE, COME AMPIAMENTE DIMOSTRATO DALLE SUE IMMERSIONI SUBACQUEE AI RADUNI PADANI DI CAMOGLI, DI TRASPORTI (IN AUTO BLU) E DI TRASPARENZA NEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

I PROFESSORI DORIA E MUSSO COMINCINO A TREMARE, NON POSSONO CERTO ESSERE ALL’ALTEZZA DEL “DOTTOR” BELSITO

LIGURIA FUTURISTA
Ufficio di Presidenza

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“SECOLO XIX”: IL “DOTTOR BELSITO”, L’IRRESISTIBILE CARRIERA SCOLASTICA DEL TESORIERE DELLA LEGA TRA CARTE FALSIFICATE E SCUOLE FANTASMA

Febbraio 24th, 2012 Riccardo Fucile

DICE DI AVERE DUE LAUREE, MA LA G.d.F. SOSTIENE CHE NON HA NEPPURE IL DIPLOMA….I PM LO HANNO INDAGATO PER FALSIFICAZIONE DI ATTO PUBBLICO… SOSTIENE DI ESSERSI LAUREATO IN GRAN BRETAGNA MA DICHIARA DI CONOSCERE SOLO IL FRANCESE… “LIGURIA FUTURISTA” ATTACCA: “E’ TESORIERE ANCHE DELLA LEGA LIGURE, CARICA INCOMPATIBILE CON QUELLA NAZIONALE”

Due lauree? A leggere gli atti di un’inchiesta, Francesco Belsito non ha neppure il diploma superiore.
Ma allora, quali studi ha fatto, sul serio, il potente tesoriere nazionale della Lega Nord ed ex sottosegretario di Berlusconi?
Sono veri i titoli fatti pubblicare anche sui documenti del governo dall’uomo che per conto di Umberto Bossi gestisce oltre 30 milioni di euro l’anno, due terzi in finanziamenti pubblici?
E poi: aveva titoli adeguati a ricoprire cariche come quella di vicepresidente alla Fincantieri o di consigliere di amministrazione Filse, cassaforte della Regione?
Le ombre scaturiscono dagli atti di un’inchiesta per falso in cui Belsito rimase coinvolto nel 2002.
L’anno prima aveva scampato miracolosamente quelle per bancarotta e false fatture, nelle quali un curatore fallimentare lo accusava di essersi intascato “indebitamente” assegni per centinaia di milioni e di aver fatto la bella vita con la carta aziendale.
Nello stesso periodo, Belsito aveva chiesto di iscriversi all’Università  di Genova, dove la sua carriera sarà  “annullata”: così risulta anche da una verifica fatta a suo tempo dal “Secolo XIX”.
Perchè?
Ora i motivi sono chiari: il diploma che Belsito presenta all’ateneo ligure ha le sembianze di una patacca.
E’ talmente singolare che l’Università  stessa lo spedisce in Procura e chiede di fare qualche accertamento.
Il “titolo” che finisce nelle mani degli inquirenti è (sarebbe) stato conseguito nel 1993 all’istituto privato “Pianma-Fejevi”.
Una particolare scuola con sede in corso Risorgimento a Frattamaggiore (Napoli), specializzata in “recupero anni” e maturità , diciamo, abbastanza snelle.
Fosse questo il problema.
La domanda che si pongono Procura e Finanza, delegata agli accertamenti, è netta: l’ha fatto o no, Belsito, quell’esame, nel 1993, dopo il quale sarebbe diventato “perito commerciale e ragioniere”?
La risposta non conforta.
Primo: “il nome di Belsito non risulta nell’elenco degli esaminandi”.
Secondo: “la firma del preside non corrisponde”.
Terzo punto: i finanzieri di Afragola hanno in mano una copia del diploma e sollevano dubbi sulla fattura dei timbri.
Belsito spiegò così il problema “C’era un problema di timbri, nulla di che…”.
Belsito ha poi sostenuto che finì a Frattamaggiore per un accordo vigente fra un istituto privato genovese, il “Palazzi”, e la scuola napoletana (abilitata a celebrare i test conclusivi).
Gli allievi venivano mandati al Pianma-Fejevi dove la tornata aveva valore legale.
Il punto è, e se lo chiedono già  nel 2002 le forze dell’ordine: al di là  dell’opinione personale che ciascuno può forgiarsi sulla credibilità  di quel percorso formativo, Belsito ci è andato almeno al “Palazzi”?
I finanzieri lo chiedono direttamente alla preside Maria Luisa Berti, durante un interrogatorio andato in scena il 24 luglio 2002.
L’insegnante non ha   dubbi: “Inviai effettivamente dei maturandi al Fianma-Fejevi, ma non risulta che Belsito sia mai stato da noi”.
In sintesi: secondo le Fiamme Gialle il diploma è contraffatto e la dirigente della scuola che avrebbe dovuto preparare Belsito a sostenere l’esame fuori regione, sostiene di non averlo mai visto.
E l’inchiesta per falso?
Belsito fu rinviato a giudizio, ma miracolosamente non condannato.
All’Università  di Genova invece bastarono i riscontri dell’indagine e la sua carriera accademica, appena iniziata, fu “annullata”.
A complicare l’attendibilità  del titolo che gli ha permesso di occupare qualificate e retribuite poltrone, contribuiscono le dichiarazioni del suo ex amico e socio Ermanno Pleba.
Durante un interrogatorio dichiara: “Gli diedi 2000 euro per finire di comprarsi il diploma, mi pare dalle parti di Napoli. Belsito ha la terza media, su questo non ci piove, E io lo conosco molto bene”.
La terza media?
Nei curricula con cui Belsito cercava di accaparrarsi cariche ovunque indicava un presunto “diploma di laurea” in Scienze della comunicazione”.
Sul sito del Governo (era   sottosegretario alla semplificazione”) vantava invece una laurea di Scienze politiche.
Che cosa aveva conseguito davvero?
E soprattutto dove, visto che l’unica università  italia cui aveva provato a iscriversi (Genova) lo aveva depennato, non credendo ai pezzi di carta, secondo lui rilasciati a Frattamaggiore?
Secondo Belsito, la laurea in Comunicazione sarebbe stata ottenuta in un ateneo di Malta, non riconosciuto in ogni caso dall’ordinamento italiano.
Quella in Scienze politiche sarebbe maturata a Londra, in una università  mai precisata e a suo dire teoricamente riconosciuta: ma perchè quel titolo abbia valore, deve esserci prima il passaggio formale in un ateneo italiano.
Non è mai avvenuto.
Che Belsito abbia sempre avuto qualche problema nel procurarsi “i titoli” è scritto anche altrove.
Dal casellario giudiziario risulta nel 2004 una condanna, per “guida di veicolo senza aver conseguito la patente”, a 1 mese e 10 giorni.
Le macchine, come la scuola, lo perseguitano, ma alla fine la patente riesce a ottenerla.
E da sottosegretario è beccato a posteggiare la sua Porsche Cayenne da 100.000 euro nei parcheggi riservati ai poliziotti della questura di Genova.
I sindacati insorsero e l’allora questore Piritore (uno che quando c’era da distribuire premi per meriti di servizio non trovò di meglio che darlo alla moglie, anche lei poliziotta) corse in suo aiuto, dicendo che era una soluzione per garantirne la sua sicurezza (anche se quegli spazi sono assai poco protetti, in realtà ).
Problemi con i titoli sempre.
Nel dicembre 2000 sequestrarono a casa di Belsito due assegni per un totale di 60 milioni “stracciati e poi accomodati con un nastro adesivo”.
Che roba era?
Secondo il giudice “assegni che Belsito non aveva granchè titolo a custodire”.
Dopo la bufera sui fondi pubblici dirottati in Tanzania e Cipro, diverse forze politiche si sono affacciate sul caso.
L’ultima è “Liguria Futurista”: “Belsito risulta ancor oggi tesoriere non solo nazionale, ma anche della Lega ligure, ma la carica è incompatibile secondo lo statuto. Ciò significa che gode sempre della massima fiducia dei dirigenti locali?”
Un altro titolo quindi che potrebbe essere messo in discussione.
Mentre sembra che avessero tutti i requisiti del caso alcuni amici liguri di Belsito (della zona chiavarese)   che hanno svolto incarichi da consulenti per il piano casa del ministro Calderoli (al quale faceva capo il Belsito sottosegretario)   durante l’ultimo governo Berlusconi.
Si tratta di Sabrina Dujani e di Alessandro Agostino (figlio del sindaco di Chiavari Vittorio): lavorarono per un breve periodo a Palazzo Chigi.
Entrambi hanno un rapporto privilegiato con Belsito: per la fedelissima Dujani, Belsito aveva previsto anche un futuro da segretario politico della Lega nel Tigullio. Per Agostino aveva immaginato un incarico in Fincantieri.
Ma le due operazioni sono state subito stoppate: la Dujani sembrava un’emanazione troppo diretta di Belsito e su Agostino pesava una condanna in secondo grado (condivisa con il padre).

Matteo Indice e Giovanni Mari
(da “Il Secolo XIX”)

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BOSSI: “TOSI NON PUO’ FARE UNA SUA LISTA”, SI APRE LA GUERRA IN VENETO

Febbraio 23rd, 2012 Riccardo Fucile

IL SENATUR BLOCCA IL SINDACO USCENTE DI VERONA… QUANDO IL GIOCO SI FA DURO, I DURI COMINCIANO A GIOCARE:   ORA VEDIAMO CHI SONO I CACASOTTO, SE I CERCHISTI O I BARBARI SOGNANTI

Il sindaco di Verona Flavio Tosi “non può fare una lista personale”. Alla fine è arrivata la voce del Capo, Umberto Bossi, per stoppare il primo cittadino scaligero. Ma la volontà  del Senatùr questa volta potrebbe cadere nel vuoto.
Tosi non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua lista.
Lo ripete da un mese, da quando cioè la segreteria nazionale, guidata dal bossiano Gian Paolo Gobbo, ha emesso il verdetto: divieto categorico di liste nominali.
Lui prima ha tentato la mediazione, poi ha minacciato di ritirarsi, infine è andato a In Onda a garantire che la sua lista “ci sarà ”.
Ricordando che “già  nel 2007 presentammo una lista Tosi che ottenne il 17%”, più di quella della Lega.
E concludendo: “Il punto è riuscire a vincere e la Lega da sola non raggiunge il 50%”. Al suo fianco si è schierato da subito il sindaco di Varese, Attilio Fontana, che ha definito Tosi “indispensabile” per il Carroccio, e il governatore Luca Zaia che, in un’intervista al quotidiano veronese l’Arena ha definito Tosi “Leghista vero e nostro uomo di punta”.
Caduto nel vuoto dunque il diktat della segreteria nazionale, rimasto inascoltato il monito di Roberto Calderoli (che ha anche cacciato Tosi dalla vicepresidenza del Parlamento Padano), adesso è intervenuto il Capo, Bossi.
E la parola del Senatùr, per i leghisti, è legge.
O almeno lo è stata fino a oggi.
Perchè il partito è letteralmente spaccato in due: da una parte i Barbari Sognanti, che invocano il passaggio del Carroccio nelle mani di Roberto Maroni, dall’altra i cosiddetti cerchisti, i “badanti” che hanno accerchiato Bossi manipolandolo (secondo la base) in funzione del proprio tornaconto.
E dopo gli scontri in Lombardia, con il congresso di Varese finito tra contestazioni al Senatùr, il repulisti fatto in Emilia e Liguria, commissariate da Rosi Mauro, ora la battaglia arriva in Veneto.
A Verona, in particolare, dove il sindaco Tosi, convinto e fedele maroniano, rischia di vincere le prossime elezioni a mani basse.
Ma per gli ortodossi bossiani una sua vittoria equivarrebbe alla presa del potere da parte dei Barbari Sognanti.
La guerra interna ha ormai raggiunto l’apice, tanto che Calderoli (da sempre acerrimo nemico di Tosi) e gli altri colonnelli di via Bellerio, sono propensi a commissariare il Veneto fino a cacciare dal partito lo stesso Tosi.
La filosofia dei talebani bossiani la riassume chiaramente Flavio Tremolada, “l’assessore sceriffo” alla sicurezza del comune di Lesmo, nonchè braccio destro del cerchista Marco Desiderati.
“A noi non interessa vincere le elezioni o conquistare un Comune, non ce ne facciamo niente: noi vogliamo ripulire il partito, anche se questo significa tornare al 2, 3 per cento”.
Tremolada intravede il commissariamento del Veneto come una necessità  e applaude anche all’annuncio di Bossi sulla possibilità  di lasciare la giunta di Roberto Formigoni in Regione Lombardia.
“Dobbiamo ricominciare? Lo faremo, ma prima di tutto bisogna ripulire in casa nostra”.
Dovrà  ricredersi dunque Maroni che lunedì scorso, durante un comizio a Parma, aveva archiviato lo scontro sulla lista di Tosi come “un film visto solo dai giornalisti”.

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“SECOLO XIX”, ALTRE RIVELAZIONI SCOTTANTI SUL TESORIERE LEGHISTA BELSITO: “FACCIO REGALI AI FINANZIERI, CAMBIAI 40 MILIONI DI LIRE CHE POI LA BANCA NON PAGO'”

Febbraio 23rd, 2012 Riccardo Fucile

IL NOTAIO CHE SALVO’ BELSITO OGGI E’ PRESIDENTE DELLA FILSE… MUTUI, AUTO E CHAMPAGNE PER LE FIAMME GIALLE… UN SUO AMICO ISPETTORE DI POLIZIA ARRESTATO… L’ESCALATION DEL POLITICO CHE GESTISCE 20 MILIONI DI FONDI PUBBLICI L’ANNO

L’uomo d’oro e tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito, l’ex sottosegretario che, secondo una serie di dossier fino ad oggi sconosciuti, si è costruito un tesoretto falsificando assegni o intestandoseli senza titolo, nelle sue acrobazie finanziarie aveva un notaio fedelissimo che al momento governa la Filse, cassaforte della Regione Liguria.
Non solo.
Per anni ha mantenuto, quali sponde privilegiate, appartenenti alle forze dell’ordine: loro gli segnalavano potenziali clienti potendo contare su informazioni privilegiate, lui li aiutava a ottenere mutui, prestava auto, cambiava cheque scoperti e faceva regali. Ma si giustificava davanti ai giudici con un “non mi sembra una forma di corruzione”.
E prima di entrare nelle grazie di Umberto Bossi, per il quale gestisce decine di milioni di euro ogni anno di rimborsi elettorali, faceva affari perlomeno bizzarri: “Avevo creato una società  per comprare la villa della principessa del Marocco” disse al pm che cercava di raccapezzarsi nel dissesto dell’azienza gestita da Belsito con un entorurage di trafficoni.
Belsito fu protagonista sul finire degli anni ’90 di due fallimenti ravvicinati: quello della Coast Service, intermediaria di un’altra impresa fallita, la Cost Liguria.
Per il secondo crac, il futuro tesoriere dela Lega rimase iscritto 4 anni sul registro degli indagati.
Alla fine la procura decise di accusare solo l’amministratore delegato, archiviando la posizione di Belsito che era uscito formalmente e sulla carta dalla società  prima che emettesse alcune false fatturazioni, prova regina del malaffare.
Secondo i suoi soci in realtà  Belsito rimase invece amministratore di fatto, ma l’abile mossa gli permise di non finire nei guai.
Oggi è possibile scoprire chi fu il suo consulente nel momento cruciale che gli curò la cessione   di quote: è la stessa persona che oggi è a capo della Filse, la società  della regione per le operazioni finanziarie.
E sempre della Filse Belsito è stato anche consigliere di amministrazione.
Il documento che certifica lo stretto rapporto tra Belsito e il notaio Biglia è una relazione   degli investigatori delegati a indagare sui fallimenti societari di Belsito.
Il 27 ottobre si presentano a casa di Ermanno Pleba, socio di Belsito nella Cost, e spunta l’atto di cessione di quote: Pleba e Belsito escono formalmente dall’azienda che tra poco verrà  travolta dal’inchiesta e ciò permetterà  loro di dribblare conseguenze penali.
Dichiara Pleba: “parliamoci chiaro, Biglia è l’uomo che ha aiutato Belsito in tutti i suoi affari”.
Biglia sarà  nel 2011 fortemente voluto a capo della Filse, la finanziaria della regione, da Giovanni Paladini, uomo di Antonio di Pietro in Liguria. Paladini, deputato,   è amico personale del notaio .
Ma Biglia l’incarico più in vista lo ottiene dal ministro leghista Calderoli: una consulenza sul piano casa.
Le carte delle vecchie indagini rivelano che negli anni degli assegni sospetti, i collaboratori occulti di Belsito erano un ispettore di polizia e un finanziere.
Il primo, tale Mauro Federico (che fu anche arrestato) lo accompagnava ovunque e rappresentava il perno per una serie di truffe.
A casa di Belsito saranno trovate copie di richieste di trasferimento dello stesso Federico alla Dia e al Sisde: “Gli cambiavo assegni è vero” sostenne Belsito.
Che coltivava anche amicizie di alto livello con le Fiamme Gialle e lo ammette in un interrogatorio: “il maresciallo Capone mi segnalava potenziali clienti, in virtù   della sua professione e io lo aiutai a ottenere un mutuo da 90 milioni, gli prestai una Golf, gli facevo qualche piccolo regalo. Una volta gli diedi 40 milioni per due assegni che la banca non gli voleva cambiare”.
Nella storia segreta di Belsito c’è anche l’antipasto delle sue future predilezioni esotiche ( stileTanzania).
Davanti ai giudici giustificò la creazione di una società , la Saint George, al solo scopo di acquistare una villetta per la principessa del Marocco. Le ambizioni rimasero però solo virtuali: la Saint George non fece mai nulla di operativo e non aprì neanche conti correnti”

( 2 continua)
Matteo Indice e Giovanni Mari
(da il Secolo XIX
)

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L’EX SOCIO DEL LEGHISTA BELSITO: “PER LUI PILOTAVO APPALTI, POI MI ROVINO'”

Febbraio 22nd, 2012 Riccardo Fucile

PARLA ERMANNO PLEBA: “GLI HO COMPRATO PERSINO I VESTITI, MI HA FATTO PERDERE SOLDI E CASE”

«Un giorno viene a trovarmi in ufficio Roberto Levaggi . Era stato della Dc, ai tempi militava in Forza Italia. Si porta appresso un ragazzotto, vestito in modo dimesso, e mi dice: “Ermanno puoi aiutarlo? Mi fa un po’ pena…”. Non gli avessi mai dato retta».
Ora che gli anni d’oro in cui si mungeva la Prima Repubblica sono passati, e restano solo i debiti e gli acciacchi, Ermanno Pleba è un’altra persona. Settantotto anni, una moglie invalida, le case di famiglia vendute per far fronte ai debiti: «Sono stato un manager piazzato ovunque dal partito, la Dc, e mi sono ritrovato senza una lira. Sapete a causa di chi? Francesco Belsito (lo chiama il “camoscio” , ndr), che ha approfittato del mio aiuto spennandomi. Mi ha fatto perdere almeno un miliardo».
Per contro, Levaggi, ex assessore regionale nella giunta di centrodestra guidata da Sandro Biasotti fra il 2000 e il 2005, oggi candidato a sindaco di Chiavari, smentisce la cosa: «Belsito? L’ho conosciuto che era già  impiegato da Pleba».
Pleba è stato davvero un manager: iniziò come direttore generale della Gemeaz (industria alimentare), piazzandosi poi nei consigli d’amministrazione di Oto Melara e Termomeccanica (dal ’92 al ’95), quindi ruoli di primissimo piano nelle spa genovesi.
«Ero nell’area della sinistra Dc. Loro mi mettevano ovunque e io ne tutelavo gli interessi».
Torniamo all’attuale tesoriere della Lega Nord, ed ex sottosegretario, Belsito.
«Quando Levaggi me lo presentò, aveva un’impresa di pulizie con un certo Varanzi (il faccendiere che nel corso di varie inchieste penali accuserà  Belsito di averlo rovinato, vedi sopra, ndr). Io ricoprivo un’alta carica in “Stazioni marittime spa”, a Genova, e gli feci avere un po’ di appalti, mi pare per 600 milioni delle vecchie lire».
Con gara pubblica?
«No no, non direi proprio, erano tempi diversi. Belsito faceva pena pure a me. Oltre a procurargli il lavoro, gli ho comprato dei vestiti: cappotto, giacca e pantaloni».
Aveva entrature politiche?
«Forza Italia lo aveva già  scaricato e si stava avvicinando alla Lega Nord, in particolare a Bruzzone (Francesco, ancora oggi segretario regionale, ndr). Soprattutto, cominciò a tampinare Maurizio Balocchi, l’ex tesoriere di Bossi: “Prima o poi prenderò il suo posto e ti restituirò tutto quello che mi dà i, con gli interessi”».
Balocchi è stato uno dei maggiorenti della Lega. Ex amministratore di condominio, al momento della morte nel 2010 – dopo una rielezione a deputato nel 2008 – era sottosegretario alla Semplificazione normativa di Berlusconi. Fu rimpiazzato, come sottosegretario e tesoriere, da Belsito.
Pleba, lei quando entrò in affari con Belsito?
«Misi quattrocento milioni in una società  d’intermediazione (la Cost Service, vedi articolo sopra, ndr) nel ’99. Li prelevai in due tranche in una banca in pieno centro a Genova e li portai con una valigetta nell’ufficio di via Venti settembre, dove c’era una specie di sede».
Solo quelli?
«No. Ne investii altri seicento per un affare immobiliare consigliato da Belsito, che andò in fumo come i primi quattrocento milioni».
Pleba qualche scheletro nell’armadio lo ha. Finito a bagno, le provò un po’ tutte.
Nel 2003 la polizia francese lo ferma nei pressi di Lione, vicino alla frontiera svizzera, con centomila euro in tasca.
Lo accusano di riciclaggio e le sue giustificazioni non convincono granchè. «Capisce come mi aveva ridotto Belsito?», riesce a dire oggi che non ha più niente da perdere, ma nemmeno da guadagnare: «Gli ho comprato il cappotto, mi ha turlupinato usandomi come testa di legno e ora gira in Porsche Cayenne».

(da “Il Secolo XIX“)

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I DIRIGENTI LIGURI DELLA LEGA E I PRECEDENTI DEL TESORIERE LEGHISTA BELSITO

Febbraio 22nd, 2012 Riccardo Fucile

LIGURIA FUTURISTA: LE STRANE AMNESIE DELLA SEGRETERIA REGIONALE DEL CARROCCIO

Alla luce delle ennesime rivelazioni sul “cursus honorum” del tesoriere della Lega, Francesco Belsito, coinvolto in crac e giri di assegni falsi proprio a Genova nel periodo 2000-2004, quindi con evidenti e riscontrabili atti processuali, ci chiediamo come “potevano non sapere” le gerarchie locali del Carroccio chi stavano accogliendo in casa.

Ci chiediamo in particolare:

1) Quali referenze e/o informazioni lusinghiere abbiano portato nel 2000 il segretario federale Bruzzone ad assumere, come   suo personale assistente stipendiato in Regione, il dott. Belsito.

2) Che ruolo avesse e che compiti svolgesse, sia pubblici che interni alla Lega, e per quale motivo è stato posto fine al rapporto di collaborazione.

3) Quali controlli siano mai stati effettuati in questi anni durante i quali il sedicente dott. Belsito ha scalato i vertici amministrativi della Lega, fino a gestire il rimborso elettorale di 12 milioni dirottandolo in fondi della Tanzania.

4) Visto che, nonostante le polemiche, Belsito risulterebbe ancora tutt’oggi tesoriere anche della Lega ligure (carica incompatibile secondo statuto con quella nazionale) ciò deve essere interpretato nel senso che egli gode sempre della massima fiducia dei dirigenti locali?

LIGURIA FUTURISTA
Ufficio di Presidenza

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