Settembre 19th, 2011 Riccardo Fucile
AL RADUNO DI VENEZIA META’ DEI LEGHISTI ATTESI NON SI VEDONO… MARONI PER ORA NON DARA’ BATTAGLIA PER LA SUCCESSIONE, ASPETTA CHE CADA BERLUSCONI E SI TRASCINI DIETRO IL SENATUR… BOSSI E’ ORMAI UN LEADER STANCO, RIPETITIVO E SENZA ARGOMENTI
Roberto Maroni rinuncia alla battaglia per la successione. Almeno adesso. Cada il governo
Berlusconi, che si trascinerà dietro Umberto Bossi, poi avanzerà con naturalezza lui, il ministro dell’Interno che oggi a Venezia, come mesi fa a Pontida, è invocato dai militanti come presidente del Consiglio.
Il suo discorso dal palco è istituzionale, rivendica i risultati ottenuti dal suo ministero, e pacifico, negando qualsiasi contrasto con Calderoli.
La guerra interna è dunque vinta.
Ora c’è da aspettare un incidente parlamentare, un pretesto che possa far scivolare Berlusconi e il suo governo.
Sarà poi Bossi a lasciare la guida del partito.
Del resto il leader è stanco, ripetitivo, senza più argomenti.
Quando sale sul palco, davanti a una piazza molto più vuota degli ultimi anni, cerca un’idea nuova.
Si trova acclamato suo malgrado dallo slogan “secessione”, ripetuti dai militanti.
E lui butta li: “Serve una via democratica, magari quella del referendum“.
E poi ritrova vecchi slogan: “Alla fine ci sarà la lotta di liberazione per la libertà ‘”.
In tutto questo, Maroni si è letteralmente nascosto, per timore di essere acclamato. Ed è sparito quando dalla piazza, mentre Bossi parlava, si sentiva il grido “Maroni insieme, Maroni insieme”.
Lui s’è sfilato. E non s’è neanche fatto vedere alla cerimonia delle ampolle.
Prima degli interventi dei leader del Carroccio, però, la giornata leghista era iniziata all’insegna di un grande spiegamento di forze dell’ordine, specie alla luce degli incidenti di ieri.
Da piazza San Marco a Riva degli Schiavoni ci sono cinque ponti da attraversare.
Settecento metri attraversati da un fiume verde e presieduti da centinaia tra poliziotti, carabinieri, uomini delle Fiamme gialle. Venezia stamani si è svegliata assediata. Non c’è angolo, ponte, via d’acqua che non abbia almeno sei agenti e un gommone pronti a intervenire
C’è Marco Reguzzoni, che si protegge dal sole sotto un gazebo, e Roberto Cota. Il presidente della Regione Piemonte apre gli interventi dal palco. Pochi minuti: “Siamo stufi di andare a Roma con il cappello in mano” e “viva Bossi“. Poi il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha salutato “i dodici agenti feriti negli scontri di ieri, che erano qui a fare il loro dovere” ha detto, conquistando un applauso tiepido.
Sotto il palco, tra i militanti, Mario Borghezio in camicia verde d’ordinanza, stringe mani e saluta, accolto come un amico.
Ma il partito lo ha sostanzialmente epurato: è senza tessera e la Padania, il quotidiano sempre pronto ad ospitare il Borghezio pensiero e farne bandiera, gli ha messo il silenziatore.
E non è più l’oratore che apre i comizi per scaldare la piazza.
E qui a Venezia si vede.
Ci prova Rosy Mauro. “Se non fosse stato per la Lega saremo già Africa”, dice. “Senza di noi la finanziaria avrebbe colpito tutti”.
Ci riesce Calderoli a svegliare gli animi. Ma per una lotta interna al partito. Quando il ministro per la semplificazione si scaglia contro i “tanti criticoni” della Lega, i sindaci (da Fontana a Tosi), a cui ricorda: “senza Bossi noi non esisteremmo”. “Polvere siete e polvere tornerete”, dice.
“Quando la gente va a votare mette la croce sullo spadone di don Giussano, mica sullo spadino di quattro pirla”.
Ma quando sul palco è stato annunciato Roberto Maroni è partita un’ovazione. Con coro “presidente, presidente” rivolto al ministro degli Interni. Adotta un profilo basso, governativo.
Niente camicia verde, giacca blu e cravatta. “Vorrei ricordare i risultati alla lotta alla mafia e all’immigrazione”, dice (le solite palle n.d.r)
Nulla rispetto agli slogan gridati di Mauro e Calderoli, eppure incassa applausi e cori.
Gli basta un “sinistra cialtrona” per far scatenare la piazza.
Ed ecco il politico padano. Azzera i contrasti con Calderoli: “Voglio ringraziare Calderoli, quelle dei giornali sono tutte balle, noi lavoriamo”.
Calderoli lo abbraccia, anche se due minuti prima si era scagliato proprio contro i “coltelli padani”.
La guerra alla successione da qui, come da Pontida tre mesi fa, ha evidentemente un vincitore ormai condiviso da tutti: Roberto Maroni.
“Non ne possiamo più di case fantasma comprate da chissà chi a sua insaputa, non ne possiamo più di leggere le intercettazioni: non siamo andati a Roma per questo” ha detto il ministro degli Interni, con i militanti che rispondono con slogan: “secessione, secessione” e, di nuovo, “presidente, presidente”.
Per quanto riguarda la durata del governo, Maroni non ha dubbi: “Andrà avanti, anche se è difficile, e comunque finchè lo dirà Bossi“.
Il senatùr sale sul palco alle 12.40 e, come sempre, scatena la “pancia” dei militanti. E rilancia la secessione, “anche con il referendum magari”, perchè, dice, bisogna trovare la via.
“Come si fa a stare in un paese che sta perdendo la democrazia, il fascismo è ritornato, con altri nomi e altre facce — ha detto il leader del Carroccio — se l’Italia va giu la Padania viene su. Bisogna solo trovare la via, io sono per la via democratica. E’ evidente che la gente ne ha piene le scatole, non puo più mandare a Roma un sacco di soldi. Non ne abbiamo più neanche per noi. Bisogna trovare la via d’uscita”.
E se la prende con i giornalisti, in particolare con l’articolo che Panorama ha dedicato alla moglie Manuela Marrone. “Iago della carta stampata, attaccano la mia famiglia”.
I giornali, la carta stampata: “fanno tutti gli amici, ma sono tutti contro la lega. La gente perde la pazienza“.
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Settembre 17th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO DI VIGGIU’, L’ITALO AMERICANA SANDY CANE, HA DECISO DI SCIOPERARE NONOSTANTE LA DELIBERA DEL DIRETTIVO DEL CARROCCIO…”NON SIAMO IN URSS E LA MANOVRA E’ SBAGLIATA”
Se il sindaco di Varese Attilio Fontana ha dovuto accettare il diktat di Bossi, rinunciando in un
colpo solo allo sciopero dei sindaci contro i tagli ai Comuni e alla presidenza di Anci Lombardia, tra i leghisti c’è chi ha scelto una strada diversa e ha deciso di sfidare i vertici incrociando le braccia contro una manovra che ritiene iniqua ed eccessivamente penalizzante per le amministrazioni locali.
Lo ha fatto Sandy Cane, sindaco di Viggiù (Varese), già balzata agli onori delle cronache per essere la prima donna di colore (per di più leghista convinta) a guidare un Comune italiano.
È proprio lei, italo-afroamericana dal Dna leghista e maroniano, a incarnare la volontà e il pensiero della gran parte dei sindaci del Carroccio, trovando il coraggio, a differenza di tanti altri, di andare oltre le parole e passare ai fatti: “Chiudo il Comune perchè si tratta di una protesta doverosa e sacrosanta. Lo devo ai miei cittadini che sono il mio unico datore di lavoro. Se il partito poi vorrà espellermi, me ne farò una ragione”.
Sono le dichiarazioni che la stessa Sandy Cane ha rilasciato al quotidiano La Provincia di Varese, dicendosi poi pronta ad affrontare le conseguenze della sua scelta: “Probabilmente sarò espulsa dalla Lega, ma non posso tirarmi indietro. Io rispondo prima di tutto ai viggiutesi che mi hanno eletto e per i quali lavoro 24 ore al giorno. È per loro che oggi protesto”.
Così, la delibera emanata dal direttivo federale leghista a Viggiù è rimasta lettera morta, tanto che oggi le porte dell’anagrafe e dello stato civile sono rimaste chiuse.
Una scelta che il sindaco Cane ha spiegato ai cittadini con una lettera, pubblicata anche sul sito del Comune: “Si tratta di una forma di protesta molto forte alla quale siamo arrivati perchè non siamo riusciti a far cambiare una manovra economica necessaria, ma sbagliata nelle parti che riguardano le istituzioni territoriali — spiega -. Non vogliamo peggiorare la qualità della vostra vita ma cercare di migliorare i servizi e le prestazioni in tutti i settori e di difendere i vostri diritti. Oggi non è più possibile perchè si preferisce togliere ai Comuni invece di andare a vedere dove le risorse si sprecano realmente. Ogni anno i Comuni hanno portato soldi alle casse dello Stato per un totale di oltre 3 miliardi di euro. Lo Stato continua a sprecare e noi siamo costretti ad aumentare le tasse o a chiudere i servizi. Ho deciso di scrivervi per far conoscere a che punto siamo arrivati e perchè ognuno di voi possa rendersi conto che la protesta che i Comuni e l’Anci stanno facendo non è la protesta della ‘casta’, ma di chi lavora seriamente per rendere i nostri Comuni e il nostro Paese sempre più solidi, competitivi e vivibili”.
Una posizione inflessibile, che la prima cittadina leghista chiarisce con motivazioni culturali: “Sono di origine americana e i veti su di me non hanno mai avuto effetto — ha dichiarato -. Li ritengo intollerabili. Non siamo nella vecchia Unione Sovietica. Quanto poi alla protesta, ritengo sia doverosa perchè non possiamo penalizzare ulteriormente i nostri cittadini. E lo dice una che non ha mai scioperato una volta in vita sua. Nemmeno a scuola. Questa sarà la prima volta”.
Non vuole tirarsi indietro dunque, Sandy Cane, “nonostante l’ordine del partito. Che anzi mi ha ulteriormente delusa, amareggiata. Per non dire disgustata. Anche per il modo con cui ci è stato comunicato: lo abbiamo saputo prima dai giornali che dalla nostra segreteria”.
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA IL VERTICE CON I PRESIDENTI DELLE PROVINCE AMMINISTRATE DAL CARROCCIO…IL PROCURATORE CARNEVALI: “VICENDA POCO CHIARA”
La Procura di Monza ha aperto un’indagine sui ministeri in Villa Reale. 
«Vogliamo fare luce su un episodio poco chiaro», dice il procuratore capo Corrado Carnevali.
L’episodio «poco chiaro» risale a lunedì, quando nelle tre stanzette dei ministeri del Nord ospitati nella reggia del Piermarini, si sono ritrovati i presidenti delle province amministrate dalla Lega e i vertici del Carroccio di Veneto, Piemonte e Lombardia. Un’assise con Umberto Bossi e Roberto Calderoli, presente anche Giulio Tremonti ma solo in veste di ascoltatore, in cui i ministri padani hanno raccolto le preoccupazioni degli amministratori turbati dal disegno di legge che vuole abolire le province.
Un summit in salsa verde, in una sede dello Stato.
È in questo presunto abuso che il procuratore monzese vuole veder chiaro.
Il fascicolo, affidato al sostituto procuratore Manuela Massenz, è a modello 45. Tecnicamente si tratta di un’indagine conoscitiva che non prevede reato e nessun iscritto nel registro degli indagati.
Ma il reato potrebbe diventare quello di peculato.
Inaugurati il 23 luglio scorso, con tanto di targa, in ottone, ora finita dietro la porta d’ingresso, i 110 metri quadrati con un corridoio a fondo cieco che ospitano le sedi distaccate dei ministeri dell’Economia, delle Riforme, della Semplificazione e del Turismo, sono sedi istituzionali.
Alle pareti ci sono la foto del presidente Giorgio Napolitano e il tricolore.
Però non mancano nemmeno la foto di Bossi e la statuetta di Alberto da Giussano, e tanto per non farsi mancare nulla anche un dipinto con il giuramento di Pontida.
Gingilli che avevano subito fatto storcere il naso al centrosinistra.
Che dopo l’incontro di lunedì ha rincarato la dose: «Una riunione di partito in una sede istituzionale è un fatto sconvolgente. Con questo ci vogliono dire che i ministeri a Monza sono una sede della Lega?», chiede il consigliere regionale pd Giuseppe Civati.
«Si scambia un ufficio periferico del governo per la casa periferica della Lega», commenta Gigi Ponti, segretario provinciale dei democratici.
«Vogliamo appurare che le stanze non siano state utilizzate da e per un partito politico» si limita a spiegare il procuratore capo.
Stanze vuote, almeno per ora.
Di computer, contenitori, corrispondenza o altro che dia segno di una qualche attività non c’è nessuna notizia.
«Uffici vuoti e senza personale», aveva sentenziato all’uscita Fernando Zilio, presidente dei piccoli imprenditori di Padova, salito a Monza all’inizio del mese per protestare contro la manovra del governo.
Quella degli imprenditori veneti non è stata la sola protesta ospitata sul piazzale di villa Reale, pochi giorni dopo era andata in onda la replica portata in scena dalla Cgil. «Almeno hanno stabilito un record, due proteste in una settimana. Non male per sedi appena inaugurate», aveva detto in quell’occasione Domenico Guerriero, capogruppo provinciale del Pd.
L’apertura degli uffici a luglio era avvenuta tra le polemiche generali.
E sentirsi defraudato in particolare c’era il preside del liceo artistico di Monza, Guido Soroldoni.
Il suo istituto, a sua volta ospitato nella Villa Reale e affacciato proprio davanti ai ministeri, è rimasto senza classi sufficienti da quando una parte è stata dichiarata inagibile dal Comune.
Così gli studenti sono costretti a fare lezioni su tre turni, fino alle cinque del pomeriggio. Fino a pochi anni fa, la Cavallerizza, l’ala della Villa Reale dove Bossi e Calderoli hanno preso casa, ospitava quattro classi. Quelle che gli mancano.
E a meno di una settimana dall’inizio dell’anno, gli studenti rischiano di vedersi invalidato l’anno perchè stanno già accumulando ritardi incolmabili sul monte ore delle lezioni.
Gabriele Cereda
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
MANUELA MARRONE, MOGLIE DEL SENATUR VIENE DIPINTA COME CHI TIRA LE FILA DEL CERCHIO MAGICO… CALDEROLI PARLA DI “CAROGNATA”, BERLUSCONI SI AFFRETTA A SMENTIRE QUALSIASI PATERNITA’ DELL’OPERAZIONE, VISTO CHE PANORAMA E’ DI SUA PROPRIETA’…I MARONIANI TACCIONO
La Lega è sempre più divisa, nei fatti (vedi la manifestazione dell’Anci alla quale ha partecipato il sindaco leghista di Viggiù) e sulla carta.
Al centro delle polemiche c’è questa volta un articolo apparso sul settimanale Panorama in cui la moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, viene dipinta come una matrona che tiene le redini del partito, dopo la malattia che ha colpito il leader leghista, suscitando per questa ragione le antipatie della corrente maroniana della Lega.
I militanti del Carroccio la definiscono “l’anima nera del partito”; un sindaco della provincia di Varese, di cui non si fa il nome nell’articolo, la apostrofa come una “matrona, patrona e un po’ terrona”.
Sarebbe stata lei a mettere al fianco di Bossi, l’attuale vice-presidente del Senato Rosy Mauro, “permettendole — si legge nell’articolo — di arrivare a scrivergli l’agenda e a decidere chi poteva avvicinarlo”.
Le correnti interne al partito sono due: i “cerchisti”, il cosiddetto cerchio magico, fedeli al leader e alla moglie (che vuole creare una rete attorno al figlio Renzo per una futura successione alla guida del partito) e i “maroniani”, simpatizzanti di Roberto Maroni.
Anche se il Ministro dell’Interno ha dichiarato recentemente che “i maroniani non esistono”.
Il Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli definisce “l’attacco alla moglie di Umberto Bossi ignobile, inqualificabile, ingiustificato e privo di senso”.
Per il capogruppo della Lega al Senato Federico Bricolo si tratta di “un articolo vergognoso”. Un richiamo dunque all’unità da parte dei più vicini al Senatur.
Calderoli prosegue: ”Tutti nel movimento dobbiamo ricordarci che senza l’impegno di queste persone nessuno di noi oggi sarebbe niente, compresi i furbetti del movimento. Grazie Umberto, grazie Manuela, noi siamo con voi!”.
In cima alla lista dei “furbetti” ci sono il sindaco di Verona Flavio Tosi e quello di Varese Attilio Fontana, che secondo l’articolo sarebbero a rischio espulsione.
E tra pochi giorni c’è un appuntamento chiave per la Lega Nord: il 18 settembre, a Venezia, i leghisti sono chiamati a raduno per la “Festa dei popoli padani”.
Il senatur deve compiere un altro sforzo per tenere unito il suo partito.
Una situazione che si trascina da mesi, cioè da quando i cerchisti avevano tentato di spodestare Giancarlo Giorgietti, segretario nazionale della Lega in Lombardia.
I maroniani hanno risposto tentando di sostituire il cerchista Marco Reguzzoni come capogruppo del carroccio alla Camera, con Giacomo Stucchi: un’operazione bloccata all’ultimo momento proprio da Bossi.
Reguzzoni ha appena annunciato di voler querelare Panorama, il suo direttore e la giornalista autrice dell’articolo.
Anche il premier Silvio Berlusconi si esprime sull’articolo incriminato: “Dissento nel modo più totale da ciò che ha scritto Panorama. Ho avuto la fortuna di conoscere la signora Manuela, la stimo e la apprezzo come una persona straordinaria”.
Dichiarazioni di facciata a parte, ormai nella Lega siamo al regolamento di conti quotidiano.
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Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile
RESPINTA LA RICHIESTA DELLA PROCURA NEI CONFRONTI DELL’EX BRACCIO DESTRO DI TREMONTI PER 11 VOTI A 10… ORA IL 22 SI ESPRIMERA’ L’AULA: LEGA E UDC LASCERANNO LIBERTA’ DI COSCIENZA, MA BOSSI NON VUOLE NESSUNO IN GALERA, QUINDI NEMMENO I DELINQUENTI
La giunta per le autorizzazioni di Montecitorio ha detto no all’arresto dell’ex braccio destro di
Giulio Tremonti, Marco Milanese.
E’ stata infatti approvata per 11 voti a 10 la proposta del relatore Fabio Gava (Pdl) contraria alla richiesta della Procura di Napoli nei confronti del deputato del Pdl.
Si sono invece espressi per il sì il Pd, l’Udc, Fli e l’Idv.
Il parere sarà ora sottoposto al voto dell’Aula di Montecitorio giovedì 22 settembre a mezzogiorno.
La Lega, che in giunta ha votato contro l’arresto, lascerà libertà di coscienza in Aula, dove l’esito della votazione è più incerto.
“Non credo ci saranno sbandamenti”, ha detto Rodolfo Luca Paolini, commissario del Carroccio in giunta.
E il leader Umberto Bossi è tornato ad esprimersi contro la detenzione: “Devo ancora sentire il gruppo, ma i miei mi dicono che è un po’ una forzatura”, ha detto al suo arrivo alla Camera.
Anche l’Udc lascerà i suoi liberi di decidere in Aula: “Su una scelta così delicata è giusto che i componenti del nostro gruppo si esprimano secondo coscienza. I primi due, che sono componenti anche della Giunta per le autorizzazioni, hanno detto che secondo coscienza voteranno a favore dell’arresto”, ha affermato il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, intervenendo a “La Telefonata” di Maurizio Belpietro,Intanto, l’opposizione chiede il voto palese.
“Siamo contrari al voto segreto perchè il voto deve essere palese rispetto agli italiani e tutte le forze politiche devono assumersi la responsabilità di ciò che fanno”, dice Pierluigi Mantini dell’Udc.
Dal Pd Marilena Samperi osserva che “se ci sarà il voto segreto ognuno deciderà secondo quello che ritiene giusto e meglio fare”.
Se verrà chiesto, aggiunge, essendo previsto da regolamento, “sarà indispensabile darlo.
Anche se noi speriamo nel voto palese perchè la politica deve riprendersi in mano le redini di questa deriva rischiosa. E’ un problema di responsabilità “.
Ieri l’ex collaboratore vicino a Tremonti si è difeso a lungo nella sua audizione davanti alla giunta.
“Sono disposto ad accettare il processo anche subito, ma non l’arresto perchè non ci sono i presupposti per la custodia cautelare”, ha detto il deputato del Pdl, prima di lamentare contro di lui un “massacro mediatico”.
Milanese ha respinto più volte le accuse mossegli dall’imprenditore “Paolo Viscione: “Ha agito per rancore personale perchè non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo figlio a sindaco di Cervinara”.
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Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile
SCATTA IL DIVIETO DI PARTECIPARE A CORTEI CONTRO LA MANOVRA… L’ESIGENZA DI DARE UNA IMMAGINE DI COMPATTEZZA SI SCONTRA COI MALUMORI ORMAI DIFFUSI NELLA BASE
La voce è girata per tutto il giorno: il consiglio federale della Lega (riunito in via Bellerio, dopo
una convocazione improvvisa alla mezzanotte di domenica) esaminerà la proposta di espulsione di Flavio Tosi.
Al sindaco di Verona, diceva il tam tam insistente, vengono contestate le forti prese di posizione contro la manovra del governo e, soprattutto, di aver mandato un avviso di sfratto a Berlusconi (l’ultimo domenica, in un’intervista).
Tosi, che è un fedelissimo di Bobo Maroni, non è nuovo a queste uscite, il passo indietro del premier aveva cominciato a invocarlo dopo la sconfitta subita dal centrodestra alle ultime amministrative.
Da quel momento è stata un’escalation di veleni contro il sindaco di Verona, che insieme a quello di Varese Attilio Fontana, anche lui maroniano, guida la protesta dei primi cittadini leghisti contro la manovra.
Roberto Calderoli li aveva già avvertiti: i nostri sindaci non devono parlare di politica nazionale.
E la Lega “di famiglia”, a cominciare dalla moglie di Bossi, Manuela Marrone, era intervenuta per chiedere una decisa messa in riga dei “dissidenti”.
Magari con l’espulsione.
Ma così non è stato, anche se il capogruppo al Senato Federico Bricolo è tornato a prendersela con Tosi e soci, leghisti «fuori linea».
E in serata è lo stesso Maroni a derubricare a «voci certo messe in giro da qualcuno, ma prive di qualsiasi fondamento» la cacciata di Tosi.
E così il “federale”, per dirla con un altro sindaco ipercritico con la manovra (e con il premier) si è riunito per un’ora e mezza «per non decidere nulla».
In realtà qualcosa hanno concordato: una grande tregua in vista dell’appuntamento di domenica, giorno clou della tradizionale discesa del Po con tanto di cerimonia dell’ampolla, quando Umberto Bossi e i principali big leghisti parleranno da un palco a Venezia.
Eccola qui la tregua: bisogna dare un fortissimo segnale di unità in un momento difficile, e possibilmente attribuire alla Lega il merito di aver migliorato la manovra, «perchè le pensioni non sono state toccate – spiega un dirigente di primissima fascia – e perchè ai Comuni abbiamo evitato due miliardi di tagli rispetto all’impostazione precedente»
Per rafforzare questa posizione, ma anche per venire incontro in qualche modo alle richieste dei più inferociti nei confronti dei borgomastri pasdarà n, il “federale” ha approvato un delibera che vieta ai sindaci leghisti di partecipare alle manifestazioni dell’Anci contro la manovra.
Delibera votata anche da Maroni.
La ratio del provvedimento la spiegano così, in via Bellerio: il Carroccio è l’unico partito che si è battuto per migliorare la manovra, non c’è motivo perchè i suoi sindaci si uniscano alle proteste promosse da loro colleghi di altri partiti.
Sarà , ma c’è un problema di non poco conto.
Il varesino Fontana è il presidente dell’Anci in Lombardia, e se prendesse alla lettera il diktat lanciato ieri dovrebbe quanto meno dimettersi dall’incarico.
O, forse, dalla Lega.
Al momento si sa solo che il sindaco di Varese è parecchio abbacchiato. Ma questo è il prezzo da pagare in nome di un’unità , molto di facciata, da sbandierare domenica sulla Riva degli Schiavoni.
Con un’idea da far balenare ai moltissimi che non hanno preso affatto bene la scelta di abolire le Province per sostituirle con non meglio precisati «enti intermedi»: se non ci saranno più le Province, ecco l’osso da lanciare al popolo del Carroccio, sarà più facile far sparire anche le Prefetture.
Sì, dell’appuntamento di Venezia al “federale” si è parlato molto.
E con toni preoccupati.
Fanno impensierire i leghisti gli annunci via web che arrivano da antagonisti e centri sociali, intenzionati a rovinare la festa a suo di contestazioni.
Qualcuno ha proposto di utilizzare per il servizio d’ordine la Guardia Padana, ma è stato accolto da risatine molto esplicite.
Poi Maroni ha tagliato corto: «Dell’ordine pubblico mi occupo io, da ministro. Comunque non c’è nessun allarme particolare, i segnali che abbiamo sono gli stessi degli altri anni, e non davvero è il caso di drammatizzare».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile
IN BRIANZA CALDEROLI INCONTRA I PRESIDENTI DELLE PROVINCE GOVERNATE DAL CARROCCIO PER DISCUTERE SULLA PROPOSTA DI ABOLIZIONE DELL’ENTE… GLI UFFICI NON FUNZIONANO COME MINISTERI, MA HANNO AGGIUNTO DUE VASI: MANCA UN GIACIGLIO E PUO’ ESSERE SCAMBIATO PER UN ALLOGGIO DI FORTUNA DEI FUGGITI DI CASA PADAGNI
I ministeri del nord assomigliano sempre di più a un ufficio politico della Lega Nord. 
Nel pomeriggio di lunedì 12 settembre, alla Villa Reale di Monza, è andata in scena una riunione tra il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli e i presidenti di alcune province del nord, tutti rigorosamente leghisti.
Oggetto dell’incontro i chiarimenti sul provvedimento di abolizione delle province, che ha messo sul chi va là tanti presidenti, preoccupati “non per la poltrona”, come ha puntualizzato la presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, ma piuttosto “per il gap di rappresentanza che si verrebbe a creare per alcuni territori, dove i piccoli comuni sarebbero schiacciati dalle Regioni, troppo grandi e lontane per ascoltare le loro istanze”, senza contare che le provincie “sono previste dalla Costituzione”.
Così uno alla volta sono arrivati tredici presidenti, al capo di altrettante provincie e si sono accomodati all’interno della sede ministeriale.
Tra gli altri anche Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso, tra i più critici sull’ipotesi di abolizione.
I convenuti si sono chiusi nell’ufficio di Calderoli, dove era stato allestito un tavolo per accogliere tutti gli amministratori.
Al gruppo, dopo qualche ora, si sono uniti anche i ministri Giulio Tremonti e Umberto Bossi.
I due non hanno rilasciato alcuna dichiarazione nè all’entrata nè all’uscita.
Il Senatur ha solo rivolto un cenno di saluto ai giornalisti che gli chiedevano un intervento, limitandosi ad un laconico ruggito d’intesa.
Tremonti è stato ancora più schivo ed è letteralmente scappato, preoccupandosi di non farsi inquadrare dalle telecamere.
Il super ministro, per mezzo di una nota ufficiale, si è anche affrettato a dichiarare di non aver incontrato nessuno e di essersi presentato a Monza solo ed unicamente per organizzare un convegno sul fisco (o giù di lì).
Difficile dire se si sia trattato di una bugia o meno, l’incontro si è svolto a porte (e persiane) chiuse, i curiosi sono stati tenuti a debita distanza.
All’uscita i partecipanti non hanno rilasciato dichiarazioni trincerandosi dietro la consegna del silenzio.
L’unico a parlare, per stemperare i toni accesi dei giorni scorsi è proprio Muraro, che si è detto sollevato affermando che dopo le puntualizzazioni ottenute nel corso della riunione con i tre ministri: “il federalismo è meno a rischio”.
Intanto, ai ministeri del Nord il clima sembra quello di qualche giorno fa, o quasi. All’anonimo ingresso è stato aggiunto un campanello e per ornare la porta sono comparsi due vasi con delle piante ornamentali.
Le finestre aperte, in mattinata hanno permesso di intravedere l’interno degli uffici. Qualche persone effettivamente c’era, probabilmente per mettere a punto i dettagli della riunione del pomeriggio.
Ma guai a provare a introdurre una telecamera, si viene subito redarguiti e invitati ad allontanarsi.
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DEL LAZIO E IL SINDACO DI VERONA “LICENZIANO” IL PREMIER, ALEMANNO LI SEGUE A RUOTA…NEL CENTRODESTRA SI ALLARGA LA FASCIA DEGLI SCONTENTI CHE ORA ESCONO ALLO SCOPERTO…PER ALFANO “E’ SCONFITTISMO, POSSONO ACCOMODARSI IN PANCHINA”
Silvio Berlusconi perde i pezzi. 
Oggi due nomi di peso della sua maggioranza lo invitano esplicitamente a farsi da parte: Renata Polverini, governatore della Regione Lazio eletta dal Pdl, e Flavio Tosi, sindaco di Verona con grande seguito nella base leghista.
Pochi giorni fa il medesimo invito era arrivato dal senatore Beppe Pisanu, uno dei fondatori di Forza Italia.
L’ultima puntata dello scandalo escort spinge in superficie il malcontento che cova nel centrodestra.
Anche se può contare su una maggioranza numerica in Parlamento, il premier “deve fare un passo indietro”, afferma Polverini in un’intervista al Messaggero.
Perchè “le vicende che hanno coinvolto Berlusconi nell’ultimo periodo ne hanno minato la credibilità e la reputazione”, continua, e questo si traduce “in un serio problema di credibilità per il Paese”.
Il governatore del Lazio rivela che all’interno del Pdl sono tanti a pensarla così, ma non hanno il coraggio di fare outing: “Ne parlano, è vero in segreto. Ma è diverso affermarlo alla luce del sole, dirlo in faccia”.
A dirglielo in faccia è il leghista Tosi, sulle pagine del Corriere della Sera: ”Un ciclo è concluso. La cosa migliore sarebbe che Berlusconi decidesse di farsi da parte. Ma non nel 2013: il prima possibile”.
Le colpe del premier, secondo Tosi, sono da ricercare in una “gestione della finanziaria piuttosto ondivaga” e nelle sconfitte rimediate ai referendum e a Milano”.
Per il sindaco di Verona, andare alle elezioni politiche oggi sarebbe “una cosa da pazzi”. Neppure un governo tecnico lo convince, dunque “ci vorrebbe una svolta dentro la stessa maggioranza”, che così facendo potrebbe conquistare “nuovi consensi”.
Ma una cosa è certa: non si può tirare a vivacchiare per un anno e mezzo”.
Da motore a zavorra: questa la parabola del Cavaliere secondo un numero sempre più consistente di rappresentanti del centrodestra.
In tarda mattinata arriva la replica del segretario del Pdl Angelino Alfano, ospite ad Atreju, la festa dei giovani del partito, che se la prende “il nichilismo e lo sconfittismo” di certi “scambi di interviste sui giornali” dove si fa “a gara a chi dà la martellata più forte”.
Chi non sta con Berlusconi è fuori, dice in sostanza: “Chi ci crede gioca la partita, chi non ci crede si metta a bordo campo e faccia giocare chi ha voglia di vincere”.
La “questione della premiership” è rimandata “a fine 2012, inizi 2013″, cioè alla fine naturale della legislatura.
Tutti i candidati di rango inferiore, invece, d’ora in poi dovranno sottoporsi alle primarie: ”Entro il mese di settembre — spiega Alfano — al tavolo delle regole affermeremo il principio che tutti i nostri candidati, a sindaco, a presidente provincia, devono avere l’indicazione popolare. L’idea e’ che si deve passare dal ‘calati dall’alto’ allo ‘spinti dal basso’, questo e’ il capovolgimento di prospettiva su cui lavoriamo”.
Ma a manovra economica allarga il campo degli scontenti del centrodestra.
E’ semplicemente “drammatica” per il sindaco di Roma Gianni Alemanno, Pdl, intervenuto ad Atreju insieme al collega milanese Giuliano Pisapia, di Sel (qui il video).
Senza giri di parole, Alemanno ha spiegato che se non verrà cambiata “il servizio di trasporto pubblico sparirà ”.
Poi il sindaco si getta nel dibattito innescato da Polverini e Tosi e aggiunge il suo benservito al Cavaliere: ”Penso che per il 2013 ci sia bisogno di fare le primarie, per individuare un nuovo candidato”, dice ai cronisti durante una visita al parco acquatico Zoomarine.
I toni sono quelli che si rivolgono a un capo che va in pensione: “L’importante è che vada avanti il Pdl e il suo progetto politico, ovviamente siamo tutti grati a Berlusconi per aver fondato il partito”.
Berlusconi va avanti per la sua strada, apparentemente impermeabile agli squilli di rivolta. Torna a parlare nel giorno del decimo anniversario degli attentati negli Stati Uniti contro le Torri gemelle e il Pentagono, in un audiomessaggio pubblicato sul sito dei Promotori della libertà .
Che si conclude con un accenno al caso escort.
E cioè, secondo il Cavaliere, alle “infinite falsità che vengono scritte in questi giorni, anche su di me come persona”. Ma il suo intervento parte dalla “crisi economica”, che “è stata insieme al terrorismo il dato preminente, saliente di questo decennio”.
Da qui la difesa d’ufficio della manovra approvata nei giorni scorsi al Senato, che definisce “la più equa possibile”. Il “necessario rigore” del provvedimento è stato chiesto “dall’Europa e dalla Bce” e “imposta in tempi molto stretti dai mercati”.
Sintesi finale: ”Abbiamo salvato i nostri conti, abbiamo salvato i risparmi dei cittadini italiani, abbiamo salvato l’Italia”.
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
GENTILINI: “BASTA CON BERLUSCONI E LE PUTTANE”…IL VENETO NON E’ PIU’ INNAMORATO DEL SENATUR: GIA’ A SCHIO I LEGHISTI AVEVANO FATTO SELEZIONE ALL’INGRESSO PER EVITARE I FISCHI
Il Senatur annulla il comizio nella terra monocolore leghista.
Motivo ufficiale l’operazione al braccio, ma pesa il malcontento della base.
E l’ex sindaco, idolo locale invoca la rottura definitiva con il Cavaliere
“No, stasera niente Umberto Bossi… dopo l’intervento al braccio ha deciso di annullare tutti gli impegni. Avremo però il ministro Calderoli e domani, forse, il ministro Maroni… è un bel colpo lo stesso, no?” .
Sarà .
Eppure a Treviso — dove la Lega Nord comanda in Comune, in Provincia, in Regione — il forfait del “Senatùr” alla festa provinciale del partito che si chiude domani, al Prato della Fiera (o, come dicono i “padani”, al Prà dea Fiera, un tempo roccaforte comunista della città ), si sente, eccome.
È un fatto che stride e che preoccupa anche i più ottimisti e fedeli tra i militanti.
Non bastano le saporite grigliate padane, i sostanziosi risotti con i funghi e la salsiccia e le bellezze in fiore viste sfilare in passerella lo scorso giovedì a lenire il vuoto.
“Bossi non viene perchè, dopo l’intervento chirurgico al braccio, ha deciso di annullare tutti gli appuntamenti che aveva precedentemente preso”, spiega il segretario organizzativo provinciale della festa, Roberto Loschi, che sceglie con cura le parole da usare per tentare di sgombrare efficacemente il campo da sospetti e illazioni.
Secondo fonti ufficiali, Bossi, operato a fine agosto in una clinica svizzera, avrebbe deciso di disdire l’impegno anche a Vigevano, a Cantù, in provincia di Como e a Torino.
Non si tratta di essere maligni se si rammenta con puntualità che, specialmente dall’estate scorsa, il Veneto pare non essere più molto “innamorato” del “suo” Bossi.
Non era mai successo prima che il Capo lasciasse in fretta in furia, di notte, l’albergo di Calalzo, nelle montagne del Cadore, dopo le accese proteste di diversi amministratori leghisti locali e dopo che la “base”, allarmata per il clima divenuto ormai “rovente”, aveva cancellato il suo comizio.
“E’ scappato come un ladro”, aveva commentato il giorno dopo il suo amico Gino Mondin, proprietario del Ferrovia — l’albergo dove ogni anno, ad agosto, Bossi va per festeggiare il compleanno di Giulio Tremonti — , rimasto letteralmente di stucco per la frettolosa dipartita dell’illustre ospite.
Non era nemmeno mai successo prima che la Lega Nord organizzasse un comizio con tanto di selezione “alla porta” (come al Billionaire…): è invece accaduto a Schio, ancora quest’estate, ancora nel timore di essere travolti da fischi e polemiche.
Sembrano proprio appartenere a un’altra era le sue festose “arringhe” venete di dieci, quindici anni fa.
Allora, rustico Masaniello del nord era venerato dagli uomini (e dalle donne) del Carroccio che lo portavano in trionfo tra piazze, zone industriali, tendoni allestiti alla bell’e meglio tra capannoni e campi coltivate a soia.
Allora il pubblico si spellava le mani a forza di applaudirlo e perdeva la voce a causa dei toni decisamente robusti con cui rispondeva alle sue promesse.
“Certo, rispetto alle precedenti edizioni della festa, questa (la settima, ndr) è contraddistinta da un malumore diffuso tra i militanti e i simpatizzanti. L’oggetto, però, non è Bossi, non è la Lega, ma sono le incertezze economiche, sono i loro portafogli che diventano sempre più vuoti”.
Loschi, il segretario organizzativo, cerca di gettare acqua sul fuoco: ma le fiamme, ormai, sono davvero troppo alte per essere spente con così poco. “ La gente non è delusa ma si aspetta dei cambiamenti forti. Nell’attesa di questi cambiamenti, è molto impaziente. Vuole vedere i risultati. D’altronde è una caratteristica di noi veneti: siamo il popolo del fare, non delle parole”.
E quando gli si obietta che la Lega, a partire da Bossi, ha invece preferito parlare anzichè fare, fa capire che la Lega fa quel che può all’interno del governo e che il potere dei suoi rappresentanti, è limitato.
Ma non tutti i militanti la pensano tutti come lui.
“Non riusciamo a capire come si stanno muovendo i nostri vertici”, afferma preoccupato Moreno Vanzin, uno degli addetti alla cucina.
“Dopo questa manovra sarà difficile andare avanti, soprattutto qui al Nord. È per questo che la base è spaesata e in difficoltà ”.
“Bossi? Dovrebbe farsi da parte — è l’amareggiato commento di Attilio Sultato — è il capo e lo sarà sempre, ma adesso ci vogliono idee nuove, giovani, come Tosi”.
Leghisti che, lo si è visto bene mercoledì scorso, sembrano non credere più molto alle promesse dei big, ne spuntano un po’ ovunque in terra trevigiana.
I vertici sono sentiti ormai come degli alieni in un territorio e da quella base che stava al centro del discorso politico della Lega.
C’è bisogno di chiarezza, di concretezza: per questo lo slogan urlato a gran voce dai militanti all’indirizzo dell’ottantaduenne pro-sindaco sceriffo del capoluogo, Giancarlo Gentilini (“Ricandidati”) è un segnale chiarissimo che chi sta in alto non dovrebbe più sottovalutare.
E “Genty”, lui sì, ancora una volta non li delude: “Questo matrimonio politico doveva essere un divorzio immediato — tuona — sono tre anni persi a fare da zerbini a Berlusconi e andare dietro alle puttane. I leghisti non ne possono più, è tempo che qualcosa cambi, o il nostro movimento è pronto a sfaldarsi”.
Quanto ai due leader maximi, “Bossi e Maroni,dovrebbero cospargersi il capo di cenere”.
Monica Zornetta
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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