CLAMOROSA INCHIESTA: “LEGA, I CASSIERI RICICLAVANO SOLDI E ARMI DELLA ‘NDRANGHETA”
IL BOSS HA TESTIMONIATO ALL’ANTIMAFIA A GENOVA: “PENTITO ASSOLUTAMENTE CREDIBILE”… BELSITO E BALOCCHI IN RAPPORTO CON IL CLAN DI STEFANO
È un pentito a delineare ciò che fino a questo momento era stato solo accennato, mormorato, suggerito: Francesco Belsito, genovese, ex tesoriere della Lega Nord arrestato per la gestione spericolata di soldi pubblici, «riciclava i soldi della ‘ndrangheta».
Non solo. «Il suo predecessore (il riferimento è a Maurizio Balocchi, chiavarese e deceduto, ndr), oltre a favorire il riciclaggio ne deteneva anche le armi».
Non è un sentito dire e nemmeno una boutade.
Seduto di fronte agli investigatori coordinati dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Genova Giovanni Arena – è il 21 agosto scorso – c’è un testimone di primissimo livello.
Si chiama Francesco Oliverio, ha 43 anni, ed è un collaboratore di giustizia con un cursus honorum criminale di tutto rispetto.
È stato capo del locale (l’emanazione dell’organizzazione sul territorio) di Barbaro Spinello (Crotone), clan che comanda «sei ‘ndrine e un distaccamento a Rho, in provincia di Milano».
Per chi indaga è «assolutamente credibile» Oliverio, di cui è stata testata in più di un’occasione l’«affidabilità » (e nella trascrizione sono rimarcati più volte i riscontri fra sue dichiarazioni e accertamenti successivi).
Ecco perchè le sue parole sono così importanti.
Fa nomi e riferimenti precisi sul potere ‘ndranghetista in Liguria, apre scenari inediti e preoccupanti.
Come ad esempio il fatto che dalla Spezia a Ventimiglia non esistono solo quattro locali, come emerso finora nelle indagini (si era sempre parlato di Genova, Ventimiglia, Sarzana e Lavagna), ma almeno «dieci o quindici».
Il collaboratore riempie verbali per giorni.
Si va dal traffico di droga gestito dalle famiglie di Genova, Ventimiglia (Palamara) e Bordighera (Pellegrino-De Marte), agli intrecci con la Francia e Mentone; dalla copertura dei latitanti alla deferenza di cui godeva il boss di Ventimiglia Antonio Palamara nel carcere delle Vallette (dove l’organizzazione riusciva a trasmettere ordini grazie «alla compiacenza di alcuni agenti della penitenziaria»).
Soprattutto, per la prima volta viene affrontato in maniera molto diretta e circostanziata un tasto delicatissimo e ancora poco chiaro: il rapporto fra la cosca De Stefano e quelli che erano i vertici del Carroccio.
«Parlando con un compare di Reggio (di cui viene fatto il nome durante l’interrogatorio, ndr) – spiega il pentito – venni a sapere che i De Stefano operavano tranquillamente in Liguria riciclando soldi e facendo investimenti».
Di più: «Nel discorso, quale contatto, il compare aveva accennato all’ex tesoriere della lega Belsito, nonchè al precedente tesoriere dello stesso partito da tempo deceduto, il quale oltre a favorirli nel riciclaggio gli custodiva anche le armi».
Marco Grasso e Matteo Indice
(da “il Secolo XIX“)
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