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PROROGA QUOTE LATTE, ITALIA SOTTO INDAGINE UE: SOSPETTATA DI AIUTI DI STATO, ORA PAGHI LA LEGA COI FONDI TANZANIANI

Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile

APERTA UNA PROCEDURA FORMALE CONTRO L’ITALIA: NEL MIRINO L’ENNESIMO RINVIO DI SEI MESI DEL PAGAMENTO DELLE SANZIONI, INSERITO NEL DECRETO MILLEPROROGHE SU PRESSIONE DELLA LEGA

La Commissione europea ha aperto nei confronti dell’Italia una procedura di indagine formale sugli aiuti di stato, invitandola a fornire informazioni in relazione alla proroga di 6 mesi al 30 giugno 2011, del pagamento della rata delle multe sul latte in scadenza al 31 dicembre 2010.
La proroga viene considerata dalla Commissione come un aiuto di Stato incompatibile con i trattati europei.
L’Italia ha un mese per rispondere a Bruxelles, presentando “le proprie osservazioni” e fornire chiarimenti.
La proroga al 30 giugno 2011 del pagamento delle multe per gli allevatori che avevano superato i limiti di produzione imposti a livello comunitario era stata inserita nel decreto Milleproroghe approvato il 25 febbraio 2011 durante una seduta infuocata e preceduto da un voto di fiducia.
Poco dopo l’approvazione, a fine febbraio la Commissione europea aveva inviato al governo italiano una lettera in cui si chiedevano chiarimenti sul rinvio.
Lo slittamento del pagamento delle rate sulle quote latte era stato molto criticato da Confagricoltura.
“Uno schiaffo ai produttori onesti” lo definì l’associazione, che denunciò la “blindatura della fiducia” per far passare con il Milleproroghe un provvedimento “iniquo”.
Nell’ottobre del 2010, l’organismo Ue aveva scritto all’Italia per avere chiarimenti anche sulla prima proroga, che aveva fatto slittare i pagamenti al 31 dicembre 2010. La risposta di Roma arrivò in ritardo, il 3 febbraio 2011, con dieci documenti di spiegazione “molto lunghi”.
“E’ chiaro che se questi provvedimenti risultassero essere contrari alla legislazione europea – avvertì all’epoca un portavoce del commissario Ue all’agricoltura – , prenderemo le misure necessarie”.
Ovvero, l’apertura della procedura d’indagine, puntualmente scattata un anno dopo.
Dato che era tutto previsto e prevedibile e la illecita misura fu presa su diktat della Lega, notoriamente difensore dei ladroni delle quote latte, attendiamo che la multa milionaria che arriverà  da Bruxelles sia recapitata in via Bellerio, con relativo eventuale pignoramento dei fondi tanzaniani.

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LEGA LADRONA: CALDEROLI INDAGATO PER TRUFFA AGGRAVATA PER AVER USUFRUITO DI UN VOLO DI STATO VIENE SALVATO DALLA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE

Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile

IL SENATORE LEGHISTA IL 18 GENNAIO 2011 HA USUFRUITO, “CON ARTIFICI E RAGGIRI”, DI UN VELIVOLO DI STATO PER MOTIVI PERSONALI: ANDARE A TROVARE IN OSPEDALE IL FIGLIO DELLA COMPAGNA…IL TRIBUNALE DEI MINISTRI CONFERMA L’ACCUSA, LO SALVA A MAGGIORANZA LA GIUNTA DEL SENATO

“Artifici e raggiri” per andare e tornare in giornata da Roma a Cuneo su un aereo di Stato.
I pm della Procura di Roma e il Tribunale dei ministri non hanno dubbi: il 19 gennaio 2011, l’allora ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, ha usufruito di un velivolo della Repubblica italiana per motivi del tutto personali: doveva andare in ospedale a trovare il figlio della compagna, ricoverato dopo un incidente stradale.
Non solo.
Al fine di ottenere l’autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio (i ministri non possono usufruire di voli di Stato se non tramite “richiesta altamente motivata”) ha ingannato i funzionari e, di conseguenza, il sottosegretario Gianni Letta.
Come?
Con “artifici e raggiri”, visto che per motivare la richiesta ha parlato di imprecisati impegni istituzionali.
Per questo motivo, l’esponente leghista è indagato con l’accusa di truffa aggravata dai pm capitolini, i quali a fine dicembre hanno inviato una richiesta di autorizzazione a procedere al Tribunale dei ministri.
Che si è mosso in proprio, ha ricevuto una memoria difensiva dall’accusato, ha fatto indagini e alla fine ha dato ragione alla tesi dei pm.
Iter d’obbligo: il faldone sull’autorizzazione a procedere è passato alla competente Giunta del Senato.
Quest’ultima si è riunita il due febbraio scorso per esaminare la ‘pratica-Calderoli’ e, a maggioranza, ha deciso di respingere la richiesta dei pm e di condividere le motivazioni fornite dall’ex componente del governo Berlusconi. Insomma, gli hanno creduto.
Per i componenti della Giunta, infatti, il volo Roma-Cuneo (e ritorno) era motivato da “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”, ovvero quanto dichiarato dallo stesso Calderoli pur di ricevere l’autorizzazione.
La richiesta della Procura ora passerà  all’aula di Palazzo Madama, che dovrà  esprimersi sulla proposta di negare l’autorizzazione a procedere ratificata dalla Giunta.
Intanto la questione resta aperta e fa discutere.
Non solo per le implicazioni di carattere penale (secondo gli inquirenti il danno per le casse dello Stato ammonta a poco più di diecimila euro), ma anche e soprattutto per il comportamento tenuto da Roberto Calderoli durante tutta la vicenda.
Un comportamento ricostruito con dovizia di particolari dagli inquirenti e contenuto nella richiesta di autorizzazione a procedere che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare.
Tutto ha origine da un esposto presentato il 4 aprile 2011 alla Procura della Repubblica di Cuneo da Fabio Biolè, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, che aveva avuto notizia dell’uso improprio del volo di Stato da parte di Calderoli.
La denuncia è stata trasmessa per competenza alla Procura di Saluzzo, che a sua volta l’ha girata a quella di Roma per poi finire al Tribunale dei ministri. Che a questo punto ha deciso di indagare, avvalendosi della collaborazione di due agenti di polizia.
Secondo la ricostruzione dei fatti, il 19 gennaio 2011 Calderoli “disceso dall’aereo di Stato atterrato all’aeroporto di Levaldigi, dapprima si è recato a Cuneo, in via […] dove si è incontrato con la signora Gianna Gancia (compagna di Calderoli e presidente della Provincia di Cuneo, ndr). Quindi il Calderoli e la signora Gancia sono entrati in un’abitazione privata, all’interno di un immobile sul cui citofono non sono presenti denominazioni di uffici pubblici. I medesimi, usciti insieme dopo circa un’ora dalla predetta abitazione, si sono recati in ospedale”.
“Dopo circa un’ora” Calderoli è uscito per recarsi “nuovamente in aeroporto, dove è salito sullo stesso aereo con il quale era precedentemente atterrato”.
Da questa cronologia della visita ‘istituzionale’, i magistrati traggono una tesi ben precisa: “I predetti elementi di fatto, complessivamente valutati, non integrano esigenze connesse alle funzioni istituzionali del ministro Calderoli, ma evidenziano invece finalità  strettamente legate alla vita privata del medesimo”, anche perchè “non può attribuirsi rilievo al fatto che il Ministro Calderoli, come affermato nella propria memoria, avesse impegni istituzionali il giorno precedente e nel pomeriggio dello stesso 19 gennaio 2011 (impegni comunque esclusi dalla relazione dell’ispettore capo)”.
E sì, perchè l’ex ministro della Semplificazione nella sua tesi difensiva aveva cercato di rispedire al mittente le accuse: in un primo momento Calderoli aveva giustificato la necessità  del volo di Stato con l’urgenza di far visita in ospedale al figlio della compagna (ricoverato in prognosi riservata per un incidente stradale).
Successivamente, però, l’esponente leghista ha modificato versione: era volato a Cuneo su un velivolo della Repubblica perchè si è dovuto occupare della situazione finanziaria della Provincia guidata dalla sua compagna e che la sua visita in ospedale era solo una ‘deviazione’ sul programma di lavoro, che prevedeva impegni istituzionali prima e dopo la capatina in ospedale.
A questo punto, a chi gli faceva notare che durante la ‘missione’ non si era recato in nessun ufficio pubblico, Calderoli ha spiegato che le sue funzione politiche le aveva esercitate in un’abitazione privata, giustificando l’utilizzo dell’aereo di Stato perchè doveva far rientro immediatamente a Roma per partecipare ai lavori della Commissione sul federalismo.
Per gli inquirenti, però, non c’era nessun impegno istituzionale nè alcuna riunione di organismi parlamentari.
E a chi gli chiedeva perchè non avesse raggiunto Torino per prendere un volo di linea e fare rientro a Roma senza gravare sulle casse dello Stato, Calderoli si è giustificato dicendo che da Cuneo al capoluogo piemontese non c’è autostrada e che quindi sarebbe stato problematico salire su un volo per comuni mortali.
Tutte spiegazioni che il Tribunale dei ministri non ha accolto, a differenza di quanto fatto dai membri della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato.
Per i pm, infatti, l’ex ministro ha gabbato i funzionari della Presidenza del Consiglio, giustificando la sua richiesta con “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”.
E’ proprio questa frase a mettere nei guai Calderoli.
“Tale affermazione — hanno scritto i pm — volta ad indurre in errore i funzionari competenti in ordine alla sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione all’uso dell’aereo di Stato, era altresì idonea ad orientare la conseguente determinazione”.
E infatti i dipendenti della Presidenza del Consiglio hanno creduto alla motivazione della richiesta e “nella certezza della veridicità  dell’affermazione, in quanto proveniente da fonte qualificata riconducibile al Ministro (il suo capo di gabinetto, ndr), non hanno richiesto chiarimenti ed hanno concesso l’autorizzazione”.
Da qui il capo d’imputazione: truffa aggravata nei confronti dei funzionari statali “perchè sussistono gli estremi degli artifici e raggiri idonei ad indurre in errore”.
Non sussistono, invece, le accuse di peculato e abuso d’ufficio perchè Calderoli, in quanto componente del governo, non aveva diritto al volo di Stato, destinato solo agli spostamenti del presidente della Repubblica, del Consiglio, di Camera e Senato.
Anche dei ministri, in realtà , ma solo in presenza di “richiesta altamente motivata”.
E non è il caso di Calderoli.
Tutto chiaro, tutto documentato.
Per molti, tranne che per la maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO E DEPUTATO LEGHISTA CHIAPPORI E LA NOMINA AD AMMINISTRATORE DI UNA CONTROLLATA DI UN “MAPPATO” COME ESPONENTE DELLA ‘NDRANGHETA

Febbraio 10th, 2012 Riccardo Fucile

A DIANO MARINA IL SINDACO LEGHISTA NOMINA DOMENICO SURACE AD AMMINISTRATORE DELLA MUNICIPALIZZATA G.M. … IL CASO ERA STATO RIVELATO DALLA CASA DELLA LEGALITA’: ECCO I DETTAGLI

Le carte sono quelle. Non c’è questione di “omonimia”.
Le carte ci dicono che il Domenico Surace è “mappato” come esponente della ‘ndrangheta, ed i fatti ci dicono che è stato nominato dall’onorevole Giacomo Chiappori, sindaco leghista di Diano Marina, ad Amministratore della municipalizzata G.M.
Come Casa della Legalità  abbiamo sollevato la questione la scorsa settimana, Marco Preve l’ha ripresa su Repubblica.
Ribadiamo punto per punto il tutto, riportando di seguito il testo integrale in cui davamo conto di tutto.
Sono Atti ufficiali, della Prefettura e del Ros.
Comunque ecco qui, di seguito, quanto il Presidente della Casa della Legalità  ha scritto a SanremoNews, in risposta al sindaco Chiappori ed alle dichiarazione del Domenico Surace.

Quando un soggetto è “mappato” dall’Antimafia non si può ignorare la questione. Questo vale anche per il Surace Domenico, nominato su iniziativa del sindaco di Diano Marina, Giacomo Chiappori, alla guida della municipalizzata G.M.
Fortunatamente i reparti investigativi sanno fare bene il loro lavoro e, come si è dimostrato, non fanno una “caccia alle streghe”, bensì indicano soggetti di cui si è accertato il ruolo ed il legame con l’organizzazione mafiosa.
Se indicano il Surace Domenico una ragione c’è.
Il nome di Surace Domenico, già  amministratore pubblico al Comune di Diano Marina, compare non soltanto nella “mappatura” ufficiale delle cosche dell’imperiese redatta dalla Prefettura (e consegnata alla Commissione Parlamentare Antimafia), sulla base di dati già  acquisiti (e non in corso di valutazione!), ma compare anche negli Atti dell’indagine Maglio del ROS di Genova.
Per meglio chiarire riportiamo qui alcuni brevi passaggi direttamente da questi Atti già  noti, così da meglio chiarire la questione ed al contempo evitando di arrecare danno alle attività  in corso. Ecco qui:

Saso Alessio: io conosco anche Papalia …
La Rosa Vincenzo: Giacomo Fiorello lo conosce…
Saso Alessio: Giacomo Fiorello lo conosco, mi dà  una mano anche lui, quello che ha la discoteca, no?
…omissis…
La Rosa Vincenzo: su Diano Marina ?
Saso Alessio: su Diano Marina anche i Surace sono (le voci si accavallano) … quello che fa il… il consigliere comunale…
In riferimento al citato Papalia risulta interessante sottolineare che, il 24 agosto 2009, i fratelli Papalia Francesco (residente a San Bartolomeo a Mare – IM) e Giovanni erano stati protagonisti di una conversazione con Oppedisano Domenico cl. ’30 e Oppedisano Michele cl. ’69, conversazione che veniva registrata nel corso dell’intercettazione ambientale presso l’aranceto dell’Oppedisano Domenico, che aveva per oggetto questioni connesse al conferimento di “cariche” e all’efficacia delle stesse a seguito di ratifica che sarebbe avvenuta presso il santuario della Madonna di Polsi il 2 settembre successivo.
L’abitato di Diano Marina (IM) vede da tempo l’esistenza di personaggi riconducibili ad un ben determinato contesto mafioso.
Non è “Abbondanza” che vede “coppole e lupara” dappertutto, o che avrebbe qualche “particolare acrimonia” verso il sindaco leghista di Diano Marina.
Si tratta di dati ufficiali che gli Amministratori Pubblici, come un Sindaco dovono conoscere, perchè non solo è inaccettabile la contiguità  o peggio, ma è inaccettabile anche l’ingenuità  o la superficialità !
Mi si domanda come fa a conoscerli?
Semplice: prima di nominare qualcuno, così come prima di assegnare lavori pubblici, licenze o concessioni, si procede alle verifiche del caso.
Come farle?
Semplice, in questo caso bastava che il Sindaco, una volta individuato il nominativo prescelto, o la rosa di nomi su cui si stava valutando la scelta, chiedesse alla Prefettura se vi fossero elementi di rilievo in merito al nome o ai nomi su cui si stava valutando.
La risposta dell’on. Chiappori (“il Prefetto doveva avvisarmi”) non sta in piedi, perchè il Prefetto non legge “nel pensiero” del sindaco Chiappori e quindi non poteva certamente immaginarsi chi questi pensava di nominare, per poterlo avvisare.
Chiappori non deve dare segno di arroganza o indispettirsi…
E’ vero che non sapeva chi fosse Surace?
Ora lo sa, prenda atto dei fatti e proceda a rimuovere Surace dalla guida della GM.
Per dovere di completezza, bisogna anche segnalare che il Surace è soggetto che, direttamente e con la propria famiglia, opera chiaramente (e lo si può constatare anche dalla vicenda Saso agli Atti dell’indagine “Maglio”) per influenzare l’esito elettorale.
Non è certamente un caso che abbia appoggiato il sindaco Chiappori che poi lo ha nominato.
E sempre il Surace ha anche appoggiato (nella medesima tornata elettorale dello scorso anno) il sindaco Armando Biasi di Vallecrosia, altro Comune al centro delle verifiche antimafia e che già  indicammo, come Ventimiglia, nell’agosto del 2010.
Vallecrosia è infatti un altro centro nevralgico degli interessi consolidati della ‘ndrangheta nel ponente ligure, dove, a sostegno del Biasi, già  alle precedenti elezioni, si erano mossi, con tanto di volantinaggi, ad esempio, quei Macri’ poi arrestati perchè, per riaffermare il “potere” della ‘ndrangheta, volevano scatenare una “guerra” ed uccidere i Carabinieri che osavano indagare.
Per noi, Casa della Legalità , non conta il colore “politico” delle Amministrazioni. Bisogna guardare ai fatti e, quando è necessario, denunciarli, puntando i riflettori e facendo nomi e cognomi.
Noi lo abbiamo fatto e lo facciamo.
Inoltre, credo opportuno sottolineare che non si deve mai confondere il contrasto alla ‘ndrangheta, ed agli uomini che, in diversa misura, ne fanno parte o le sono legati o collegati, con “un attacco ai calabresi”… e proprio per questo bisogna impedire agli ‘ndranghetisti di farsi scudo, come cercando sempre di fare, della “comunità  calabrese”.

Il Presidente della Casa della Legalità  – Onlus
Christian Abbondanza

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RADIO PADANIA NON FA LA RASSEGNA STAMPA: L’EDICOLA NON GLI DA’ PIU’ I GIORNALI SE NON PAGA GLI ARRETRATI

Febbraio 9th, 2012 Riccardo Fucile

ETTORE PIROVANO, PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI BERGAMO E DEPUTATO DEL CARROCCIO, IRONIZZA: “CHIEDERO’ IN VIA BELLERIO DI FAR ESEGUIRE UN BONIFICO DALLA TANZANIA ALL’EDICOLANTE”

Ettore Pirovano, il presidente della Provincia di Bergamo, nonchè parlamentare lumbard, ironizza sulle trovate dei colleghi leghisti e nel farlo dà  una notizia che la dice lunga sullo stato della “cassa” dei verdi padani: “Radio Padania – annuncia il leader di via Tasso – non ha fatto la consueta rassegna stampa, perchè l’edicola dove normalmente si serve l’emittente del Carroccio si è rifiutata di consegnare i giornali per un pregresso ancora non pagato”.
Ragion per cui, Pirovano avanza la propria proposta agli amministratori della Lega: “Chiedere alla Banca della Tanzania di inviare un bonifico all’edicola per saldare gli ultimi mesi dei giornali non pagati in modo che così potremmo riprendere la rassegna stampa per gli ascoltatori di Radio Padania”.
Pirovano, vicino alle posizione di Roberto Maroni, ha così inteso denunciare le difficoltà  in cui versano molte sezione leghiste a causa dei mancati contributi del partito a livello nazionale e al contempo farsi interprete dell’incazzatura della base leghista verso la scelta del “cerchio magico” di “parcheggiare” otto milioni di euro iattraverso investimenti in fondi della Tanzania.
Qualche maligno però avrebbe commentato che coi quattrini che Pirovano percepisce nella sua duplice veste avrebbe fatto meglio a passare lui a saldare il conto all’edicolante.

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PROVINCIA LEGHISTA DI COMO TRAVOLTA DALLO SCANDALO: AUTO BLU PER TRASPORTARE LETTERE

Febbraio 8th, 2012 Riccardo Fucile

PROTAGONISTA IL PRESIDENTE DEL CARROCCIO LEONARDO CARIONI, APERTO UN FASCICOLO PER PECULATO, SEQUESTRATI I SATELLITARI DELLE DUE AUDI A6

Lettere che viaggiano con l’auto blu, spostamenti per migliaia di chilometri, straordinari per gli autisti e registri che non si trovano.
A Como, a pochi mesi dalle elezioni che porteranno al rinnovo dell’amministrazione provinciale, è scoppiato l’auto-blu gate: uno scandalo chilometrico che vede il presidente leghista Leonardo Carioni nell’occhio del ciclone.
Da qualche settimana i riflettori della stampa locale e gli occhi della magistratura sono puntati su di lui e sull’uso che ha fatto delle auto a disposizione dell’ente (una per la giunta, una per il presidente), tanto che nei giorni scorsi la procura di Como ha anche aperto un fascicolo per peculato (al momento non ci sono indagati), mentre gli uomini della Guardia di finanza hanno provveduto al sequestro dei navigatori satellitari delle due Audi A6, oltre all’acquisizione dei tabulati relativi ai pagamenti del telepass effettuati dalla Provincia di Como.
I militari delle Fiamme gialle hanno anche sentito uno degli autisti in servizio presso l’ente, cercando di fare luce sugli spostamenti dell’auto presidenziale.
La macchina a disposizione di Carioni è infatti sprovvista dell’apposito libro macchina, sul quale ogni conducente dovrebbe annotare il giorno e le ore di utilizzo, le percorrenze effettuate (con indicazione delle esigenze di servizio che le hanno motivate) e i chilometri percorsi.
Un registro simile esiste per l’auto della Giunta ma non è mai stato compilato per quella del presidente.
La ricostruzione dei dati sull’uso dei due mezzi, pubblicati nei giorni scorsi dal quotidiano La Provincia di Como, non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni.
Il presidente Carioni, tra gennaio e novembre del 2011, ha percorso con le due Audi di rappresentanza un totale di 33 mila 898 chilometri.
In particolare il presidente ne ha percorsi 25 mila 590 con la sua (fermata a settembre per la malattia dell’autista) e 8.308 con quella in uso a tutta la giunta, che di chilometri ne ha percorsi complessivamente 28 mila 905.
Andando a ritroso il risultato non cambia: le due auto in quattro anni hanno percorso 239 mila chilometri in tutto, circa 30 mila all’anno ciascuna (160 mila quelli addebitabili al presidente).
Carioni (che oltre ad essere presidente della Provincia di Como dal 2002, è anche consigliere del Cda di Expo, consigliere di Pedemontana e presidente di Sviluppo sistema fiera) ha risposto alle domande del quotidiano comasco, cercando di spiegare come ha fatto a macinare i 34 mila chilometri che gli vengono attribuiti per il 2011: “Tutte le mattine il mio autista viene a prendermi a Turate, e sono 26 chilometri. All’ora di pranzo mi riporta a casa e fanno 52. Poi alle 3 mi riporta in Provincia e la sera mi riporta a casa, e fanno 104. Se andassi a casa a mangiare tutti i giorni sarebbero anche il doppio, visto che poi ci sono i viaggi di ritorno. Ma stiamo comunque sui 104 chilometri al giorno, per meno di 200 giorni siamo già  a 24mila”.
E poi continua: “Quando ero malato l’autista è venuto spesso a casa mia a farmi firmare le carte”.
Ma le carte della Provincia non viaggiavano solo tra la sede dell’ente e la residenza del presidente.
Dalla lettura dell’unico registro disponibile (quello dell’auto della giunta), emerge come in quattro anni la seconda auto abbia percorso circa 8 mila chilometri per “servizi vari”, ovvero consegna di buste, documenti e plichi indirizzati ad altri enti.
Il presidente della provincia di Como parla di “accanimento”, ma sulla vicenda pesano anche altre evidenze, come i 13mila euro di straordinari liquidati ai due autisti delle due auto blu nei primi dieci mesi del 2011.
Stando alle informazioni divulgate dallo stesso ente, al primo autista (in malattia da settembre) sono stati liquidati 6510 euro di straordinari per il periodo gennaio — agosto.
Al secondo autista (che da settembre è l’unico in servizio), sono stati pagati 6199 euro di straordinari per il periodo che va da gennaio ad ottobre.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DIANO MARINA: IL SINDACO E DEPUTATO LEGHISTA CHIAPPORI NOMINA PRESIDENTE DI UNA CONTROLLATA UN POLITICO SEGNALATO DALL’ANTIMAFIA

Febbraio 6th, 2012 Riccardo Fucile

AL VERTICE DI GM CHIAPPORI HA CHIAMATO DOMENICO SURACE, IL CUI NOME COMPARE NEL DOSSIER CONSEGNATO IL 21 OTTOBRE ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA…. LO AVRA’ SCELTO A SUA INSAPUTA, COME SCAJOLA CON LA CASA VICINA AL COLOSSEO?

Il ponente ligure sta ancora cercando di metabolizzare il clamoroso scioglimento del Comune di Ventimiglia per infiltrazioni e condizionamento da parte della criminalità  organizzata, e già  scoppia un nuovo caso legato ai rapporti tra ‘ndrangheta e politica.
Accade a Diano Marina, uno dei centri turistici più importanti dell’intera Liguria e della provincia di Imperia in particolare, feudo storico del partito di Bossi.
Il 31 gennaio, il sindaco leghista Giacomo Chiappori, che è anche deputato nonchè vicepresidente della Commissione Difesa, ha nominato il nuovo amministratore unico della Gestioni Municipali spa, una società  strategica per la “città  degli aranci” visto che deve gestire il porto e alcune spiagge del litorale.
La scelta di Chiappori è caduta su Domenico Surace, 41 anni, nato a Seminara in provincia di Reggio Calabria, in passato titolare di ristoranti e stabilimenti e volto molto noto del comprensorio anche per la sua ultradecennale militanza politica, da Forza Italia ad An passando per liste civiche e un incarico di assessore con la precedente giunta.
Ma il nome di Domenico Surace compare anche nel voluminoso dossier che il prefetto di Imperia Fiamma Spena invia il 10 ottobre del 2011 al prefetto di Genova che a sua volta lo consegna a Beppe Pisanu il 21 ottobre, giorno in cui la commissione antimafia che il senatore presiede arriva a Genova in missione.
A pagina 23 del primo faldone compare il disegno della provincia con una serie di rettangoli che contengono i nomi delle famiglie considerate referenti delle cosche.
Per la precisione ecco quanto scrive il prefetto: “La mappa desunta dal rapporto informativo del comando provinciale dei carabinieri di Imperia consente una visione d’insieme della presenza di soggetti riconducibili ad organizzazioni di stampo mafioso nel territorio provinciale e coincide nel suo complesso con la distinzione per comprensori delineata nel corso della relazione”.
Per Diano Marina vengono elencati tre nomi: famiglia De Marte (zona di provenienza Seminara); famiglia Papalia (Seminara); Surace Domenico (Seminara).
Al momento nei confronti di Surace non risultano indagini e neppure che sia pregiudicato.
Ciò detto resta il fatto che la sua nomina sta già  creando qualche imbarazzo all’interno del mondo politico del ponente, se non altro per ragioni di opportunità  e prudenza.
Ci si interroga poi sul fatto che nessun membro della Commissione antimafia abbia avvisato il “collega” Chiappori.
Specie i deputati Carolina Lussana e Luca Rodolfo Paolini che con il sindaco di Diano condividono gli stessi banchi.
Sicuramente avranno letto la relazione ma nessuno ha pensato di informare Chiappori che nel suo comune erano stati individuati ben tre gruppi di presunti soggetti legati alla criminalità  organizzata.
Oppure il sindaco fedelissimo del “senatur” sapeva ma ha ritenuto che la questione non rappresentasse un ostacolo.
Ipotesi quest’ultima che sembrerebbe in contrasto con i principi giustizialisti di Chiappori, che ebbe un momento di, seppur breve, notorietà  nazionale quando fu il primo firmatario di una proposta di legge per al castrazione chimica dei pedofili.
Va aggiunto che il ricambio al vertice della G. M. è stato oggetto di una forte polemica e l’ex presidente Francesco Zunino ha già  annunciato che chiederà  il rispetto del contratto e il pagamento del suo stipendio fino al 2013.
Inoltre, nel 2005, quando era assessore della giunta Pdl di Angelo Basso, Surace si dimise dall’incarico e abbandonò la maggioranza sempre per dissidi riguardanti la gestione di G. M.

Marco Preve
(da “La Repubblica“)

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IL DEPUTATO LEGHISTA PINI, EVASORE A SUA INSAPUTA: E’ L’AUTORE DELL’EMENDAMENTO SULLA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI GIUDICI

Febbraio 6th, 2012 Riccardo Fucile

IL DEPUTATO DEL CARROCCIO GIANLUCA PINI VANTA UNA STORIA DI UNA TRUFFA AVVENUTA A “SUA INSAPUTA”… VICENDE DI CONTABILITA’ SPARITE, DI QUESTORI FATTI TRASFERIRE E DI 200.000 EURO DOVUTO AL FISCO

Anche l’onorevole leghista Gianluca Pini, autore dell’emendamento approvato giovedì dalla Camera sulla responsabilità  civile dei giudici come da copione vanta una storia di una truffa avvenuta a “sua insaputa”.
Quando la Guardia di Finanza scopre che la società  Scyltian dicasi “cartiera” ha tra i vari clienti anche la sua ditta, la Nikenny, per impedire ogni verifica, ricorre all’alibi del furto della contabilità  aziendale (per la legge è reato solo l’uso della fattura falsa).
Così in mancanza di accertamenti ne esce “illeso” penalmente.
Paga solo 196,467 mila euro più 23,92 mila euro di interessi sui 679 mila euro contestatigli dall’Agenzia delle Entrate.
Pini è un imprenditore “flessibile” passa dall’import-export di elettronica di consumo – la Nikenny chiusa nel 2005 – alla Nikenny Corporation srl messa in liquidazione nel 2011 di cui Pini è procuratore institore con una vasta gamma di poteri.
Ma ad essere accusata dalla Procura della Repubblica di Forlì di aver “utilizzato ed emesso al fine di evadere le imposte sui redditi e o sul valore aggiunto fatture per operazioni inesistenti per l’anno 2004 per complessivi euro un milione 419,044 mila emesse dalla Tech line srl e nell’anno 2003 per fatture emesse dalla Full service srl per euro 627,00 mila nonchè l’emissione di fatture alla “Full service” srl per euro 217,243,61” è l’Amministratore, Alessia Ferrari,ex dipendente della Nichenny di Pini, società  che era tra i clienti della “cartiera”.
Al momento della liquidazione è anche emerso che non erano state pagate multe per 4 mila e trecento euro.
L’auto, ancora oggi usata dall’onorevole leghista, una Bmw X6 nera, è una di quelle intestate alla società .
A seguire nasce la Gold Choice srl, import-export di caffè, amministratrice la sua compagna Paola Ragazzini, infermiera all’ospedale di Lugo in aspettativa da quando è diventata suo “portaborse” ed infine germoglia la Grado Golf and Resort srl, con sede a Roma in via Frattina.
Società  che nasce esclusivamente per la realizzazione di un Resort sui terreni di proprietà  di Zamparini della Palermo Calcio.
Operazione da 150 milioni di euro. Ad occuparsi di trovare investitori è il professionista Roberto Zullo: nomi protetti dallo schermo di una società  inglese Reset Ltd.
Ma l’operazione salta e la società  resta inattiva.
Pini fa eleggere consigliere comunale Francesco Aprigliano, poliziotto di Rossano Calabro in servizio a Forlì.
E quando questo viene sottoposto a provvedimento disciplinare dal questore Calogero Germanà  perchè svolgeva l’attività  di immobiliarista e imprenditore, Pini presenta un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Maroni, suo uomo di riferimento nella Lega, per chiedere l’immediato trasferimento di Germanà .
Germanà , vale la pena ricordarlo , è l’investigatore miracolosamente scampato, dopo due mesi dalla strage di Via D’Amelio in cui venne ucciso Paolo Borselino di cui era stretto collaboratore, all’agguato sul lungomare di Mazzara del Vallo.
A sparargli con fucili a pallettoni e kalashnikov il gotha di Cosa Nostra: Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano.
Un eroe vivente, seppure sia stato nominato questore dopo 12 anni.
Pini prendendo a pretesto una denuncia, archiviata per infondatezza , nei confronti del questore da parte del sindacato Siulp in merito a presunte disparità  di trattamento degli straordinari scrive: “Mi chiedo se il Ministro intenda provvedere celermente con un provvedimento di turnazione nei confronti del questore evitando altresì che la nuova sede non sia vicina a quella attuale”.
Ritenendo Ravenna, sede vacante, troppo vicina a Forlì per un questore, ritenuto così “scomodo” chissà  perchè. Germanà , simbolo della lotta alla mafia, viene inviato a Piacenza dall’ex Ministro che ama rivendicare i meriti della cattura dei latitanti.
Forse per questo Pini non potendo far trasferire i magistrati scomodi ha pensato ad una norma per punirli minandone l’indipendenza?

Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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STEFANIA VILLANOVA IN TOSI: SOMIGLIA A PARIS HILTON, VESTE COME LADY GAGA, VOTA PDL E NON PER IL MARITO

Febbraio 6th, 2012 Riccardo Fucile

SEMPRE PIU’ INFLUENTE LA MOGLIE DEL SINDACO LEGHISTA DI VERONA, DIRIGENTE OMBRA DELLA SANITA’ VENETA E FAN DI ALFANO…NON MANCA MAI A FESTE, CENE E INCONTRI, AMA TANTO VESTIRSI DA CUBISTA QUANTO DISSENTIRE DAL MARITO… E MOSTRA IL DITO MEDIO ALLA CURVA DEL VERONA

Ormai si è capito, Flavio Tosi correrà  da solo alle amministrative di Verona: senza il Pdl e senza la moglie.
“Non gli darei il mio voto”, ha dichiarato giuliva la bionda signora Tosi durante la trasmissione dei perfidi Lauro e Sabelli Fioretti, in diretta su Raidue a Un giorno da pecora.
“Voterei il candidato del Pdl” affonda Stefania, che somiglia a Paris Hilton ma veste come Lady Gaga.
In studio c’è il marito, basito e imbarazzato, che balbetta solo un: “devastante”.
Per fortuna la vistosa Hillary de noialtri ha la residenza a Vicenza (“per motivi fiscali” le scappa sempre via radio) altrimenti avrebbe votato per lo sfidante del marito.
Del resto Stefania Villanova in Tosi, vestale della minigonna inguinale con stivaloni neri anni 60 non è nuova a queste uscite.
Anzi, per dirla tutta, ama quasi quanto vestirsi da cubista il dissentire dal marito a mezzo stampa.
Come quella volta che è andata a Cortina, giacca verde con macrobottoni dorati, vestitino fazzoletto e tacco 12, e si è spellata le mani in prima fila ad applaudire Angelino Alfano, mentre il marito era a Venezia con Bossi e Maroni a mangiare porchetta alla festa dei popoli padani.
Un consigliere regionale pidiellino racconta che quella volta, a Cortina, erano tutti seduti attorno al tavolo per la cena.
A Stefania (descrizione della mise non pervenuta) squilla il cellulare: è Flavio.
“Sapessi come è stato bravo Angelino, è bravissimo” starnazza lei tra l’imbarazzo dei commensali.
“Non si sapeva come farla stare zitta, eravamo tutti a disagio perchè il marito è la punta di diamante della Lega” ci sguazza feroce il consigliere.
Allo stadio invece si dice che l’abbiano dovuta portare via dalla porta secondaria, quella volta che ha esultato per un gol del Vicenza mostrando il dito medio rivolta alla curva dell’Hellas Verona, squadra del cuore del marito (che tra l’altro ne amministra la città ).
Uscite curiose, a volte fuori posto.
Ma guai a sottovalutare la first lady scaligera, che nel lavoro è una professionista coi fiocchi. Dopo anni come impiegata in Regione, il posto dove ha conosciuto il consorte (allora assessore alla Sanità ), stipendio 25mila euro annui, quando lui è diventato sindaco di Verona nel 2007 lei è stata promossa capo della segreteria dell’assessorato, stipendio 70mila euro. Lui dice che è per i suoi meriti, anche perchè per questo incarico di fiducia non serve concorso nè laurea (che non ha), Stefania è stata promossa da un assessore alla Sanità  leghista veronese (Francesca Martini) e tuttora quel posto lo ricopre un assessore leghista veronese (Luca Coletto).
L’opposizione accusa spesso lady Tosi di tenere le fila per conto del marito, che tuttora nell’area del Veronese, ma anche dell’intero Veneto , ha voce in capitolo nella programmazione sanitaria.
O forse ce l’ha la signora Tosi, considerata da direttori sanitari, medici e politici la vera referente del settore?
“Se devo discutere di un progetto di legge che riguarda la sanità  parlo con lei” ammette un senatore leghista.
“Non manca mai a cene, feste e incontri con medici, direttori e associazioni di volontariato” dice un direttore sanitario del Veneziano.
Anche in Regione, è famosa per essere una che non manca mai. Ambiziosa, gran lavoratrice, tecnicamente preparata, la lady veronese che si presenta in Giunta con vestitini neri minuscoli, calze trasparenti e stivaloni sembra una che detta le coordinate al marito, piuttosto che riceverle da lui.
Del resto, aldilà  delle capacità  professionali (“per la Sanità  decide più lei che l’assessore” dicono quelli dell’opposizione) la signora la stoffa che manca nei vestiti ce la mette per presentarsi come vero soggetto politico, talento pubblico che sfoggia alle serate il suo fiore all’occhiello: Flavio Tosi.
Per il 42esimo compleanno Stefania ha organizzato una seratona-vip con raccolta fondi per l’alluvione in Veneto.
Non regali ma soldi per i paesi alluvionati, più politica di così…Fasciata in un mini abito rosa shocking si è presentata abbracciata al marito e a Povia a favore di telecamere.
Alla festa sono arrivati tronisti, imprenditori, vip più o meno famosi, 40mila euro raccolti sulla voce di Povia che canta: Luca era gay. La first lady li consegna al governatore Zaia, si fa fotografare raggiante: e il marito sta a guardare.

Erminia della Frattina
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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AD ADRO LA LEGA CONDANNATA PER MANIFESTO RAZZISTA

Febbraio 5th, 2012 Riccardo Fucile

IL TRIBUNALE PUNISCE IL LOCALE PARTITO PER LE OFFESE ALLA SINDACALISTA CHE DIFESE UNA FAMIGLIA MAROCCHINA… DOVRA’ RISARCIRE 7.500 EURO

La Lega Nord è stata condannata per molestie.
È accaduto al tribunale di Brescia dove è stata emessa una sentenza di condanna nei confronti della sezione del Carroccio di Adro per un manifesto offensivo affisso nella sede del partito contro un’attivista dello Spi, il sindacato dei pensionati, Vittoria Romana Gandossi.
Il procedimento era nato in origine contro i vertici della Lega, dal segretario federale Umberto Bossi al capo del partito in Lombardia Giancarlo Giorgetti.
Il giudice del Tribunale, Maria Grazia Cassia, ha però riconosciuto la soggettività  giuridica della Lega Nord di Adro, al contrario di quanto sostenuto dalla Cgil che sperava di costringere i vertici nazionali ad assumersi le responsabilità  di quello che accade sul territorio.
Il manifesto incriminato era comparso sulla vetrata della sede della Lega di Adro dopo che Vittoria Romana Gandossi era intervenuta per aiutare una famiglia marocchina sfrattata.
La Lega ora dovrà  risarcire non solo l’attivista ma anche le associazioni ricorrenti.
Sono “evidenti la portata diffamatoria del messaggio oggetto di censura, così come la violenza razzista”, si legge nell’ordinanza che sarebbe destinata a fare giurisprudenza.
à‰ infatti “la prima volta — ha spiegato l’avvocato dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), Alberto Guariso — che viene riconosciuto vittima di molestie un soggetto che non fa parte del gruppo discriminato, in questo caso cittadini stranieri”.
Il giudice ha riconosciuto che il manifesto razzista ha offeso anche tutti gli stranieri e che la vicenda va inquadrata nell’ambito della molestia, intesa come comportamento che “lede la dignità  della persona e crea un clima degradante, umiliante o offensivo” come prevede il decreto legislativo 215 del 2003.
Il volantino incriminato esordiva dicendo: “Cara la me Romana, sono tutti bravi a fare i culattoni con il culo degli altri” riferendosi a Vittoria Romana Gandossi, la pensionata conosciuta con l’epiteto di “nonna Anti-Carroccio”. La sentenza, quindi, dispone che Vittoria Romana Gandossi sia risarcita per i danni morali subiti con 2.500 euro così come l’ASGI e la fondazione Guido Piccini che avevano depositato il ricorso insieme alla donna. I
l totale delle spese ammonta a 7.500 euro per il volantino diffamatorio scritto dal segretario della Lega che lo stesso giudice definisce “un povero ignorante che scrive sgrammaticato”.
Si torna a parlare dunque di Adro dopo gli attacchi del sindaco leghista Oscar Lancini al presidente della Repubblica per aver omaggiato del cavalierato l’imprenditore Silvano Lancini (nessuna parentela) che nel 2010 pagò 10mila euro di rette arretrate alla mensa scolastica.
Ora arriva la condanna alla sezione leghista dalla quale, in sede di udienza, si era dissociato lo stesso avvocato di Umberto Bossi, Matteo Brigandì.

E. R.
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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