LE LARGHE OFFESE PDL-PD: E’ GUERRIGLIA ELETTORALE
BRUNETTA RINGHIA: “SE AUMENTA LA TASSA SUI CONSUMI, ADDIO ESECUTIVO”… IL PREMIER: “BASTA AUT AUT, SE ESAGERANO CHIEDERà’ UNA NUOVA FIDUCIA”
Guerriglia continua, ormai estenuante, che non porta da nessuna parte, ma che logora Enrico Letta quotidianamente.
Il premier, ieri, aveva appena finito di dire che si farà di tutto per mantenere fede all’impegno di tenere al 3% il deficit, nonostante gli scossoni che gli arrivano dalla sua stessa maggioranza, che Daniela Santanchè lo ha fulminato a distanza: “La stabilità , non è un valore assoluto, lo è solo nei regimi dittatoriali”.
Al premier è toccato ancora una volta alzare gli scudi sostenendo la necessità di “andare avanti, senza condizionamenti”, ma le tensioni, ormai a livelli di calore da fonderia, rischiano di far saltare il banco a breve, perchè Letta — è opinione della collega di partito Marina Sereni — “non ha alcuna intenzione di farsi logorare, adesso reagirà ”.
Forte anche dell’appoggio incontrastato del Quirinale, certo, ma anche di un’altra convinzione: che un governo stabile serva al Paese e che non ci si possa piegare in alcun modo alle manovre elettorali di Berlusconi e di Forza Italia.
Il partito dei falchi, nel centrodestra, regna sovrano incontrastato.
Soprattutto dopo che è trapelata l’indiscrezione secondo cui Berlusconi avrebbe intenzione di lasciare a Denis Verdini tutte le deleghe che ora sono nelle mani di Alfano, ormai ex segretario del Pdl che fu.
Parte integrante della mission organizzativa sarà invece nelle mani di Daniela Santanchè, bocciata come possibile nuovo vicepresidente della Camera al posto di Maurizio Lupi (si parla di una nomina per Stefania Prestigiacomo) che, quindi, sarà la “donna immagine” del nuovo partito.
Insomma, Letta ormai deve fare i conti con due distinti partiti che sorreggono il suo governo, l’ex Pdl delle “colombe” Lupi e Quagliariello e i mastini di Silvio, decisi a piegare Letta ai loro desiderata per solleticare la parte più dura e pura del loro bacino elettorale.
Di qui nascono le nuove, forti, fibrillazioni nella maggioranza che impattano sullo stato dell’economia, rischiando di mettere a repentaglio i segni, seppur deboli, di ripresa . All’orizzonte, poi, una serie di “appuntamenti con il destino”, come li ha soprannominati, tra il serio e il faceto, il viceministro Stefano Fassina, che certo non promettono nulla di buono.
Lo scoglio è senz’altro l’aumento dell’Iva su cui ieri Brunetta ha usato la solita, brutale, chiarezza: “Se Saccomanni aumenta l’Iva, il governo non c’è più”.
Minaccia ormai quotidiana a cui, stavolta, Letta ha risposto con fermezza: “Non accetterò l’aut aut, risponderò colpo su colpo. Non mi basta il congelamento della crisi come pensa Berlusconi. Abbiamo bisogno di andare avanti senza condizionamenti”.
Sì, però poi quello che sta per arrivare sul suo tavolo è da cuori forti.
L’Iva, certo, poi la legge di Stabilità . E nel mezzo, il voto del Senato per certificare la decadenza di Berlusconi da senatore (un altro momento hard, anche se il Cavaliere dovesse dimettersi prima) e lo scontro, pesante, sulla legge sul finanziamento pubblico ai partiti, arenato alla Camera da veti incrociati, ma sul quale Letta è stato perentorio ben due volte: “Se non passa, faccio un decreto”.
Un’alzata di testa intollerabile per i falchi forzisti, che in commissione Affari costituzionali di Montecitorio stanno tessendo la tela per ottenere denaro fresco dalle tasche pubbliche anche per la neonata Forza Italia grazie a emendamenti ad hoc che il Pd sta tentando di stoppare, lavorando però di suo a perdere il meno possibile per tenere in piedi il suo costosissimo apparato al Nazareno; un decreto sarebbe devastante per “l’inciucio” in atto.
Difficile, comunque, che il premier riesca a portare a casa vittoriosamente tutto.
C’è, invece, il rischio contrario, che le fibrillazioni (e i ricatti) diventino talmente forti da rendere ingestibile la prosecuzione del mandato.
“Ma prima di mettere alla prova il Paese con una crisi al buio — avrebbe detto Letta ad alcuni collaboratori — preferisco mettere loro alla prova”.
Come? Chiedendo a Napolitano, che lo ha ricevuto anche ieri e a cui ha detto “non mi farò logorare”, di tornare davanti alle Camere per ottenere una nuova fiducia, in modo da rendere “chiare” le responsabilità di tutti.
Quelle degli altri, non le sue.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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