E BERLUSCONI MEDITA L’ADDIO ALLA POLITICA
FORSE STAVOLTA E’ DAVVERO FINITA
Addio alla politica. Addio al Parlamento.
Per adesso è solo un’ipotesi, l’ha confidata a pochi «intimi» prima di lasciare l’Italia per volare a Mosca ai festeggiamenti del fine settimana per i sessant’anni dell’amico Putin.
Solo un’ipotesi che, però, Silvio Berlusconi sta prendendo in seria considerazione.
Un passo di lato, più che indietro.
Destinato a favorire uno scenario impensabile fino ad oggi e ignoto alla quasi totalità dei dirigenti di quella barca alla deriva che è ormai il Pdl.
Il Cavaliere pensa a rinunciare non solo alla corsa alla premiership, per la quale sa di non avere chance, fosse pure alla guida di una formazione con simbolo e nome nuovi di zecca. Ma anche alla candidatura in Parlamento, a un seggio alla Camera o al Senato.
Lasciare il campo, va da sè, non vorrebbe dire rinunciare alla tutela degli interessi personali, degli ingenti affari del suo impero, e neanche alla protezione dalle grane giudiziarie che ancora lo insidiano.
La sua è una mossa tattica – racconta in queste ore chi è di casa a Palazzo Grazioli – destinata a spiazzare e a terremotare tutto il quadro politico.
A cominciare da chi lo circonda, dai big di un partito che, per restare alle sue parole, «non è da resettare, ma è da sciogliere, da azzerare».
E la ricetta individuata non sarebbe affatto quella che gli ha sottoposto con uno schemino in dieci punti il suo segretario Angelino Alfano.
Quel documento, che prevedeva tra le altre “novità ” una sorta di assemblea-congresso da one day da tenersi ai primi di dicembre, l’ex premier l’ha già piegato e riposto nel cassetto. «Continuano a propormi palliativi quando qui occorre uno shock» ha confidato nelle ultime ore.
Preoccupato dai sondaggi e indispettito dal coro di dichiarazioni di tutti i pidiellini che da ieri si dicono pronti a saltare sulla scialuppa del nuovo soggetto politico.
In procinto di dire “basta”.
«Ve lo immaginate Berlusconi che, per smantellare la baracca, convoca una platea affollata da politici di cui intende liberarsi?».
Il “Presidente” assieme ai bozzetti del nuovo simbolo e del nuovo nome pensa dunque ad altro.
Prepara la soluzione «shock», appunto.
Nell’ultimo vertice, a coordinatori e capigruppo Pdl ha ripetuto di aver provato in tutti i modi a convincere Montezemolo, senza successo.
Il ragionamento esposto successivamente solo ai più fidati trae le conseguenze: «Farmi da parte è l’unico modo per convincerlo, per consentire a Luca o a uno come Corrado Passera di accettare la guida di una grande coalizione dei moderati. Con me in prima fila non lo faranno mai».
Nella prospettiva del Cavaliere, a quel punto – e solo a quella condizione – rientrerebbe in partita Pier Ferdinando Casini con l’Udc. E con lui perfino Gianfranco Fini.
Al di là delle scintille ancora recenti e delle querele di queste settimane al presidente della Camera, tutto – col ritiro di Berlusconi – sarebbe destinato a rientrare.
In nome di un grande, unico partito centrista.
E di un solo slogan: «fermare i comunisti».
Con il Pd costretto ad allearsi «solo» con Vendola e Di Pietro.
La mossa del cavallo, quindi, per consentire la nascita della costellazione del nuovo centrodestra.
Nella quale potrebbero pure trovare posto una sigla post-An di La Russa piuttosto che le liste civiche che ha in mente Alemanno, quella berlusconiana dei giovani o degli imprenditori. Dettagli.
Quel che conta, per l’inquilino di Palazzo Grazioli, è che il Ppe in salsa italiana che nascerebbe dalle ceneri, o quanto meno un suo zoccolo duro berlusconiano, continui a tutelare i molteplici interessi del «padre nobile» fattosi da parte per «il bene di tutti».
Questo balena negli ultimi giorni nella mente di Berlusconi, mentre fino a ieri sera dirigenti e peones del Pdl confidavano paure e incertezze sul futuro in un giro vorticoso di telefonate. Tra i più preoccupati, neanche a dirlo, proprio gli ex An.
Sventato da Matteoli e Gasparri e Augello lo strappo al quale puntavano soprattutto La Russa e Corsaro, resta l’enorme problema del «tesoro» di An.
I fondi milionari ancora congelati dalla disputa giudiziaria che va avanti ormai da anni con gli avversari di Fli.
I “colonnelli” berlusconiani stanno riaprendo le trattative, quei soldi servono e servono subito, con la campagna elettorale che incombe e una prospettiva non ancora tramontata di dar vita a un qualcosa di «destra».
Minaccia accantonata per ora (anche per mancanza di risorse, appunto) ma pronta – raccontano – a essere rispolverata dopo il voto.
Se gli ex An riusciranno davvero a far eleggere e salvare quella «riserva» indiana di 25 parlamentari.
Intanto tremano loro e trema tutto l’esercito pidiellino, in attesa di capire come il generale giocherà la partita della sopravvivenza.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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