EUROPREOCCUPATI: PRODI, MONTI E LETTA PREOCCUPATI PER LE SORTI DELL’EUROPA
PRODI: “ATENE NON SIA LA SARAJEVO EUROPEA”… MONTI: “BERLINO RISCHIA DI CAUSARE UNA RIVOLTA”… LETTA: “DOPO LA GRECIA, RISCHIA L’ITALIA”
Romano Prodi e Mario Monti sono preoccupati per le sorti dell’Europa e della Grecia.
I due ex premier italiani e maggiori rappresentanti in Italia dell’Unione Europea parlano della crisi ellenica in due interviste, il primo a Repubblica e il secondo al Corriere della sera.
Prodi, parlando con Repubblica, non crede all’uscita della Grecia dall’euro: “Comunque vada a finire il referendum, il danno di un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe troppo grande. Si troverà un compromesso. Se tutto il mondo, da Obama ai cinesi, continua a ripeterci che bisogna trovare un accordo, vuol dire che c’è il diffuso sentimento di una catastrofe imminente che occorre evitare ad ogni costo (…) Tuttavia l’Europa, se vuole salvarsi, deve dotarsi immediatamente di una forte autorità di tipo federale, altrimenti sarà votata al fallimento”.
“Proprio perchè la crisi è così piccola, un fallimento sarebbe clamoroso. Una istituzione che non riesce a governare un problema minuscolo come la Grecia che fiducia può dare sulla sua capacità di gestire un problema più grosso? Oggi non è all’orrizzonte, ma tutti sappiamo che , prima o poi, arriverà .Un non compromesso è un evento impensabile. Voglio vedere come Merkel, Juncker o Lagarde possono prendersi la responsabilità di lasciare la Grecia fuori dall’euro. Certo, l’irrazionalità della Storia è sempre in agguato. Anche la Prima guerra mondiale scoppiò per un piccolo incidente. Ma voglio sperare che Atene non sia la nostra Sarajevo.”
In un intervista al Corriere della sera, mostra la sua preoccupazione anche l’ex premier Mario Monti.
“Il negoziato continua – afferma -. È in evoluzione ora per ora. La posizione del governo greco, per quanto disordinata, sta cambiando: Atene è disposta ad accettare più cose di prima. E nell’Eurogruppo c’è una vasta disponibilità a riprendere in esame il dossier. Il tentativo è offrire a Tsipras qualcosa di più, in modo da indurlo a passare dal no al sì al referendum. È possibile un accordo su basi diverse dal passato: meno privatizzazioni, meno disagio sociale, una lotta più forte all’evasione e alla corruzione. Tutti i sondaggi indicano che il sì è in rimonta. E che la grande maggioranza dei greci, tra il 70 e l’80%, non vuole il ritorno alla dracma. Io, oltre a un grande amore, ho una grande fiducia nel popolo greco.”
Sull’ipotesi di un’uscita della Grecia dall’euro, Monti dice: “Come ha detto Draghi, sarebbe un’esperienza del tutto nuova per tutti. È difficile prevedere le reazioni dei mercati, se venisse meno la certezza dell’irreversibilità della moneta unica. Qualcuno potrebbe avere la tentazione di scommettere contro altri Paesi (…) Non sarebbe l’Italia l’anello debole della catena. Spagna e Portogallo sono messe peggio di noi, che pure abbiamo un rapporto debito pubblico-Pil più alto. Ma pensiamo piuttosto a evitare questo scenario”.
“La Merkel – dice l’ex premier – vince solo se tiene la Grecia dentro l’euro e favorisce l’accordo finale. Se invece si avesse la sensazione che la Merkel e Schaeuble non hanno voluto l’accordo, in Europa ci sarebbe una rivolta degli spiriti, un tumulto delle anime: uno scenario drammatico, per l’Europa e per la Germania.”
Sulla questione greca interviene anche l’ex primo ministro Enrico Letta, con un’intervista al quotidiano Avvenire.
“Un accordo fra la Ue e la Grecia va perseguito a ogni costo. Perchè una rottura costerebbe almeno 10 volte di più di qualunque intesa. E – attenzione – il costo maggiore sarebbe proprio per l’Italia”.
Letta sottolinea: “L’uscita della Grecia dall’euro sarebbe l’inizio del declino per il disegno europeo. Un declino irreversibile. Non vedo come si possa far uscire questo Paese e procedere tranquillamente facendo finta di nulla”.
Secondo Letta “una rottura avrebbe un costo almeno 10 volte maggiore di qualunque intesa. E il costo sarebbe più grave proprio per noi”, “la nostra esposizione verso la Grecia è la maggiore in rapporto al Pil, più anche di Germania e Francia” e “un default avrebbe un impatto sul deficit che ci farebbe sballare i conti, ci obbligherebbe a una manovra correttiva e particolarmente rigorosa per scongiurare l’idea che il prossimo, potenziale bersaglio della crisi dell’euro siamo noi”.
Inoltre “vedremmo sfumare in un sol colpo gran parte delle 5 condizioni – petrolio basso, cambio buono, bassi tassi d’interesse, più l’Expo e il Giubileo – di quella insperata congiuntura malgrado la quale assistiamo a una ripresa ancora stentata. Come in un gioco dell’oca torneremmo alle condizioni del 2012. E apriremmo a un’autostrada per l’affermarsi sempre più netto dei populismi nella politica”.
(da “Huffingtonpost”)
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