Gennaio 16th, 2012 Riccardo Fucile
QUEI VENTI ANNI DI GUERRIGLIA TRA IL PADRE PADRONE E IL DELFINO CALCOLATORE… IL VOTO NEI COMUNI DETTA L’ULTIMO ARMISTIZIO
Appena eletto senatore, Umberto Bossi ebbe lo stomaco nel 1987 di buttare fuori dalla Lega
Lombarda sua sorella Angela e il cognato Pierangelo Brivio. Figuriamoci se poteva turbarlo, un quarto di secolo dopo, cacciare dal partito un altro dei soci fondatori, il Bobo Maroni.
Solo che stavolta è scoppiato il finimondo, lo sturm und drang del cuore leghista infranto.
Di mezzo c’è una lista impressionante di espulsioni, dal Castellazzi di Pavia al Tabladini di Brescia, dal veneto Rocchetta al piemontese Comino, senza dimenticare il milanese Pagliarini.
Solo che la formula leninista —“il partito epurandosi si rafforza”- diventa improba da applicare a Varese, dove tutto cominciò e dove adesso tutto rischia di finire a catafascio.
Più che al leader bolscevico russo, qui c’è il rischio che il longevo senatur venga paragonato all’ultimo dittatore comunista romeno Ceausescu.
E per questo corre ai ripari con telefonate dietrofront e mozioni degli affetti purtroppo già da tempo vilipesi.
Concedere a Maroni il ruolo della vittima che seppure calpestata non rinnega il padre-padrone, si è rivelato un errore di calcolo temerario, con le elezioni amministrative lì dietro l’angolo.
Stride che questo melodramma politico-sentimentale debba celebrarsi in una località così amena, in un sabato di gennaio luminoso e trasparente, con il Monte Rosa che pare vicinissimo, sospeso sul lago di Varese (anzi, Varès, come recitano i cartelli stradali) e la Svizzera a due passi, lasciandosi dietro le spalle il serpentone della A8 che conduce dritto nella sede federale di via Bellerio senza bisogno di addentrarsi nell’ostile Milano.
“Lega contro Lega, è resa dei conti”, recita il titolo de “La Prealpina”, di fronte a un popolo impreparato a parteggiare.
Ben sapendo che il sindaco, Attilio Fontana, risultava fra i promotori mercoledì dell’ammutinamento pubblico dei maroniani: qui il Bobo se lo ricordano primo consigliere comunale leghista nel lontano 1985.
Mentre il segretario bossiano del partito, Maurilio Canton, si porterà addosso per sempre il marchio di quella nomina per finta acclamazione, il 9 ottobre scorso, fra le urla di protesta dei delegati.
Quattordici anni di differenza separano Bossi dal suo braccio destro di una vita, Maroni.
Abbastanza per consigliare a quest’ultimo di stare sempre un passo indietro nel rispetto della gerarchia che i leghisti coltivano come un dogma religioso, convinti che la sacralità della Padania discenda dal carisma del suo fondatore.
Che il capo sia l’Umberto, e non si discute, ancora oggi Bobo ha l’accortezza di non metterlo in discussione; così come seppe trangugiare il sarcasmo del numero uno l’unica altra volta in cui emersero pubbliche divergenze: nel 1995, a parti invertite, quando Bossi tradì Berlusconi e Maroni voleva mantenere i rapporti.
Da quando fondarono insieme a Giuseppe Leoni la Lega Autonomista Lombarda, nel 1982, e poi rubarono alle biciclette Legnano il logo del guerriero padano, i due “rivoluzionari” (varesotto di provincia l’uno, varesino di città l’altro) hanno saputo far tesoro delle proprie differenze.
Maschera popolaresca volutamente tragicomica è Bossi, l’uomo-mito dell’antipotere; per questo bisognoso dell’avvocato malizioso al fianco, con il quale dare vita al gioco delle parti fondato su astuzia e lealtà , contemplando la variabile dei rimbrotti plateali quando il trucco dello scaricabarile si faceva troppo scoperto.
Roberto Maroni ha rivelato doti di formidabile incassatore, nè stupisce che anche stavolta faccia seguire alla telefonata del Capo un atto di sottomissione, visto che gli conviene.
Tutto, pur di non passare per uno scissionista qualsiasi. L’ironia, che l’accomuna a Bossi, può aiutarlo a sopportare e aspettare per l’ennesima volta il momento giusto.
Anche se “La Prealpina”, che lo conosce bene pure nelle esitazioni, già ieri anticipava il doppio senso celodurista: “Maroni, ci sei o ce li hai?”.
Per quanto Maroni sia spiritoso e navigato, per quanto neppure da ministro abbia dismesso l’immagine del musicista rock col suo gruppo “Distretto 51”, gli manca una virtù essenziale per aspirare alla successione di Bossi: il carattere istrionico carnevalesco, necessario a rappresentare le pulsioni reazionarie della base.
Sarà forse il suo imprinting originario di sinistra, ma quella parte in commedia —quando Bossi rimase lontano dalla scena a seguito dell’ictus nel 2004- se la prese piuttosto Roberto Calderoli, con la sfacciataggine incarnata nella Lega delle origini da Francesco Speroni.
Maroni, insomma, sa benissimo che per quanto l’apparato del partito riconosca in lui il dirigente più autorevole, senza Bossi e contro Bossi non va da nessuna parte.
Glielo ha confermato il voto parlamentare su Cosentino, in cui solo una parte dei deputati leghisti ha seguito le sue indicazioni, nonostante avesse strappato un pronunciamento per il Sì all’arresto della Segreteria politica.
In quella sede aveva potuto usufruire dello sconcerto dovuto alle rivelazioni sui fondi di partito investiti in Tanzania e a Cipro: urgeva un gesto forte per coprire le magagne.
Ma l’autorità residuale di Bossi gli è precipitata addosso venerdì sera, quando il diktat della sospensione delle manifestazioni di partito cui doveva partecipare Maroni è stato fatto pronunciare —con metodo staliniano-dal segretario lombardo Giancarlo Giorgetti, testa fina del movimento, esterno allo screditato “cerchio magico” dei fedelissimi.
E’ vero che la convocazione istantanea di cinquanta manifestazioni leghiste in difesa di Maroni ha evidenziato la debolezza del “cerchio magico”, inducendo Bossi a più miti consigli.
Ma questo braccio di ferro dall’esito incerto è parso troppo pericoloso oggi a entrambi i contendenti.
La Lega Nord è un movimento populista carismatico nel quale non basta impugnare la bandiera della democrazia interna per assumerne il comando. Stiamo parlando di un partito che non tiene il suo congresso federale dal 2002: dov’era Maroni in tutti questi anni?
Per i leghisti il dilemma non è stare con o contro Berlusconi, nè vale lo schema facile secondo cui Bossi sarebbe amico del Cavaliere mentre Maroni gli vorrebbe schierare il partito contro.
La spregiudicatezza li accomuna, in fatto di alleanze.
Così come li accomuna la necessità di rispondere all’interrogativo che arrovella nell’immediato la gerarchia leghista, posta di fronte alle elezioni amministrative di primavera.
Si voterà in molti comuni e province del Nord, dove il Carroccio non può prescindere dall’alleanza col Pdl se vuole conservare almeno una quota del suo potere.
Solo a Verona è pensabile che Flavio Tosi, il sindaco uscente, possa farcela anche da solo a essere rieletto, senza il supporto dei berlusconiani. Altrove, la rottura della coalizione di centrodestra rischia di dare luogo a un vero e proprio tracollo.
Così, sull’orlo del burrone e senza tema del ridicolo, il varesotto e il varesino si scambiano segni di pace.
E “La Padania” si cimenta nella più acrobatica delle smentite: “Mai stati divieti per Maroni. Questo non è il momento delle polemiche. Chi spera in una Lega divisa e dà ascolto a intermediari confusionali rimarrà deluso. Presto faremo un comizio insieme”.
Chissà , magari domenica prossima in piazza Duomo a Milano.
Nel frattempo al Teatro di Varese va in scena una commedia dal titolo: “Se devi dire una bugia, dilla grossa”.
Gad Ledner
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 16th, 2012 Riccardo Fucile
DIETRO LO SCONTRO TRA BOSSI E MARONI SOLO UNA LOGICA “ROMANA”: FAME DI POLTRONE, AFFARISMO, TATTICISTI, MANCANZA DI DEMOCRAZIA INTERNA
Il codice della marineria dice che il comandante affonda con la nave.
Quello della politica, che la nave affonda con il comandante.
Che fine malinconica per la Lega.
Degli inizi, i suoi vertici sembrano aver conservato l’arroganza (una volta dei vincitori, oggi dei perdenti).
Gli italiani, però, non sono tanto stupidi da credere che basti togliersi la giacca e infilarsi la maglietta verde per tornare a essere partito di lotta.
Non si lasciano convincere da slogan contro il governo quando la crisi è responsabilità di chi ora protesta.
Nemmeno i militanti leghisti sono stupidi.
Anzi, ribellandosi ai capi — schierati con Cosentino pur di salvare il cadreghino — dimostrano che il loro attaccamento al Carroccio era spesso genuino.
Ma Bossi e il suo Cerchio Magico, da tempo (forse da sempre), li hanno abbandonati.
E anche Maroni non può ambire a essere leader: Bobo che fu ministro dei primi governi Berlusconi, poi sparò a zero sul Cavaliere, salvo tornare all’ovile e al Viminale.
Maroni che come massima espressione di dissenso “osa” sbuffare di fronte al Senatùr.
Se, però, il partito si disgrega, restano milioni di elettori delusi e confusi che si sfogano in Internet e alla radio.
Restano piccoli amministratori leghisti che si sono dimostrati migliori dei dirigenti.
E soprattutto rimangono istanze che meritano ascolto.
No, non la becera intolleranza che sfiora il razzismo, non il ribellismo retorico che ignora le leggi.
Ma il desiderio di una politica lontana dai palazzi, più legata al territorio del Nord che tanto ha contribuito alla crescita dell’Italia.
Sbaglierebbe chi liquidasse, insieme con il Carroccio, anche i bisogni reali alla base della sua affermazione.
Impossibile, però, che se ne faccia interprete il Pdl.
E difficile che sia in grado di farlo un centrosinistra spesso ridotto ad apparato.
Una cosa è certa: il rappresentante di questo scontento non può essere la Lega.
Partita per sconfiggere “Roma ladrona” ha invece portato nel suo Nord tante logiche “romane”: la fame di poltrone, l’affarismo, i tatticismi, la mancanza di democrazia interna.
Il Carroccio si ferma qui, quando pareva diventato movimento di massa si è rivelato un altro partito “ad personam”: dopo Berlusconi pare questo il modello dei partiti in Italia, a destra come a sinistra.
E Bossi ha deciso che la sua creatura non gli sopravviverà .
F.S,
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 15th, 2012 Riccardo Fucile
PRIMA METTE IL BAVAGLIO A MARONI, POI E’ COSTRETTO A UN’INTERVISTA RIPARATORIA SU “LA PADANIA” DI OGGI: “NESSUN VETO, LA LEGA E’ UNITA”… IN REALTA’, DI FRONTE ALL’INSURREZIONE DELLA BASE, IL CERCHIO MAGICO HA DOVUTO RINVIARE LA RESA DEI CONTI
Roberto Maroni sfida il veto di Umberto Bossi e annuncia la sua presenza a Che Tempo che fa e all’assemblea di Libera Padania, al teatro Santuccio di Varese mercoledì.
“Certo che vado, l’hanno organizzato per me”, ha detto l’ex ministro dell’Interno che, sul suo profilo Facebook, ha rilanciato il link dell’appuntamento.
La presa di posizione e la vera e propria rivolta interna, generata dalla decisione di mettere il bavaglio all’ex titolare del Viminale, hanno costretto in serata Bossi a inserire la marcia indietro: oggi su La Padania uscirà la capriola con cui il Capo garantisce che non c’è alcun veto su Maroni.
Oplà , il doppio carpiato di via Bellerio è servito.
“Nessun veto, presto faremo un comizio insieme”, garantisce Bossi.
Lo stesso che appena ieri sera aveva firmato il fax con cui vietava a Maroni di partecipare ad appuntamenti politici a nome della Lega.
L’anticamera dell’espulsione, così come accadde nel 1996 con Irene Pivetti: prima azzittita e poi, dopo tre mesi, cacciata dal partito.
Ma la reazione della base leghista e di una buona parte degli amministratori locali ha spinto il Senatùr a tentare di buttare acqua sul fuoco, anche in vista della manifestazione prevista per domenica 22 a Milano che si annunciava a dir poco disastrosa.
La Padania in edicola rassicura: i due si sono sentiti, è tutto a posto. Ovviamente.
La manifestazione del 22 gennaio a Milano è in testa alle priorità del Carroccio.
‘Contro il governo Monti, e a favore della libertà della Padania”, prosegue il quotidiano. “Questo non è il momento delle polemiche’, spiega il segretario federale. ‘Chi spera in una Lega divisa e dà ascolto a intermediari confusionali rimarrà deluso, commenta Bossi, che ha fatto sapere che non vi sono veti alla partecipazione di Maroni ai comizi sul territorio e che presto ne terranno uno insieme -spiega ancora il quotidiano del Carroccio-. ‘
Ancora una volta -scrive ‘la Padania- i vecchi amici si sono dati la mano, convinti più che mai che la Lega sia molto più importante di beghe e contestazioni infondate”.
Maroni conferma la telefonata.
E all’Ansa dice: “Ora spero che si chiarisca”.
In realtà , a spingere il leader del Carroccio a tornare sui suoi passi sono stati la ribellione della base leghista a favore di Maroni: dopo il veto alle apparizioni pubbliche di Maroni, sarebbero stati subito una cinquantina gli inviti rivolti all’ex ministro dell’Interno da parte di segreterie provinciali, da sindaci e da sezioni, affinchè ignorasse il divieto.
Il cerchio magico ha così deciso di rinviare la resa dei conti: la farsa padana continua.
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Gennaio 14th, 2012 Riccardo Fucile
MENTRE LA BASE LEGHISTA INONDA DI PROTESTE RADIO PADANIA E WEB PER AVER SALVATO COSENTINO, I BADANTI TANZANIANI DEL SENATUR METTONO MARONI AGLI ARRESTI DOMICILIARI… I DUE MAGGIORI ESPONENTI DEL CARROCCIO IN GUERRA SI RIVELANO PER QUELLO CHE SONO: DUE CACASOTTO… CI VOLEVA BERLUSCONI PER PORTARLI AL GOVERNO
Il leader della Lega Nord Umberto Bossi ha sospeso tutti gli incontri pubblici dell’ex
ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Secondo l’agenzia Tmnews, la decisione è stata comunicata oggi al consiglio direttivo della Lega che si è riunito in Bellerio.
La decisione giunge dopo l’aspra polemica divampata sul voto in Parlamento che ha salvato sull’arresto del parlamentare del Pdl Nicola Cosentino.
Oggi uno dei “custodi” dell’ortodossia bossiana, il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, noto fine intellettuale, ha attaccato Maroni con un post su Facebook: “Caro Roberto chi è causa del suo mal pianga se stesso. La Lega ha dato indicazione di votare per il sì all’arresto, salva la libertà di chi era contrario per questioni di principio. Lo abbiamo ‘salvato’ noi? Credo proprio di no, perchè come sai bene quasi tutto il gruppo ha seguito le indicazioni di Bossi che ha detto di votare sì, mica no. E poi se Cosentino andava messo in galera, perchè non ce lo hai detto quando eravate ministro tu e sottosegretario lui?”
Come se gli italiani non sapessero contare e non fosse evidente che 25-30 deputati della Lega hanno salvato Cosentino dall’arresto.
Sempre sul social network è comparsa la prima reazione di Maroni alla decisione del capo del suo partito: “Non so perchè, nessuno me lo ha spiegato, sono stupefatto, mi viene da vomitare: qualcuno vuole cacciarmi dalla Lega ma io non mollo”, si legge sul suo profilo Facebook.
Il sassofonista che per anni ha avallato le decisioni di Bossi ora fa quello che è caduto dal pero: quando sono stati cacciati centinaia di dirigenti e militanti per lesa maestà chissà dov’era Maroni. Forse impegnato nelle consulenze orali?
I riflettori in casa leghista sono ora puntati sulla manifestazione annunciata per domenica 22 a Milano.
“Prevedo che ci siano contestazioni – dice a microfoni spenti un leghista vicino al cosiddetto ‘cerchio magico’ – ma siamo pronti anche noi. Se contestano Bossi appena parlano – osserva, tanto per dare un’idea del clima nel Carroccio – pigliano tante di quelle legnate che non hanno neanche idea”.
E aggiunge: “se qualcuno si azzarda a dire ‘Maroni segretario’, è passibile di sanzioni”.
Una via di mezzo tra persecuzione statutaria e metodi da malavitosi insomma.
Intanto su Radio Padania continua lo psicodramma.
Anche oggi è andata in onda la protesta, dal caso Cosentino agli investimenti in Tanzania e al fallimento della banca della Lega con i mancati rimborsi a chi aveva investito.
Il conduttore ha replicato ai contestatori o togliendo la linea o spiegando perentorio: “Bossi propone un pacchetto con alcune soluzioni. Se le condividete bene altrimenti votate altri partiti che ce ne sono tanti. Bossi è il segretario federale, punto e basta”.
Detto fatto: in tanto voteranno per altri partiti o se ne staranno a casa, c’è un limite a tutto. Anche alla ubriachezza molesta.
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Gennaio 14th, 2012 Riccardo Fucile
LEGA SPACCATA: VOCI DI UN PIANO PER ESTROMETTERE MARONI DURANTE LA MANIFESTAZIONE DEL 22 A MILANO
La grande paura ora è per il 22 gennaio.
La manifestazione convocata in piazza del Duomo a Milano contro il «governo ladro», per le due Leghe che ormai convivono dietro Alberto da Giussano, è diventata un’incognita: secondo qualcuno rischia di essere un flop epocale, secondo altri, addirittura, di trasformarsi in un ring tra le opposte fazioni, maroniani contro clan di Gemonio.
Con i sostenitori dell’ex ministro dell’Interno a contestare i maggiorenti del movimento su un palco in cima al quale Roberto Maroni non sarà invitato.
Mentre ieri soffiavano forti le voci di un estromissione dalla segreteria padana del leghista più popolare dopo Bossi.
La giornata del voto su Cosentino ha sancito ciò che ormai era nei fatti: le Leghe ormai sono due.
Quella che fa capo a Umberto Bossi e quella che risponde all’ex ministro dell’Interno. Quella più sensibile all’alleanza storica con Silvio Berlusconi e quella che vorrebbe mani libere per ridare lustro a quella fisionomia di sindacato di territorio che molti ormai ritengono appannata.
Tutto incomincia con una tesissima riunione del gruppo a Montecitorio. Bossi non è ultimativo, quando gli parlano delle proteste sul web pare propendere per il sì all’arresto del parlamentare pdl.
Poi, si sfiora la boxe. Luca Paolini, a favore del no, ricorda i casi di Enzo Tortora e Enzo Carra.
Gianpaolo Dozzo vede rosso: l’ex esponente della Dc, nel giorno della malattia di Bossi nel 2004, non aveva trovato di meglio che invitare a preservare «questo Paese da chi lavora per la sua disunione».
I due deputati devono essere divisi: «È vero che ti ha chiamato Berlusconi?» grida Dozzo.
Poi, il voto.
Con una pattuglia di incerta entità della Lega che contribuisce a salvare Cosentino dal carcere e a cui Bossi non partecipa.
Maroni è amareggiato: «Non ho condiviso la posizione della libertà di voto, ma l’ho accettata perchè era la posizione espressa nel gruppo».
Sul web prende a circolare un video che mostra l’ex ministro nell’atto di votare a favore dell’arresto.
Immediata la solidarietà del sindaco di Verona, Flavio Tosi, che a «La zanzara» su Radio24 parla di «brutta pagina per la politica».
Poi, parla Bossi ed è un diluvio. Che comincia con una staffilata a Maroni? «È scontento? Non è che piangiamo per questo…».
Il capo dell’unico partito che abbia mai portato un cappio in Aula spiega poi che «la Lega non è mai stata forcaiola» e che Berlusconi, con la decisione padana, c’entra nulla: «Non ho parlato con Berlusconi nè prima nè dopo, non penso che il no della Camera all’arresto del deputato del Pdl rafforzi l’alleanza».
Ma ora, il big match è aperto. L’idea dei bossiani è quella di lasciare Maroni senza più cariche nè titoli per partecipare agli appuntamenti rilevanti del partito. Quanto all’impopolarità nell’elettorato padano della scelta riguardo a Cosentino, un bossiano di ferro spiega che «il problema, ora, non è prendere il 5, l’8 o il 10 per cento alle elezioni. Il punto, è fare pulizia nel partito».
Marco Cremonesi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Gennaio 14th, 2012 Riccardo Fucile
GLI INVESTIMENTI DEL TESORIERE BELSITO HANNO GENERATO UNA SERIE DI BATTUTE E IRONIE SULLA RETE….IN PARTICOLARE TRA I SUPPORTER DI MARONI, I “BARBARI SOGNANTI”
Tra “Lega Nord Tanzania”, “Tanzania libera”, simboli artefatti a dovere e commenti
preoccupati, nel lungo elenco di sfottò al Carroccio che stanno spopolando sul web si trovano persino la tanzanite e la foto della corona norvegese.
Dopo la diffusione della notizia degli investimenti compiuti dal partito di Bossi nel continente nero sul web si sta infatti scatenando la corsa alla battuta sarcastica. Curiosamente molte di queste boutade arrivano proprio dall’interno della stessa Lega, con militanti e colonnelli che si stanno lasciando andare, soprattutto sui social network, a manifestazioni di aperto dissenso contro gli investimenti milionari operati dal tesoriere della Lega, Francesco Belsito, su fondi e titoli norvegesi, ciprioti e tanzaniani. Investimenti compiuti utilizzando i soldi dei rimborsi elettorali che, al posto di essere utilizzati per il sostegno delle sezioni (sempre in carenza di liquidità ), nella seconda metà di dicembre sono migrati verso posti esotici.
Una situazione paradossale a cui in molti nella Lega cercano di dare una spiegazione logica, ma non ci vuole molto ad imbattersi in esternazioni piccate.
Basta entrare nel profilo di qualche “barbaro sognante” (l’appellativo che molti maroniani aggiungono al proprio nome sui profili facebook) e leggere i commenti alla notizia: “Incredibile! La cassa del partito usata come patrimonio della famiglia Bossi! Mentre i militanti (e gli italiani/padani) hanno dovuto risarcire le casse della Banca della Padania. Cosa dobbiamo ancora scoprire?!”
E ancora: “Ma ai militanti fanno anche gli sconti per i viaggi in Tanzania?”, passando per i dubbi più seri: “Una domanda: se un giorno si dovesse sciogliere il partito “Lega Nord”, dove finirebbe quei soldi? con che criterio sarebbero ripartiti? Penso che partendo da questa domanda si possano capire molte cose”, sfiorando punte di vera e propria ostilità nei confronti degli esponenti più in vista del cerchio magico: “In Tanzania… si investe in piantagioni di banano… a febbraio arriveranno le banane più grosse del mondo…. per far contenta la Sim.Paticona. Sicuramente ne farà buon uso… sperando che si ricordi di mettersele anche in Bocca!” (messaggio che senza mezzi termini allude a Rosy Mauro, segretaria del Sin.Pa, il sindacato padano).
Così gli investimenti di Belsito (che risponde direttamente al Capo) hanno riaperto la frattura tra i maroniani e il cerchio magico bossiano.
Lunedì, alla riunione della segreteria politica leghista in via Bellerio il tema è stato affrontato apertamente e Roberto Maroni non ha usato mezzi termini per comunicare la propria indignazione, proponendo addirittura di rimuovere Belsito dal suo incarico. Proposta prontamente rispedita al mittente: tutta l’operazione sarebbe stata preventivamente concordata direttamente con Umberto Bossi.
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Gennaio 13th, 2012 Riccardo Fucile
“LA NOSTRA GENTE E’ CON ME, ANCHE SE NEL GRUPPO DIRIGENTE HO POCHI ALLEATI”… MARONI CONFIDA NEI CONGRESSI PER RIBALTARE I RAPPORTI DI FORZA INTERNI E CRITICA I FONDI ALL’ESTERO: PECCATO CHE PER ANNI ABBIA FATTO FINTA DI NON VEDERE E DI NON SENTIRE
«A questo punto io rappresento la linea dell`opposizione interna: nel gruppo dirigente ho
pochi alleati, ma nella base i rapporti di forza si invertono; ecco perchè occorre al più presto celebrare i congressi».
Invoca il «ricambio», Bobo Maroni, dopo l`ennesima giravolta di Bossi sul caso Cosentino, «una cosa che fa impazzire i nostri militanti».
Lo invoca sfogandosi con i suoi fedelissimi, con una truppa che la sconfitta di ieri non sembra affatto aver schiantato.
«Non è una sconfitta», gli dicono quasi a consolarlo. Ma di consolazioni il Maroni socio fondatore della Lega sembra non avere bisogno.
Perchè il voto di ieri, dopo la drammaticariunione del gruppo parlamentare della Lega, segna uno spartiacque: «Formalizza l`esistenza di una seconda visione dentro la Lega, o c`è una svolta oppure il movimento finirà a causa dei pretoriani che stanno attorno a Bossi».
Insomma, è ora di gettare il cuore oltre l`ostacolo, come dicono i colonnelli maroniani in piena sintonia con i rivoltosi del web che per tutto il giorno incitano l`ex inquilino del Viminaie a prendersi il partito.
«L`unica cosa che escludo è uscire dalla Lega per fare un`altra cosa».
E allora nel mirino non ci sono più solo i «pretoriani» del Cerchio Magico, i vicerè della «Lega di famiglia» che tengono Bossi «rinchiuso nel castello di Gemonio, o di via Bellerio».
Nel mirino, ed è la prima volta, c`è il Capo: «Certo, lui è il segretario, ed questa la ragione per cui i congressi vanno fatti».
Da tempo si è fatto una convinzione, Bobo. E ieri, con i suoi, ha rimesso in fila parole che portano dritte a uno scontro vero, non più mediato da convenienze diplomatiche.
«Bossi ha in mente una successione dinastica, da padre in figlio; ma sa benissimo che ci vuole tempo, e per questo ritarda la convocazione dei congressi, ampiamente scaduti».
È quella la sfida, non ci sono altre strade per riportare il Carroccio nei binari:
«Di là i pretoriani che circondano Bossi, fuori la base, la nostra gente».
Di là il Trota, l`erede designato, di qua il cuore pulsante del movimento, il binomio sindaci sezioni individuato come forza rigeneratrice di una Lega non più succube del signore di Arcore.
C`è chi mette nel conto, anche tra i maroniani, che la reazione i tanti distinguo pronunciati in questi ultimi tempi (dalla caparbia rivendicazione della fine dell`alleanza con il Pdl fino alla battaglia combattuta ieri) adesso possano scatenare la cacciata dei reprobi.
Ma lui, Maroni, fa spallucce, e un po` imita il Fini dell`addio a Berlusconi: «Che fanno, mi cacciano? E solo perchè mi sono schierato per l`arresto di Cosentino?».
Non si può, a meno di non sconfessare «la maggioranza dei nostri militanti».
Semmai la sconfessione riguarda Bossi, che durante la tesissima riunione del gruppo, ieri alla Camera, «ha cambiato idea tre volte».
Prima il no all`arresto, poi la libertà di coscienza, quindi (dopo la rissa sfiorata tra il “garantista” Paolini e i giovane Dozzo) il sì all`arresto però con libertà di coscienza perchè «altrimenti al Nord ci fanno il mazzo».
Errore imperdonabile, per Maroni, ma forse va bene così:
«In questo modo Umberto mi ha dato la possibilità di alzare la bandiera della legalità ; certo, sono stato sconfitto, ma ho tenuto la posizione, e questo agli occhi dei militanti risulta del tutto evidente».
E è pacifico, anche se il Senatùr nega, che «nelle ultime ore qualcosa tra Berlusconi e Bossi c`è stato».
Alla conta, dunque. Non c`è altro da fare, insiste Maroni con un amico: «Senza una svolta finiremo come Rifondazione comunista, un partito di nicchia. Un partito avvizzito. Ma io chiederò i congressi utilizzando la voce della base».
Ma bisogna fare in fretta, e qui l`ex ministro cita Virgilio, fugit irreparabile tempus: «Anche il Pdl sta cercando di creare un nuovo partito del Nord, e spera nella Lega più deteriore, quella della Tanzania», quella dei soldi partito investiti in modo spericolato e per nulla trasparente.
Ci vuole anche compattezza: «Molti dirigenti mi dicono basta, finiamola; poi mi giro e non c`è più nessuno».
Per fortuna c`è la base, su quella si può contare, soprattutto dopo il vulnus di ieri: «Il ceto politico che prende i soldi è quello più soggiogato e timoroso, sanno che con questa legge elettorale se si espongono rischiano di non essere ricandidati».
Dunque, «occorre mettere in moto il cambiamento, o la sconfitta sarà definitiva».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 12th, 2012 Riccardo Fucile
IL CONDUTTORE DELLA RADIO PADANA DA’ DELLO STRONZO A UN ASCOLTATORE LEGHISTA CHE CRITICA IL VOTO…”BOSSI SI E’ RIPRESO LA LEGA, MARONI DEVE AVERE IL CORAGGIO DI ROMPERE”…”CHI HA SALVATO COSENTINO MI FA SCHIFO”…”ANDATE TUTTI A CASA, A COMINCIARE DALLA BADANTE”
Sono durissimi i commenti online dei militanti del Carroccio, all’interno del quale oggi si è
consumata la frattura tra i due fronti contrapposti di Umberto Bossi e Roberto Maroni.
Il Senatùr, infatti, ha smentito le dichiarazioni dell’ex ministro degli Interni, che lunedì sera aveva assicurato: la Lega voterà per l’arresto.
Posizione lontana da quella del leader del Carroccio, che oggi al termine di una riunione coi suoi deputati ha dettato la linea: libertà di coscienza.
E il coordinatore del Pdl Campania, anche grazie ai voti dell’unico partito di opposizione, è stato salvato.
“Cosentino non va ai ceppi, e Bossi si è ripreso la Lega: bye bye Maroni”, scrive il blog di centrodestra Daw perchè “il voto odierno ha dimostrato da che parte sta la Lega. Con Bossi. Roberto Maroni ha perso, ancora una volta”.
Avrà perso nel duello di oggi, ma la base leghista sulla sua pagina Facebook sta con lui. “Caro Bobo, proprio non ci siamo!”, scrive Paolo, che riferendosi a Bossi aggiunge: “Tu sai certamente meglio di tutti noi se ci siano ancora dei margini per tirare fuori il Capo dalla ragnatela in cui l’hanno avvolto la badante e i suoi amici, comunque ricordiamoci tutti che gli uomini passano, la libertà della Padania resterà sempre il nostro grande sogno”.
Anche Roberto ripone la fiducia nelle mani di Maroni: “Roberto, ti parlo con il cuore in mano come giovane lombardo che crede nel sogno di libertà dei popoli del nord, in questo ultimo periodo vedo una Lega che non sa da che parte andare. Adesso tocca a te ministro, il nord è con te”.
Anche se Bossi ha invitato a salvare Cosentino, Maroni ha deciso però di confermare quanto dichiarato lunedì.
Motivo che rende Gianmatteo “orgoglioso del ministro dell’Interno” perchè “chi si è astenuto o ha votato no mi fa schifo e non mi rappresenta”.
Valerio fornisce poi la sua interpretazione sulla Lega che vota contro l’arresto e ignora così la volontà della base: “Probabilmente è finita l’alleanza (con Berlusconi, ndr) ma non gli interessi. Comunque spero serva a dare una svolta ad una Lega ormai romanizzata. Ma per questo ci sei Tu Bobo” e anche Barbara conferma: “Serve una sterzata, forte e chiara. Bobo siamo con te! Non mollare!”.
Il forum di Radio Padania, in compenso, continua a essere “momentanemente chiuso”.
Una sospensione mai interrotta dalle scorse amministrative milanesi anche se sulla pagina Facebook il voto su Cosentino non sposta gli equilibri: “Io che si voti no o sì rimango leghista, e ci mancherebbe altro scrive Bruno -. Il mio voto non si basa certo su minchiate simili”.
In compenso, ai microfoni aperti della radio esplode la rabbia.
Alla trasmissione ‘Che aria tira’, infatti, l’accusa nei confronti della linea di Bossi è stata chiara: “Avete salvato un camorrista”.
Le critiche, però, non sono piaciute al conduttore Roberto Ortelli, che a molti ascoltatori ha risposto per le rime, togliendo spesso la parola.
La prima ascoltatrice ha solo avuto il tempo di dire: “Avete salvato Cosentino…” che Ortelli ha replicato: “Lei chi è, dica nome e cognome. Si presenti, altrimenti telefoni a Radiopopolare”.
Il secondo ascoltatore ha invece potuto ‘dialogare’: “Perchè — ha esordito — la Lega ha salvato un altro camorrista?”.
“Lei è sicuro che sia un camorrista? Ha letto le carte?” è stata la replica del conduttore: “Sì — ha risposto l’ascoltatore — le carte sono su internet e lui andava a cena con un camorrista”. “Allora — ha tagliato corto Ortelli — se io vengo a cena con lei posso dire che sono andato a cena con uno stronzo?”.
Sul forum dei giovani padani, però, a prevalere non sono i commenti a sostegno di Maroni, ma la convinzione che a dettare la linea della Lega sia ancora il legame tra Bossi e Berlusconi.
Che già a maggio, secondo decine di militanti “aveva fatto il suo tempo”.
Monta la rabbia contro l’ipocrisia di un’opposizione al governo Monti strumentale solo “a recuperare consensi”, mentre fino a due mesi fa Cavaliere e Senatùr erano alleati di ferro. “Prima ha votato leggi vergognose per il mafioso, ed ora sta all’opposizione per rifarsi una verginità ” commenta ironico BastaBossi e per Giuseppe Brianza il Senatùr è soltanto un “arruffapopoli irresponsabile”.
LoSpada poi attacca i cittadini disposti ad accordare nuovamente la fiducia al Carroccio per le prossime politiche: “Prima hanno creato danni economici a iosa e votato tutte le leggi ad personam possibili per Silvio — nota — E nel 2013 torneranno a presentarsi come quelli che hanno la chiave per risolvere i problemi. Se la gente è rincoglionita e li voterà ancora, mica è colpa della Lega”.
Namaycus spera invece in un partito nuovo perchè “se la Lega vuol prendere il mio voto deve cambiare totalmente questa classe dirigente falsa e corrotta; via tutti quelli che sono stati collusi col nanetto mafioso in questi anni di sfascio dell’Italia. Via Bossi, via Maroni, via Calderoli, via Castelli, Via Cota”.
E a chi invoca il ritorno di un governo scelto dagli elettori, altri utenti ricordano che “Scilipoti non è espressione della sovranità popolare” e i nominati di prima non hanno fatto altro che “salvare il culo a B”.
E si domandano: “Dove erano allora i puffi verdi?”.
Eleonora Bianchini
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Bossi, Costume, denuncia, Giustizia, la casta, LegaNord | Commenta »
Gennaio 12th, 2012 Riccardo Fucile
GLI ATTI TRASMESSI DALLA PROCURA DI ROMA ALLA GIUNTA PER LE IMMUNITA’ PARLAMENTARI DEL SENATO…TUTTO PARTE DA UN ESPOSTO DEL CONSIGLIERE REGIONALE “CINQUE STELLE” BIOLE’ SULL’USO IMPROPRIO DI AEREI DI STATO
I pm di Roma vogliono procedere contro Roberto Calderoli per l’uso di un aereo di Stato “per scopi non istituzionali”.
Proprio lui, che di recente ha bacchettato il presidente del Consiglio Mario Monti sulle spese per una festa privata di Capodanno a palazzo Chigi, è ora sospettato di aver usufruito di un volo di Stato per andare nella zone dove risiede e lavora la sua compagna, Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo.
Gli atti del procedimento contro l’ex ministro per la Semplificazione e senatore leghista sono stati trasmessi ieri dalla Procura della Repubblica di Roma alla Giunta delle immunità parlamentari del Senato, che settimana prossima affronterà il caso.
L’indagine parte da un esposto del consigliere regionale del Piemonte per il Movimento Cinque Stelle, Fabrizio Biolè.
Il 19 gennaio 2011 all’aeroporto di Levaldigi (Cn) atterra un Airbus 319-115 CJ dell’Aeronautica militare, con la scritta “Repubblica Italiana”, un aereo della flotta di base a Ciampino, riservata alla Presidenza della Repubbica, presidenti delle due Camere del parlamento e al Presidente del Consiglio. Come già dichiarato al Fatto, Biolè sa da fonte certa che a bordo c’è l’allora ministro Calderoli.
“Sono andato di persona all’aeroporto di Levaldigi perchè avevo ricevuto segnalazioni sul fatto che l’ex ministro avesse già fatto dei viaggi lì con aerei della flotta istituzionale”, racconta Biolè al fattoquotidiano.it.
Il consigliere cerca di ottenere informazioni, ma le autorità aeroportuali non possono fornirgliele: Calderoli è sotto scorta, con la protezione del più alto livello, ed è impossibile ottenere notizie sul motivo del suo atterraggio.
“Personalmente non ho visto il ministro — precisa — però dopo aver fatto la richiesta ho dato la notizia ai giornali e alcuni cronisti, dopo essersi confrontati con l’entourage di Calderoli, hanno avuto conferma del fatto che lui non avesse nessun impegno istituzionale in zona”.
L’aereo serviva per fare ritorno a Roma, dove Calderoli — stando a quanto risposto dai suoi collaboratori — aveva un impegno immediato in Commissione federalismo.
Eppure, consultando il sito della Camera dei Deputati, non c’era nessun impegno della Commissione quel giorno.
“Ho capito che era una cosa importante, un uso improprio dell’aereo di Stato, così ho fatto una richiesta di informazioni all’autorità aeroportuale e poi un’altra tramite il Consiglio regionale, perchè la Regione Piemonte controlla l’aeroporto di Levaldigi”.
Tutti tacciono.
Si interessa al caso anche il deputato Pd Emanuele Fiano, con una interrogazione a risposta scritta a cui non è mai stata data una risposta: “Non risulta all’interrogante che in quella data ci fossero missioni istituzionali programmate, nè risulta esserci alcun documento ufficiale che certifichi il viaggio stesso”.
A questo punto Biolè presenta un esposto alla Procura di Cuneo, poi inviato a quella di Saluzzo competente per i fatti avvenuti a Levaldigi.
Da qui, poi, alla capitale.
“Avendo avuto notizie nei giorni successivi dell’uso del suddetto volo per scopi strettamente personali, ritengo illegittimo l’uso del mezzo appartenente alla flotta”, scrive nel documento.
Senza un impegno istituzionale o senza motivazioni adeguate Calderoli non avrebbe potuto usarlo: la legge prevede l’uso esclusivo della flotta per il Presidente della Repubblica, quello del Senato, quello della Camera e per il premier.
I voli sono concessi ai ministri solo dopo una “richiesta altamente motivata”. Ai magistrati spetta ora verificare se il volo di Stato Roma — Levaldigi — Roma fosse giustificato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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