ECCO LE PROVE DELLE TANGENTI: “IN DUE ANNI 44 BONIFICI PER PAGARE 226.000 EURO”
I TRASFERIMENTI FITTIZI DI DENARO OPERATI DA BUZZI A FAVORE DI LUCA ODEVAINE
Quarantaquattro bonifici bancari in due anni transitati dalle cooperative di Salvatore Buzzi sui conti correnti dell’ex moglie e del figlio di Luca Odevaine.
Che poi li giravano dopo pochi giorni a lui, l’uomo che giocava su tre tavoli.
Tutti i passaggi di denaro sono stati fatti attraverso la Banca Popolare di Verona, semplicemente taroccando le causali dei versamenti.
A volte erano fatture inesistenti, altre volte rate di mutuo per appartamenti mai affittati. Un totale di 226mila euro in entrata, e 248mila in uscita.
Eccola qui la prova di come Mafia Capitale pagava tangenti.
Nero su bianco, in 44 distinte riferite ad altrettante operazioni fatte tra il 12 gennaio 2012 e il 10 febbraio 2014, rintracciate dagli investigatori del Ros che a Odevaine hanno dedicato ben quattro informative e più di duemila pagine. Le merita tutte, il personaggio.
Perchè l’ex direttore di gabinetto di Veltroni e del prefetto Morcone, nonchè ex capo della polizia provinciale di Roma e gancio di Carminati e Buzzi al Tavolo per l’accoglienza dei rifugiati al Viminale, è un uomo che conta parecchio, in questa storia.
Non per niente lo chiamano “il Padrone”. È l’unico che riesce a muoversi e a muovere pedine sui tre tavoli che interessano ai sodali per i loro affari: Campidoglio, Provincia di Roma, ministero dell’Interno.
Un uomo da coccolare, appunto, con uno stipendio parallelo.
Pescando a caso tra i bonifici, l’8 maggio 2012 la Eriches 29 di Buzzi gira sul conto di Lozanda Hernandez Nitza del Valle, la ex di Odevaine (si erano sposati nel 2011) 5.000 euro per “canoni locazione mese maggio”.
Sei giorni dopo la donna li ritrasferisce a Odevaine in due tranche, da 2.000 e 3.000 come “restituzione prestito”.
Ma verificando all’Agenzia delle entrate, i carabinieri scoprono qualcos’altro.
«Non esiste alcun contratto di locazione – si legge nell’informativa del 30 luglio scorso – tra gli immobili a disposizione di Odevaine o dei suoi congiunti e le società riconducibili a Buzzi».
Le transazioni si ripetono 44 volte, cambiano solo i beneficiari (a volte è lei, altre volte è il figlio Thomas Edinzon Enriques Lozada) e le causali: “affitto settembre”, “saldo fattura”, “trasferimento fondi”, “affitto gennaio”, “anticipo fattura”, “restituzione prestito”.
Non cambia il destinatario finale, Luca Odevaine. Ma in calce a questa sfilza di cifre, i carabinieri scrivono una frase che assomiglia tanto a uno scacco matto: «Tali bonifici non sono giustificati dall’esistenza di rapporti lavorativi tra i titolari dei conti e le cooperative ».
Solo Thomas, il figlio acquisito di Odevaine, tra il 2010 e il 2012 ha avuto rapporti con le coop Eriches 29, Abitus e Percorso, «ma gli importi erano molto inferiori rispetto a quelli successivi».
Usano pure una parola in codice, per il sollecito.
«Puoi verificarmi gli affitti – chiede a Buzzi con un sms il 15 febbraio 2013 – Sono un po’ in difficoltà . Grazie, un abbraccio».
“Affitti”, stando alle indagini era il segnale che l’appetito era tornato.
E infatti dopo quel messaggino la segreteria di Buzzi si attivò per saldare il ”canone di maggio” di una casa – stando alle indagini – inesistente.
A Odevaine viene anche offerto di entrare, attraverso la Fondazione IntegrAzione di cui è presidente, nella gestione del centro di Anguillara. «Si stanno mettendo un po’ sporche le cose?», gli chiede preoccupata Rossana Calistri, funzionario del Campidoglio. «So’ loro che so’ storti…».
Del resto di conoscenze da spendere, Odevaine, ne ha parecchie. E nei posti giusti.
È stato mandato al Tavolo del Viminale dall’allora presidente della Provincia Luca Zingaretti, e lì è rimasto fino al giorno dell’arresto, peraltro senza averne titolo, perchè il suo mandato con l’Unione province italiane era scaduto.
«Sono in grado di orientare i flussi», si vanta, per accreditarsi quale soggetto da “ungere” con mazzette per riempire di rifugiati gli 8 centri romani che interessavano a Buzzi.
Un credito che anche gli investigatori gli riconoscono: «Aveva influenza sui vertici del Dipartimento immigrazione del ministero dell’Interno».
Il riferimento è al prefetto Mario Morcone, di cui è stato capo di gabinetto quando fece il commissario di Roma dopo le dimissioni di Veltroni
Nel giugno scorso Morcone è stato nominato dal governo proprio capo di quel Dipartimento.
E Odevaine commenta così: «Hanno fatto questa scelta perchè io sono andato a parlare con questo qua della segreteria del Pd… M’ha chiamato pure per ringraziarmi (si riferisce a Morcone, ndr), perchè si vede che gli hanno detto che c’è stato un mio intervento…». Millanterie, o forse qualcosa di più, dell’uomo che giocava su tre tavoli.
Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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