CI MANCAVA LA POLIZZA DA 190 MILIONI DI ANTONIO ANGELUCCI: L’EDITORE DI “LIBERO” CANDIDATO DA SALVINI IN UN COLLEGIO BLINDATO DEL LAZIO E’ UN RECORDMAN DI CAPITALI DETENUTI ALL’ESTERO .
“DOMANI” SCODELLA UN DOCUMENTO DELL’UFFICIO ANTIRICICLAGGIO DELLA BANCA D’ITALIA, CHE SEGNALA COME IL FUTURO DEPUTATO LEGHISTA ABBIA APERTO ANNI FA TRE POLIZZE ASSICURATIVE DEL VALORE DI 190 MILIONI IN LUSSEMBURGO
Antonio Angelucci, detto Tonino, è uno degli editori più influenti d’Italia. Abruzzese, ex portantino all’ospedale San Camillo di Roma, il proprietario di Libero, Il Tempo e il Corriere dell’Umbria ha costruito nei decenni un colosso della sanità privata.
Matteo Salvini lo ha accolto a braccia aperte candidandolo in un collegio blindato nel Lazio: un editore di peso come Angelucci in parlamento fa sempre comodo.
Nonostante l’imprenditore della sanità sia finito in un numero difficilmente calcolabile di inchieste giudiziarie (per la cronaca, nessuna sentenza di condanna è finora stata emessa dalla Cassazione) e soprattutto non sia esattamente il prototipo del parlamentare modello: nella classifica delle presenze, è al 629esimo posto su 630 (fa peggio solo Michela Vittoria Brambilla, candidata in Forza Italia) con una percentuale di presenza al lavoro pari al tre per cento.
Quello che nessuno sa, però, è che Angelucci è stato anche un recordman assoluto di capitali detenuti all’estero.
Domani è infatti riuscito a ottenere un recentissimo documento dell’Uif, l’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia, che segnala come il futuro deputato leghista abbia aperto anni fa tre polizze assicurative presso la Swiss Life Luxemburg SA, per una valorizzazione complessiva (a data giugno 2022) di 190 milioni di euro.
Il più rilevante dei prodotti finanziari (per un valore di 189,7 milioni) ha come unico asset al proprio interno la partecipazione nella società chiamata Spa di Lantigos Sca, un’altra holding lussemburghese creata dal politico-imprenditore nel 1999 a cui fanno capo proprio le cliniche italiane.
Ora, il fisco italiano è venuto a conoscenza di quest’immenso patrimonio detenuto all’estero qualche anno fa, quando nel dicembre del 2009 l’imprenditore ha deciso di approfittare dello scudo fiscale voluto da Tremonti (al tempo ministro dell’Economia e suo compagno di partito nel Pdl, ora candidato con i presunti legalisti di Fratelli d’Italia) per far rientrare e “regolarizzare” i suoi denari detenuti in un paradiso fiscale.
È un fatto che Antonio e il figlio Giampaolo abbiano firmato un mandato fiduciario con l’allora Istifid Spa, oggi Unione Fiduciaria Spa, la società di consulenza a cui si è rivolto anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana per far rientrare cinque milioni dalla Svizzera dichiarati eredità della madre dentista. Fontana, per la cronaca, non ha mai riportato quel conto in Italia, continua ad averlo in Svizzera ed è gestito tramite Unione fiduciaria.
Ma torniamo agli Angelucci: le polizze vita da 190 milioni che controllano la Spa di Lantigos e la gemella Lantigos Sa sono intestate proprio all’Unione, ma l’unico beneficiario è il fondatore del grande gruppo sanitario ed editoriale.
La struttura societaria è stata creata proprio in concomitanza con lo scudo fiscale del 2009. Come ha segnalato il Sole24Ore, il conferimento delle azioni possedute all’estero in polizze vita intestate a fiduciari «è stato uno degli schemi più utilizzati da chi ha aderito agli scudi fiscali di epoca tremontiana».
Lo ha fatto anche Tonino, che ha pagato le poche tasse dovute per l’emersione dei capitali e ha chiuso quasi tutti i suoi contenziosi con il fisco italiano nel 2018.
Finora, però, nessuno conosceva l’enormità del valore della polizza. Né che il mandato con i fiduciari aveva a oggetto il cambio di contraenza delle polizze assicurative: il beneficiario finale doveva passare da Antonio al rampollo Giampaolo.
Leggendo il report dell’antiriciclaggio si capiscono due cose: in primis l’imprenditore non vuole pagare alcuna imposta per il passaggio; in secondo luogo, l’operazione porta di fatto a un cambio nel controllo del gruppo. Dal padre al figlio.
«Nel mese di maggio 2022», si legge, «il cliente ha chiesto il riscatto totale della polizza, operazione che sarebbe propedeutica al passaggio della partecipazione all’unico figlio Giampaolo tramite patto di famiglia.
Disponendo che la citata liquidazione sia fatta senza l’applicazione della fiscalità. Il cliente (cioè Antonio, ndr) infatti tramite i suoi consulenti di fiducia sosterrebbe che la polizza sia meramente interposta, e che pertanto non si sarebbero i presupposti impositivi». In pratica, il neoleghista non vuole pagare ulteriori tasse per il passaggio della polizza al rampollo. «La fiduciaria ha rifiutato l’esecuzione dell’operazione così come proposta sa Antonio Angelucci ed è in attesa di eventuali ulteriori determinazioni del cliente stesso».
(da editorialedomani)
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