CONTE CONTINUA LO SCOUTING IN PARLAMENTO: CONTATTI CON MAIE PER IL SIMBOLO
CIRCA UN CENTINAIO I PARLAMENTARI SU CUI CONTARE
Continua senza sosta lo scouting di Giuseppe Conte. Le sue truppe in Parlamento fremono, tutto il Movimento 5 stelle è con il fiato sospeso, ma il professore delude chi si aspettava una sua mossa già oggi, per ratificare uno strappo che è nei fatti.
L’ex premier tira dritto, e continua a manovrare il pallottoliere nel tentativo di capire su chi può contare e su chi no.
Respinto l’assalto a Luigi Di Maio: “Da che parte stai?”, gli ha chiesto ieri in un incontro da lui stesso sollecitato, ma il ministro degli Esteri gli ha ribadito che una scissione sarebbe un errore madornale, che bisogna lavorare per l’unità, e avrebbe cercato di dissuaderlo: “Con te verrebbe solo Patuanelli, dividerci farebbe male a tutti”.
A vuoto anche il tentativo con Virginia Raggi, ancora brucia la ferita del tentativo di allargare il campo di centrosinistra con Nicola Zingaretti candidato sindaco, quando ancora l’avvocato – bei tempi – si muoveva da leader in pectore.
Ma Conte non retrocede, il rapporto con Beppe Grillo è pressoché nullo, e da entrambi i fronti si spiega che nelle ultime ore continuano a non esserci contatti tra i due, e i contiani di ferro ancora scuotono la testa per l’impietoso giudizio dato dal garante al suo arrivo in Senato qualche giorno fa: “Avevamo dieci ministri e non abbiamo portato a casa niente”.
Il fondatore del resto va avanti. Vito Crimi, capo reggente ormai non si sa più bene di cosa, ha avviato l’iter per l’elezione del Comitato direttivo. Con un post non sul Blog delle stelle – nelle mani di Rousseau – ma su un sito nuovo di zecca, movimento5stelle.eu, e non sulla piattaforma di Davide Casaleggio, bensì sull’esordiente SkyVote, e nelle chat parlamentari già serpeggiano i timori per ricorsi e possibili invalidazioni.
“Vito ha deciso di fare il voto solo perché eleggeranno cinque carneadi, spingendo tutti ad andare con Conte”, un po’ ironizza e un po’ no un deputato. Non ci sono date né modalità di candidatura al momento perché tutti gli occhi sono puntati a lunedì.
Conte, che si è preso qualche ora di stacco fuori Roma, continua a far filtrare la propria disponibilità a raccogliere l’invito di presentare lo Statuto in un’assemblea, che ancora non ha data né ora ma che viene invocata proprio per la sera di lunedì. “È un modo di prendere tempo”, osserva chi ancora spera in una ricomposizione, aspettando che succeda l’imponderabile.
Diciannove senatori, tra cui Danilo Toninelli, hanno lanciato un appello all’unità e alla ricomposizione della rottura, con la speranza che “le posizioni si riconcilino”. È un drappello considerato vicino a Grillo, e che qualcosa si è rotto malamente a prescindere da come finirà lo testimonia la rabbiosa reazione di un collega: “I soliti che con Grillo si garantiscono il giardinetto del potere”.
Un giardinetto che Conte vuole arare in tempi brevi, perché più passa il tempo e più la situazione si fa difficile. “Un conto è contestare quel che ha fatto Beppe, un altro è andarsene dal Movimento”. Dopo l’iniziale entusiasmo di previsioni che arrivavano a 150 parlamentari scissionisti, la pista in molti casi si sta freddando, soprattutto a Montecitorio, dove gli onorevoli sono divisi e lacerati dai dubbi.
Si prenda l’area che guarda a Roberto Fico, l’altro grande big che non si è espresso, divisa equamente tra chi non è insensibile alle ragioni di Grillo (Brescia, Gallo) e chi considera non giustificabile il trattamento riservato a Conte (Ricciardi, Micillo, Sportiello).
Così anche tra i ministri, dove la posizione di Patuanelli a favore del professore al momento sembra isolata, anche se gli occhi sono puntati su Federico D’Incà, che si è messo in posizione d’attesa anche se molti lo accreditano di tendenza contiana.
Il partito dell’ex premier ha bisogno di soldi, e nella sua fase di startup ha assoluta necessità di un gruppo parlamentare il più ampio possibile. Perché un partito per come l’ha in mente l’ex premier necessita di una sede nazionale, presidi sul territorio, uno staff che porti avanti la macchina. E a questo proposito rimangono in bilico le posizioni dei tre collaboratori appena assunti dai gruppi di Camera e Senato (tra cui lo stesso Casalino), che in caso di scissione potrebbero ricevere il benservito.
Se a Montecitorio è un mero problema di numeri, perché venti deputati possono a prescindere formare un gruppo, a Palazzo Madama occorre un simbolo che si sia presentato alle ultime elezioni.
Contatti ci sono stati con Leu, al momento relegata a componente del Misto perché non arriva all’asticella dei dieci necessari, ma la discussione nello stadio più avanzato è quella con il Maie, gruppo sul quale Conte ha già cercato di far leva nella disastrosa operazione dei responsabili. In attesa che si pronuncino Fico e Di Maio, i numeri che circolano con più insistenza accreditano una cinquantina di senatori, la maggioranza del gruppo, che accarezzano l’idea della scissione e una quarantina (su oltre 160) deputati.
Gli occhi sono tuttavia puntati sulle possibili assemblee della prossima settimana, sulla sfida che l’ex premier potrebbe lanciare ai gruppi per prendersi in mano i 5 stelle: ecco il mio Statuto, ditemi cosa c’è di sbagliato.
(da Huffingtonpost)
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