FRANCESCO GIAVAZZI, GIÀ CONSIGLIERE ECONOMICO DI MARIO DRAGHI, VA ALL’ATTACCO DEL GOVERNO PER LA TASSA SULL’EXTRAPROFITTO: “È SBAGLIATA TECNICAMENTE, PERCHÉ DISTORCE L’ALLOCAZIONE DEL CREDITO, E DELLA COMUNICAZIONE”
“PER GLI ISTITUTI DI CREDITO SARÀ MENO CONVENIENTE INVESTIRE IN TITOLI DI STATO. LE BANCHE POTREBBERO INTRODURRE NUOVE COMMISSIONI”
«Una tassa sbagliata tecnicamente, perché distorce l’allocazione del credito, e dal punto di vista della comunicazione, poco rispettosa degli investitori internazionali, di cui abbiamo bisogno come il pane», afferma Francesco Giavazzi, “un errore da bocciatura all’esame di economia”.
Spiega: «Il governo non impone una tassa sui profitti totali di una banca, ma soltanto sul margine di interesse, cioè la differenza tra interessi attivi e passivi. La tassa non tocca le altre attività, per esempio il contributo ai profitti delle commissioni che le banche fanno pagare quando vendono fondi o polizze. Questo è il primo effetto di questa distorsione è che sposterà le banche verso attività diverse dal margine di interesse».
E questo rischia di produrre un effetto pericoloso per i conti dello Stato: «L’investimento in Btp fa parte del margine di interesse, quindi per gli istituti di credito sarà meno conveniente investire in titoli di Stato, la cui domanda scenderà proprio nel momento in cui vengono meno gli acquisti da parte della Bce. E’ un autogol !», valuta Giavazzi. Questo il giudizio «tecnico», poi c’è una valutazione «politica».
«Questa tassa è un provvedimento dal quale traspare una visione sovranista dello Stato. . Fuor di metafora, la tassa potrebbe ritorcersi contro il governo, penalizzando l’economia.
«La domande dei prestiti sta già frenando e le banche potrebbero avere interesse ad assecondare questa frenata spostandosi dai prestiti verso le commissioni sui servizi bancari, magari introducendone di nuove. […] «le tasse non dovrebbero fare una distinzione sull’origine dei profitti. È come se il governo tassasse la Barilla solo sui profitti derivati dagli spaghetti, ma non dai rigatoni.
Perciò la Barilla potrebbe decidere di non produrre più spaghetti ma solo rigatoni. Il governo può decidere di tassare la Barilla perché pensa che faccia troppi profitti, ma non indurla a ridurre la produzione di spaghetti. Non è il suo mestiere».
E poi c’è «il colpo alla credibilità del Paese: un investitore internazionale che acquisti azioni di Banca Intesa non si aspetta di perdere il 10% in una notte solo perché un governo si è svegliato ‘”frizzantino”». Infine, «i provvedimenti vanno spiegati al mercato. Un investitore internazionale si aspetta che la misura sia spiegata dal ministro responsabile, quello dell’Economia, non, come è accaduto, da quello preposto ai ponti. Se non si presenta in conferenza stampa in un’ occasione come questa dà un’immagine pessima del Paese».
(da agenzie)
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