“CE LA FARA’, E’ UNA TIGRE”: LA LOTTA DI ALEX ZANARDI PER IL RISVEGLIO
DALLA CLINICA DI VILLA BERETTA NON CI SARANNO BOLLETTINI MEDICI, IL PERCORSO RIABILITATIVO POTREBBE DURARE ANCHE UN ANNO E NON CI SONO CERTEZZE
Tra la camera di Alex e la palestra di robotica — uno dei fiori all’occhiello di Villa Beretta insieme alla terapia basata sulla realtà virtuale – c’è di mezzo un doppio piano di scale e tanta speranza. “E’ una tigre, ce la farà e da qui — vedrete – verrà fuori in piedi”, dice Jacopo.
Le protesi alle gambe come Zanardi, le stesse braccia possenti e (lui) tatuate; è un tifoso ed è in sala d’aspetto in attesa di una visita di controllo. In fondo, anche se la chiesetta di San Michele, là fuori, invita ad affidarsi alla fede, per la sorte di un atleta non c’è miglior preghiera laica del sostegno dei fan. Magari avrà ragione Jacopo: questo è, deve essere, “il luogo del risveglio”. E infatti agli amici toscani hanno detto così la moglie Daniela e il figlio Niccolò. “I medici lavoreranno per svegliarlo, poi si vedrà ”.
Daniela e Niccolò arrivano cinque minuti dopo le quattro del pomeriggio: scendono dall’auto, percorrono a passi svelti il viale del parcheggio lungo una fila di ibiscus bianchi e rossi. “Alex sta come avete letto”, fa Daniela Manni (riferendosi alle parole del figlio raccolte da La Stampa e Corriere della Sera), donna della vita di Zanardi, guardiana dell’uomo e del campione. Prima e dopo. La gara più lunga è iniziata, ieri è stato il primo giorno di “allenamento”. “Hanno incominciato a lavorare — raccontano dall’inner circle di Zanardi, il piccolo e affiatatissimo team composto dai familiari e dai professionisti che erano e sono vicini al campione e che dopo il secondo incidente si è come cementato intorno a quell’uomo forte ma ora fragilissimo -.
Sarà un allenamento lungo, intenso e doloroso”. Lungo quanto? Certamente mesi. Qualcuno, per non inciampare in eccessi di ottimismo, traccia un perimetro di “almeno un anno”.
Ma una cosa è certa: almeno in una prima fase, delle condizioni di Alex Zanardi, di come il suo corpo risponderà agli stimoli ai quali lo sottoporranno i medici, di quanti e quali passi il suo cervello farà dal buio alla luce, se si saprà qualcosa sarà soltanto perchè frammenti di notizie, forse, o magari no, filtreranno dalle persone più vicine all’atleta.
Quelle emotivamente più esposte dentro questa odissea fatta di sofferenza, angoscia, curiosità mediatica. Dai medici non uscirà nulla. “Non ci saranno bollettini quotidiani, non saranno date informazioni e i medici non rilasceranno interviste”, fa sapere la direzione sanitaria dell’ospedale Valduce di Como. Da cui dipende, formalmente, Villa Beretta.
In questa struttura nata nel 1946 grazie a un lascito della signora Teresa Beretta, diventato ospedale vero e proprio tre anni dopo, ha sede l’unità operativa riabilitativa: uno dei venti centri italiani specializzati nella cura di pazienti colpiti da gravi disabilità , soprattutto neurologiche (già si è detto degli altri vip transitati nelle corsie di Costa Masnaga, da Cossiga a Bossi passando dal presentatore Marco Columbro).
L’accordo di “riservatezza” sottoscritto dai vertici dell’ospedale comasco per proteggere Zanardi dalla pressione mediatica alza dunque un muro tra la clinica a tre piani (90 posti letto) dove il campione di paraciclismo continuerà il suo recupero dopo l’incidente del 19 giugno a Pienza, e il mondo là fuori.
“Papà ce la farà , io e la mamma gli parliamo” — ha detto ieri Niccolò Zanardi. Parole da figlio, parole piene di affetto. Parole che ieri — informalmente — medici e infermieri hanno commentato tra loro spiegando che se è vero, e lo è, che il corpo di Zanardi restituisce agli stimoli esterni, per esempio alle strette di mano, un primo accenno di feedback, è anche vero che queste reazioni vanno interpretate nella giusta misura: senza correre, insomma. “Iter del risveglio”. Lo chiamano così. E’ il sentiero lungo il quale il personale specializzato di Villa Beretta accompagnerà Zanardi in questi mesi.
Da più di dieci giorni il corpo di Alex non è più sedato: si è proceduto gradualmente, come prevede per casi simili il protocollo medico e farmacologico. Lo step successivo, con il trasferimento dal policlinico di Siena a Lecco, è proprio abituare il cervello a riaccendersi e i muscoli a riattivarsi. Quale ruolo può giocare la presenza dei familiari? “Un ruolo importante”, spiega un neurologo che chiede di non comparire per rispetto dei colleghi. “Ma decisivo sarà il lavoro di stimolazione neurologica e fisica. Se il paziente risponde la strada che all’inizio sembra in salita, e lo è, può lentamente posizionarsi su un piano più orizzontale”.
Sono tre le ipotesi in campo che possono determinare l’andamento della fase2 nel percorso di ripresa di un paziente come Zanardi.
Sono tre scenari. Vanno considerati in ordine graduale. Il primo: il paziente è completamente passivo, i terapisti allenano il muscolo manualmente, lui non si accorge di nulla. Il secondo: si procede con un elettrostimolatore. Il terzo: il paziente è “parzialmente collaborativo”.
La risposta a quale sia lo stato attuale di Zanardi, e fin dove ci si possa spingere nel sollecitare il suo corpo, può arrivare solo dall’analisi dell’ultima tac a cui è stato sottoposto. Sulla quale vige ovviamente il massimo riserbo. A Villa Beretta è sera. Daniela e Niccolò hanno già fatto visita a Alex (le visite sono contingentate, una al giorno, concordata con la caposala). Gli ultimi parenti hanno lasciato la struttura e il parcheggio si è svuotato.
Un piano della clinica fino al 1 giugno era destinato ai pazienti Covid. Un situazione straordinaria per una struttura che è il vanto di questo paesino di origine medievale, Costa Masnaga, 4mila abitanti nel cuore della Brianza. Poi, a emergenza finita, si è tornati alla normalità .
L’arrivo di Zanardi ha riacceso i riflettori. E pure le suggestioni: la sua nuova casa dista appena 17 chilometri dall’autodromo di Monza, la più amata dal campione dopo il Mugello. A Monza Alex avrebbe dovuto tornare in pista l’8 novembre a bordo di una Bmw per la GT3.
(da “La Repubblica”)
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