GIORGIA È FINITA IN UN LABIRINTO: I CONSERVATORI EUROPEI DOMANI INCONTRANO VON DER LEYEN E DECIDERANNO SE VOTARE O NO LA RICONFERMA DELLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
CON L’APPOGGIO DEI VERDI A URSULA, LA DECISIONE DELLA MELONI NON È PIÙ DECISIVA. MA SEGNERÀ IL CAMMINO EUROPEO PER L’ITALIA… UN EVENTUALE NO AVRA’ CONSEGUENZE NELLE TRATTATIVE SU PATTO DI STABILITÀ, FINANZIARIA E NOMINA DEI COMMISSARI…AL MOMENTO L’IPOTESI PIÙ PROBABILE PER ECR È QUELLA DELL’ASTENSIONE
L’appuntamento che deciderà le sorti del voto di Giorgia Meloni a favore della conferma o meno di Ursula von der Leyen è fissato per domani. A Strasburgo – probabilmente in mattinata – la presidente della Commissione europea incontrerà il gruppo dei Conservatori europei, di cui la premier è leader. Più passano i giorni, più Meloni si trova dentro un labirinto politico.
Ieri il leader di Alleanza verdi e sinistra Angelo Bonelli ha annunciato un «sì condizionato» alla conferma della tedesca. Ha condito l’annuncio con un paio di passaggi urticanti per Fratelli d’Italia: «I nostri punti imprescindibili sono la difesa delle politiche sul clima» e «il no all’ingresso nella maggioranza sia dei Patrioti (il gruppo che unisce Salvini e Le Pen, ndr) che di Ecr».
Un sì che conferma il probabile sostegno di gran parte della pattuglia verde alla conferma della tedesca: se così sarà, sulla carta Von der Leyen si presenterà al voto di giovedì con una maggioranza solidissima. I conti sono presto fatti: 188 popolari, 136 socialisti, 77 liberali, 51 verdi: in tutto 452 voti, ai quali occorre però sottrarre una ventina di aperti dissidenti.
In ogni caso una base di partenza di circa 430 voti, e perla conferma ne servono 361 su 720. Per scongiurare ulteriori defezioni – non mancano nemmeno dentro al variegato gruppo del suo partito – i Popolari europei ieri hanno pubblicato un post su X in cui hanno confermato il sostegno «a una leadership forte per un’Europa forte».
A complicare ulteriormente il quadro politico per Meloni c’è il fallito attentato a Donald Trump: la pattuglia dei Patrioti, ormai competitor europeo a destra di Ecr, è il più entusiasta sostenitore della rielezione del Tycoon a presidente degli Stati Uniti. Meloni, stretta nei complicati panni di premier di un governo di coalizione, non può mostrarsi altrettanto entusiasta mentre Joe Biden è nel mirino per le precarie condizioni di salute.
Giovedì la pattuglia di Ecr potrebbe presentarsi in aula a Strasburgo senza una posizione definita, e decidere che fare dopo aver ascoltato il discorso di Von der Leyen. Per il partito della premier e gli altri alleati di Ecr i passaggi attesi sono tre: sull’immigrazione, la transizione energetica, un’Europa più orientata a uno spirito federale piuttosto che alla creazione di un «super Stato».
Se Von der Leyen vorrà il voto di Ecr – o quantomeno la loro astensione – dovrà pronunciare un discorso molto democristiano: su tutti e tre i temi socialisti e verdi hanno un approccio lontano da quello dei Conservatori.
Sia come sia, l’eventuale no del partito della premier avrebbe conseguenze politiche rilevanti per l’Italia. Meloni deve fare i conti da un lato con il sì entusiasta del partito di un vicepremier (Antonio Tajani) dall’altra con l’aperta ostilità della Lega di Matteo Salvini. Se il pendolo oscillerà dalla parte di Forza Italia e dei Popolari, Meloni potrà rivendicare una vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto, candidato a una poltrona nella nuova Commissione.
Se la premier scegliesse la strada del no, il danno sarebbe anzitutto all’interesse nazionale. Un interesse che – per inciso – Salvini sta cinicamente addossando sulle sue spalle.
Con ogni probabilità, a meno di una mancanza di stile, che a Palazzo Chigi tendono ad escludere, oggi Ursula von der Leyen telefonerà a Giorgia Meloni. La previsione è fondata su un dato di cronaca: dopodomani, alle 9 del mattino, l’esponente tedesca che corre per un bis al vertice della Commissione europea, ha fissato un confronto politico con il gruppo che dell’Ecr, i Conservatori europei che fanno capo proprio alla premier.
Anticipare a Meloni, almeno in modo ufficioso, quello che dirà ai 78 deputati di Ecr sarebbe un atto di cortesia necessario, sicuramente utile anche per il prosieguo della trattativa sul posto riservato all’Italia in seno alla Commissione Ue. Una vicepresidenza operativa, come ha chiesto Meloni? O piuttosto un semplice Commissario con una delega che renda la nostra diplomazia comunque soddisfatta? La questione resta aperta.
(da agenzie)
Leave a Reply