“SECOLO XIX”, ALTRE RIVELAZIONI SCOTTANTI SUL TESORIERE LEGHISTA BELSITO: “FACCIO REGALI AI FINANZIERI, CAMBIAI 40 MILIONI DI LIRE CHE POI LA BANCA NON PAGO'”
IL NOTAIO CHE SALVO’ BELSITO OGGI E’ PRESIDENTE DELLA FILSE… MUTUI, AUTO E CHAMPAGNE PER LE FIAMME GIALLE… UN SUO AMICO ISPETTORE DI POLIZIA ARRESTATO… L’ESCALATION DEL POLITICO CHE GESTISCE 20 MILIONI DI FONDI PUBBLICI L’ANNO
L’uomo d’oro e tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito, l’ex sottosegretario che, secondo una serie di dossier fino ad oggi sconosciuti, si è costruito un tesoretto falsificando assegni o intestandoseli senza titolo, nelle sue acrobazie finanziarie aveva un notaio fedelissimo che al momento governa la Filse, cassaforte della Regione Liguria.
Non solo.
Per anni ha mantenuto, quali sponde privilegiate, appartenenti alle forze dell’ordine: loro gli segnalavano potenziali clienti potendo contare su informazioni privilegiate, lui li aiutava a ottenere mutui, prestava auto, cambiava cheque scoperti e faceva regali. Ma si giustificava davanti ai giudici con un “non mi sembra una forma di corruzione”.
E prima di entrare nelle grazie di Umberto Bossi, per il quale gestisce decine di milioni di euro ogni anno di rimborsi elettorali, faceva affari perlomeno bizzarri: “Avevo creato una società per comprare la villa della principessa del Marocco” disse al pm che cercava di raccapezzarsi nel dissesto dell’azienza gestita da Belsito con un entorurage di trafficoni.
Belsito fu protagonista sul finire degli anni ’90 di due fallimenti ravvicinati: quello della Coast Service, intermediaria di un’altra impresa fallita, la Cost Liguria.
Per il secondo crac, il futuro tesoriere dela Lega rimase iscritto 4 anni sul registro degli indagati.
Alla fine la procura decise di accusare solo l’amministratore delegato, archiviando la posizione di Belsito che era uscito formalmente e sulla carta dalla società prima che emettesse alcune false fatturazioni, prova regina del malaffare.
Secondo i suoi soci in realtà Belsito rimase invece amministratore di fatto, ma l’abile mossa gli permise di non finire nei guai.
Oggi è possibile scoprire chi fu il suo consulente nel momento cruciale che gli curò la cessione di quote: è la stessa persona che oggi è a capo della Filse, la società della regione per le operazioni finanziarie.
E sempre della Filse Belsito è stato anche consigliere di amministrazione.
Il documento che certifica lo stretto rapporto tra Belsito e il notaio Biglia è una relazione degli investigatori delegati a indagare sui fallimenti societari di Belsito.
Il 27 ottobre si presentano a casa di Ermanno Pleba, socio di Belsito nella Cost, e spunta l’atto di cessione di quote: Pleba e Belsito escono formalmente dall’azienda che tra poco verrà travolta dal’inchiesta e ciò permetterà loro di dribblare conseguenze penali.
Dichiara Pleba: “parliamoci chiaro, Biglia è l’uomo che ha aiutato Belsito in tutti i suoi affari”.
Biglia sarà nel 2011 fortemente voluto a capo della Filse, la finanziaria della regione, da Giovanni Paladini, uomo di Antonio di Pietro in Liguria. Paladini, deputato, è amico personale del notaio .
Ma Biglia l’incarico più in vista lo ottiene dal ministro leghista Calderoli: una consulenza sul piano casa.
Le carte delle vecchie indagini rivelano che negli anni degli assegni sospetti, i collaboratori occulti di Belsito erano un ispettore di polizia e un finanziere.
Il primo, tale Mauro Federico (che fu anche arrestato) lo accompagnava ovunque e rappresentava il perno per una serie di truffe.
A casa di Belsito saranno trovate copie di richieste di trasferimento dello stesso Federico alla Dia e al Sisde: “Gli cambiavo assegni è vero” sostenne Belsito.
Che coltivava anche amicizie di alto livello con le Fiamme Gialle e lo ammette in un interrogatorio: “il maresciallo Capone mi segnalava potenziali clienti, in virtù della sua professione e io lo aiutai a ottenere un mutuo da 90 milioni, gli prestai una Golf, gli facevo qualche piccolo regalo. Una volta gli diedi 40 milioni per due assegni che la banca non gli voleva cambiare”.
Nella storia segreta di Belsito c’è anche l’antipasto delle sue future predilezioni esotiche ( stileTanzania).
Davanti ai giudici giustificò la creazione di una società , la Saint George, al solo scopo di acquistare una villetta per la principessa del Marocco. Le ambizioni rimasero però solo virtuali: la Saint George non fece mai nulla di operativo e non aprì neanche conti correnti”
( 2 continua)
Matteo Indice e Giovanni Mari
(da il Secolo XIX)
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