“DEF NON VALIDO”: L’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO, ORGANO TECNICO SUPER PARTES, FERMA IL GOVERNO
NEL MIRINO LA CRESCITA GONFIATA E IL RISCHIO DI PAGARE 17 MILIARDI PER LO SPREAD AL 2021, DISCO ROSSO SUGLI INVESTIMENTI E DEVIAZIONE DAGLI IMPEGNI SU DEBITO E SPESA
Le previsioni contenute nella Nota di aggiornamento al Def – la cornice della manovra – non possono essere validate.
Arriva dall’Ufficio parlamentare di bilancio una nuova stroncatura all’architettura dei conti pubblici disegnata dal governo gialloverde, già criticato duramente e con toni perentori dalla Banca d’Italia e dalla Corte dei Conti.
Lo scenario delineato dal presidente Giuseppe Pisauro nel corso dell’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato prefigura un giudizio “grave” da parte dell’Europa per le deviazioni “significative” dagli impegni sul debito e sulla spesa.
Lo stop dell’Upb poggia su tre considerazioni, a iniziare dalla critica alla super crescita stimata per il prossimo triennio.
I “significativi” e “diffusi” disallineamenti relativi alle principali variabili del quadro programmatico – sottolinea Pisauro – rendono “eccessivamente ottimistica” la previsione di crescita del Pil nel 2019. Una crescita che il governo ha collocato all’1,5% per il prossimo anno.
L’Ufficio parlamentare di bilancio stronca quindi l’asse portante della strategia dell’esecutivo, cioè la crescita ipertrofica per abbattere debito e deficit.
Tra i punti critici vengono evidenziati i “forti rischi al ribasso” a cui sono soggette le previsioni per il 2019 per le “deboli tendenze congiunturali di breve termine” e per “la possibilità che nelle attese degli operatori di mercato lo stimolo di domanda ingenerato dall’espansione dell’indebitamento venga limitato dal contestuale aumento delle turbolenze finanziarie.
Ma quella sulla crescita non è la sola sottolineatura rossa dell’Upb.
L’incidenza degli investimenti sul Pil – altro cavallo di battaglia del governo – viene giudicato un obiettivo “particolarmente ambizioso”.
Monito anche sulla maggiore spesa per interessi dovuto all’aumento dello spread negli ultimi mesi: un costo quantificato in 17 miliardi tra il 2018 e il 2021.
Cosa succede ora?
La palla torna nelle mani del ministro dell’Economia Giovanni Tria, che dispone di due opzioni.
La prima è recepire le richieste di modifica del quadro macroeconomico.
La seconda prevede la possibilità di non accogliere le osservazioni dell’Upb: in questo caso il titolare del Tesoro deve ripresentarsi davanti alle commissioni parlamentari e motivare la decisione.
È già accaduto nel 2016 con l’allora ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. In quella circostanza Padoan non modificò la nota di aggiornamento al Def, spiegando le ragioni, ma superò il contrasto con l’Upb modificando le ipotesi di manovra.
(da “Huffingtonpost”)
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