DALLA DIPLOMAZIA ALL’ATTACCO MILITARE: COME L’OCCIDENTE PUO’ FERMARE IL CALIFFATO?
LE PRINCIPALI DOMANDE SULLA CRISI LIBICA
All’intervento della Nato e alla caduta di Gheddafi nel 2011, non è seguita un’operazione che disarmasse le milizie.
Ora la Libia è al collasso e si è aperto lo spazio per i jihadisti.
Una missione internazionale è ancora possibile: ma solo se le fazioni raggiungeranno un accordo
LO STATO ISLAMICO È ENTRATO IN LIBIA PERCHà‰ NEL PAESE SI COMBATTE UNA GUERRA CIVILE PER IL CONTROLLO DEL PETROLIO. PERCHà‰ LA CRISI È PRECIPITATA? E CHE PUà’ FARE L’ONU?
Il Consiglio di sicurezza dovrebbe riunirsi mercoledì, su richiesta francese. La crisi in Libia si è aggravata con l’orrendo assassinio di 21 cristiani egiziani compiuta dall’Is. Il che conferma che i miliziani del “Califfo” si stanno installando a 300 chilometri dall’Italia.
Mercoledì il Consiglio potrebbe iniziare a prendere in considerazione la creazione di una forza di stabilizzazione, ma per ora probabilmente darà mano libera all’Egitto per i suoi attacchi aerei.
E’ ANCORA POSSIBILE UN «INTERVENTO MILITARE» A TUTTO CAMPO IN LIBIA?
Realisticamente no, senza nessun dubbio. Un intervento militare a tutto campo per imporre la pace oggi in Libia sarebbe un rischio insostenibile per le democrazie occidentali, anche a fronte dei pericoli che il paese ci pone.
Un’azione possibile con finalità di peace-keeping o anche di peace-enforcing (mantenere la pace oppure imporre la pace) doveva essere annunciata nel 2011 alla fine dell’operazione Nato.
Oggi è impossibile per questi motivi: le milizie, e non solo i gruppi terroristici, non accetterebbero di sottomettersi a una forza militare, anche targata Onu.
Ci sarebbero atti di ritorsione contro i militari stranieri, che costringerebbero in pochi mesi i governi intervenuti a ritirare le loro truppe (è avvenuto in un contesto molto meno pericoloso in Somalia).
DAVVERO GLI ESERCITI EUROPEI NON POTREBBERO IMPORRE LA PACE?
Come è accaduto anche agli Usa in Afghanistan (nonostante i pur gravi danni collaterali provocati ai civili), una forza Onu sarebbe costretta a fare un uso limitato e non indiscriminato della forza.
Per capirci: per imporre la pace i militari Onu non potrebbero neppure lontanamente fare un uso del potere aereo come quello esercitato dagli israeliani l’estate scorsa a Gaza per proteggersi dai missili di Hamas.
L’Onu a cosa si appellerebbe per bombardare massicciamente Derna?
MA ALLORA UNA FORMA DI INTERVENTO MILITARE È DA ESCLUDERE?
Paradossalmente non è da escludere, ma va ben calibrato. Va limitata e asservita a un progetto politico.
Contro l’Is e il terrorismo sicuramente sarebbero necessari attacchi aerei autorizzati dall’Onu in maniera esplicita (e non autogestita come fa oggi l’Egitto) per colpire i santuari terroristi.
Ma l’uso del potere aereo e di piccoli contingenti di addestratori o anche di forze speciali dovrebbe essere collegato a un processo di unificazione delle fazioni libiche meno intransigenti.
QUALE POTREBBE ESSERE UN POSSIBILE PIANO POLITICO?
Bisognerebbe cercare di creare le condizioni perchè le milizie trovino un accordo per l’autogoverno delle parti principali del paese. la Libia limiterà il terrorismo se si auto-governerà da sola.
Bernardino Leon, inviato Onu, senza poter minacciare uso della forza militare, aveva iniziato individuare fra i soggetti da mobilitare le comunità locali, le tribù e i consigli comunali di Libia.
Un obiettivo insperato sarebbe di iniziare a consolidare un autogoverno di tribù/gruppi locali che saranno anche collegati alle mafie del posto, ma che scelgano di coordinarsi fra di loro per amministrare le comunità .
Un analista dice «per decine di anni il potere centrale italiano ha accettato che il Sud Italia venisse governato col contributo di mafia e camorra: una governance simile per la Libia sarebbe un risultato insperato».
TRA GLI IMMIGRATI POSSONO ESSERCI MILIZIANI INFILTRATI DELL’IS?
Nonostante quel che si creda, è molto improbabile. I fenomeni sono paralleli, possono incrociarsi, ma sono diversi.
Affrontare un’odissea nel Mediterraneo imbarcandosi su un barcone di migranti viene considerato poco probabile da Mattia Toaldo, analista che a Londra lavora per l’European Council on Foreign Relations: «In tanti anni c’è stato un solo caso di jihadista arrestato tra i migranti arrivati via mare. Attraversare il Mediterraneo su certe imbarcazioni è molto pericoloso come dimostrano i continui disastri. È vero invece che le organizzazioni jihadiste possono trarre profitti dal traffico di esseri umani».
I FLUSSI MIGRATORI POSSONO CRESCERE ANCORA IN UNA LIBIA SENZA CONTROLLO?
Assolutamente sì. Il vero problema dell’immigrazione clandestina che attraversa la Libia è che i migranti vengono gestiti dalle potenti mafie di trafficanti libici che li prendono in consegna nel sud del paese, in Fezzan e li trasferiscono sulle coste.
Poi li imbarcano anche con la forza. Sono bande potenti, spesso collegate a milizie che hanno una presunta agenda politica.
Finchè l’Italia e l’Europa non avranno di fronte un governo libico o governi locali libici con cui trattare, i trafficanti avranno la meglio.
LA PRESENZA IS IN LIBIA: CHI SONO, QUANTI SONO?
Non ci sono ancora migliaia di miliziani dell’Is trasferiti in Libia dal teatro siro/iracheno.
Secondo la Rivista Italiana Difesa ad oggi i combattenti dell’Is sono fra i 2000 e 3000, un contingente comunque assai pericoloso.
La verità è che si tratta in gran parte di miliziani jihadisti che hanno cambiato bandiera: appartenevano per esempio ad Ansar Al Sharia, ora hanno scelto di passare con il “Califfo”.
L’unico grosso contingente rientrato dalla Siria sarebbe il “Battaglione Bitar”, un gruppo di 500 miliziani schierati in precedenza a Mosul e Deir Ezzor. Adesso sono a Derna, la loro capitale.
QUALE TIPO DI INTERVENTO MILITARE SAREBBE EFFICACE CONTRO L’IS?
Dice ancora Toaldo, dell’Ecfr: «Un certo grado di forza militare è imprescindibile. L’elemento fondamentale, che finora è mancato in Siria e in Iraq, è l’accordo politico nella popolazione locale che permetta di isolare gli estremisti e far ripartire un minimo di macchina statale: alcuni posti di confine, la polizia, i servizi di base.
Una delle fonti di consenso dell’Is è proprio la sua capacità di «farsi Stato»».
E per questo torniamo alla «casella uno»: si potrà combattere l’Is se si ricostruirà uno Stato libico, o anche solo un accordo politico fra tribù, milizie e fazioni libiche.
Vincenzo Nigro
(da “La Repubblica“)
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