DEFICIT, LETTA SFONDA IL TETTO E SULL’IVA HA TUTTI CONTRO
IL GOVERNO PRESENTA I NUMERI (UN PO’ ABBELLITI) PER LA LEGGE DI STABILITà€
Ieri mattina il governo ha presentato la cosiddetta nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2013 (Def), cioè i numeri su cui da oggi verrà impostata la legge di Stabilità che definisce il bilancio dello Stato dei prossimi tre anni.
E i fatti sono questi: al momento l’Italia non rispetta il vincolo europeodeldeficital3percento del Pil (dopo mille ricalcoli la cifra indicata è 3,1), non ha mantenuto l’impegno preso dal governo Berlusconi nell’estate 2011 di raggiungere il pareggio di bilancio strutturale quest’anno (il deficit strutturale, cioè depurato dalle spese dovute solo alla recessione, è 0,7 invece che 0 o 0,5 come previsto).
Terzo problema: l’Italia rischia di essere fuori da ogni parametro anche nel 2014, visto che l’apparente equilibrio nei conti si regge su un’ipotesi di ripresa troppo ottimistica, con un Pil che il prossimo anno dovrebbe impennarsi dell’1 per cento.
Lo ammette anche il ministro Saccomanni: “È una stima leggermente superiore a quella stimata dai principali previsori internazionali”. La Commissione europea, per esempio, per l’anno prossimo indica +0,7, e potrebbe presto rivederla al ribasso.
Questo è il quadro della finanza pubblica “a legislazione vigente”, cioè lo stato dell’arte.
Poi ci sono gli obiettivi da raggiungere, quello che Letta vuole ottenere con la legge di Stabilità : un deficit al 3 per cento nel 2013 e al 2,5 nel 2014, già comprensivo di spese che di solito si nascondono fino all’ultimo tipo missioni militari e cassa integrazione in deroga.
“Il 15 ottobre presenteremo la legge di Stabilità che sarà il cuore dell’attività di governo e che scriviamo noi, senza costrizioni, ma dentro gli impegni presi. Sarà questo il documento su cui vogliamo essere giudicati”, dice il premier.
E da Bruxelles arriva subito l’incoraggiamento del portavoce del commissario europeo Olli Rehn, il guardiano della soglia del 3 per cento.
I sorrisi di Letta e Saccomanni, da soli in conferenza stampa, sono un po’ tirati.
Dietro le dichiarazioni di ottimismo, tradotte in numeri ad alto rischio, c’è la consapevolezza della valanga di problemi in arrivo.
Il primo ottobre scatta l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22 per cento, che vale un miliardo nel 2013 e forse la fiducia del Pdl all’esecutivo.
All’improvviso Letta non se la sente più di darlo per certo e dice solo: “Ne parleremo nei prossimi giorni”. Tanta prudenza si capisce meglio poche ore dopo quando il segretario del Pd Guglielmo Epifani ribalta la linea del partito e dall’assemblea dei democratici dice: “Chiedo al governo che non scatti l’aumento dell’Iva”.
Forse per non lasciare la bandiera della lotta contro l’Iva al Pdl, forse perchè vuole davvero sfidare Berlusconi suggerendo a Letta la soluzione proposta da Stefano Fassina (prendere soldi dall’Imu, per bloccare l’imposta sui consumi).
Ma il miliardo dell’Iva è solo il primo dossier.
Poi ci sono i 2,4 della seconda rata Imu prima casa 2013.
Il presidente dell’Anci Piero Fassino avverte: i soldi devono cominciare ad arrivare da Roma ai sindaci entro domenica o “molti Comuni al 30 settembre non saranno in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti”.
Allarme forse un po’ eccessivo ma efficace, Letta promette che arriveranno lunedì.
Peccato che il governo non abbia mai trovato una copertura finanziaria all’abolizione della seconda rata Imu e anche i soldi per la prima sono molto virtuali (a cominciare dai proventi del condono cui le società di gioco d’azzardo non vogliono aderire).
Letta e Saccomanni hanno rifatto molte volte i calcoli in questi giorni per racimolare qualche miliardo dalla spesa per interessi, scommettendo sul calo dello spread.
Questa ennesima professione di ottimismo si è tradotta in un taglio di qualche decimale: il costo del debito peserà sul 2014 per il 5,4 per cento del Pil e nel 2015 per il 5,3 (le stime precedenti erano 5,6 e 5,8).
Ma è lo stesso Letta a ricordare che “l’instabilità politica” è costosa e rischia di far salire il costo del debito.
La Banca d’Italia è subito corsa in aiuto del suo ex direttore generale Saccomanni, comunicando l’avvio di un comitato di esperti per “una valutazione delle quote di partecipazione al proprio capitale”.
Lo scopo è questo: con un tratto di penna si alza il valore delle azioni della Banca d’Italia, oggi in mano alle banche vigilate ma anche a Inail e Inps.
Gli istituti di credito ottengono un beneficio perchè i loro bilanci risultano più solidi, ma pagano una tassa sulla plusvalenza, almeno un miliardo.
Anche questo non basterà . Soprattutto se Letta vuole davvero — come annunciato — tagliare le tasse in busta paga ai lavoratori dipendenti per almeno 4 miliardi.
La partita è appena cominciata ma sarà breve: tutta la legge di Stabilità deve essere pronta il 15 ottobre per spedirla a Bruxelles.
Quando è salito al Colle a presentare il Def a Giorgio Napolitano Letta ha ripetuto: “Non mi farò logorare”. Pensando al Pdl. Ma anche al Pd.
Stefano Feltri
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