CON I 50 NO ORA INIZIA IL CONGRESSO PERMANENTE DEL PD
MATTARELLA FIRMERA’… E SPERANZA PREPARA UN’USCITA NAZIONALE
Esce dall’Aula, Roberto Speranza, tre minuti dopo il voto finale.
Siepe di giornalisti che già lo identificano come il designato a sfidare Renzi, al prossimo congresso.
Piglio deciso: “La foto di oggi non è una bella foto per il paese. Il problema non è il Pd, ma che stiamo riformando le istituzioni a molto meno della maggioranza, con le opposizioni tutte fuori e un pezzo significativo della maggioranza che ti dice ‘dove vai’”.
La voce della Boldrini, inconfondibile, ha appena scandito, nell’emiciclo semivuoto: “Favorevoli 334, contrari 61, astenuti 4”. Sono i numeri della spaccatura profonda. Perchè sulla carta, la maggioranza – tutta – ha circa 405 voti, e quindi c’è sulla carta un dissenso, espresso in varie forme, di una settantina di parlamentari: “Nel segreto dell’urna poi — dicono i ben informati – in soccorso al governo, quindi da conteggiare nei 334, hanno votato pure un pezzo di grillini dissidenti, rimasti in Aula”.
Appare soddisfatto Bersani. Parla di “dissenso ampio” visto che rispetto al voto di fiducia (352 favorevoli) Renzi ne ha persi una quindicina.
Ed è aumentata l’opposizione interna. Dei 61 contrari, almeno 50 sono della sinistra del Pd, a cui aggiungere qualcuno di Ncd, più Corsaro rimasto in Aula, Saverio Romano, qualcuno del misto.
È certo che l’operazione “responsabili” non ha portato molti frutti.
O con o contro Renzi. Nel Pd, non c’è terra di mezzo.
È un corpo a corpo che va in scena alla Camera.
Lotti che rassicura quelli di Scelta Civica, Lotti che si vede attaccato al telefono dietro le colonne su e giù. È lui il terminale anche delle trame dei grillini dissidenti, che partito non sono e se si vota sono senza seggio. In cortile, pezzato di sudore sotto lo giacca estiva, Nico Stumpo il “ministro dell’Interno” della Ditta — così lo chiamano — tiene la conta delle minoranze: “Zoggia? Non viene perchè il figlio si è rotto il braccio. Giustificato. La Cimbro? In missione. Zappalla? Sta arrivando, è in aereo”.
È “Nico” il grande regista del voto segreto: Fedriga, capogruppo della Lega, capisce al volo che alle opposizioni conviene l’Aventino. Ed è lui ha ripetere a Brunetta: “Se non lo fate è un disastro perchè i verdiniani vanno in soccorso al governo”.
È un clima che già lascia presagire cosa accadrà .
Perchè oggi, dice un bersaniano di rango con una metafora calcistica, “Renzi ha vinto l’andata e neanche benissimo, ma ora c’è il ritorno e lì perde”.
Già , il “ritorno”. Il ritorno Renzi lo gioca fuori casa, al Senato, dove davvero i numeri ballano.
Federico Fornaro, uno degli attaccanti della minoranza a palazzo Madama, è già pronto: “È chiaro che, con questa legge elettorale, occorre per un corretto equilibrio costituzionale, un Senato delle garanzie. Garanzie significa legittimazione dei componenti. Ovvero un Senato elettivo”.
Posizione minacciosa, alla luce della battaglia sull’Italicum: “Fino al jobs act — spiegano in parecchi — lo schema era correggere la rotta. Ora dopo che un pezzo di partito non ha votato la fiducia e ha votato contro la legge la minoranza ha cambiato schema. O di qua o di là ”.
Si chiami Senato, si chiami riforma della Rai o scuola o precari i freni inibitori sono caduti.
È già iniziato il congresso del Pd, permanente. Che si combatte più sul governo, provvedimento dopo provvedimento, che nelle sezioni.
E sabato Speranza farà la prima uscita nella sua Cosenza sul reddito di cittadinanza.
E sarà un’uscita dal respiro nazionale.
(da “Huffingtonpost”)
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