HONG KONG, L’ASSEDIO AL POLITECNICO E LO SPETTRO DI UNA NUOVA TIENANMEN
L’ASSEDIO DELLA POLIZIA ALLA ROCCAFORTE DEI GIOVANI PATRIOTI CHE NON VOGLIONO IL PAESE SVENDUTO AI CINESI… MA I SEDICENTI SOVRANISTI ITALIANI DOVE SONO? IN SILENZIO COME SEMPRE, COMPLICI DEI POTERI FORTI
Frecce, catapulte, molotov. Assedi e ultimatum. Un campo di battaglia chiamato Hong Kong. L’assedio della polizia di Hong Kong al PolyU, il Politecnico diventato la roccaforte dei manifestanti, non accenna ad allentarsi.
Dopo un braccio di ferro andato avanti per tutta la notte, alcuni manifestanti hanno provato a uscire dal campus (al cui interno si sono asserragliati dagli 800 ai mille manifestanti) ma la polizia li ha arrestati o ha lanciato lacrimogeni e i proiettili di gomma contro di loro. Gli agenti hanno invitato a più riprese i giovani ad arrendersi e intanto il governatore Carrie Lam appare sempre più defilata: oggi si è limitata a visitare l’agente ferito domenica da una freccia al polpaccio e ha invitato esplicitamente i giovani a seguire le indicazioni della polizia.
Le autorità dell’ex colonia britannica per la prima volta hanno ventilato l’eventualità di cancellare le elezioni comunali previste per il fine settimana. Uno dei tentativi di fuga dei giovani è stato ripreso in un drammatico video diffuso dall’emittente Rthk, che mostra i manifestanti correre sopra un ponte pedonale: a decine sono riusciti a fuggire, calandosi con una corda, altri sono stati arrestati e si sono consegnati alle forze dell’ordine.
Gli arresti si sono susseguiti per tutto il corso della giornata, intervallati dagli appelli della polizia alla resa. “Se abbandoneranno le armi, la polizia non userà la forza”, ha assicurato un portavoce. Ma diverse centinaia di giovani continuano l’occupazione: gli agenti hanno lasciato entrare personale della Croce Rossa per assistere i feriti, ma secondo alcuni rappresentati degli studenti, ci sarebbe anche un problema di carenza di viveri e acqua. Il dramma dell’assedio al PolyU si consuma anche fuori dal campus molti genitori, qualcuno assiepato fuori dal campus, hanno implorato l’amministrazione e la polizia di lasciare uscire indenni i loro figli dall’università accerchiata, e venti dirigenti di altre scuole superiori hanno chiesto di potere entrare all’interno del campus per il timore che ci possano essere decine di minorenni all’interno del campus. L’escalation della violenza e del caos ha causato, solo oggi, 66 feriti ricoverati negli ospedali di Hong Kong, tra i quali un uomo di 84 anni.
Nell’ultimo fine settimana sono state arrestate 154 persone, tra cui 51 persone identificate come giornalisti o personale paramedico, per il sospetto che potessero essere manifestanti.
In totale, sono 4.491 le persone arrestate a Hong Kong dall’inizio delle proteste anti-governative, di cui non si vede la fine e che stanno mettendo a durissima prova la pazienza di Pechino. “Nessuno sottovaluti la nostra determinazione a salvaguardare la nostra sovranità e la stabilità di Hong Kong”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang, dopo che gli Usa avevano definito “ingiustificato” l’uso della forza nell’ex colonia britannica.
Intanto, l’Unione Europea ha parlato di violenza “inaccettabile”. Anche oggi, soprattutto sul Kowloon, si sono consumati scontri a colpi di raffiche di gas lacrimogeni e di lanci di bottiglie molotov tra polizia e manifestanti con i secondi spesso impegnati in azioni diversive per distrarre gli agenti dall’accerchiamento del campus. Il clima rimane fortemente instabile: sempre sul Kowloon sono comparsi anche agenti delle squadre speciali, alcuni dei quali avvistati mentre imbracciavano armi d’assalto, i fucili M4, e in serata centinaia di persone si sono nuovamente radunate in sostegno degli studenti asserragliati al PolyU.
Allo scenario di guerriglia urbana si aggiunge lo schiaffo subito dall’amministrazione di Hong Kong: l’Alta Corte ha giudicato “incostituzionale” il divieto di indossare maschere per coprire il volto nei raduni pubblici, emesso dall’amministrazione il 5 ottobre scorso facendo ricorso a una legge di emergenza di epoca coloniale. Il tribunale ha accolto il ricorso presentato da 25 parlamentari pan-democratici contro il governo guidato da Carrie Lam.
“Una rara vittoria legale per i manifestanti di Hong Kong”, ha twittato l’attivista pro-democrazia Joshua Wong. “Assediando il Politecnico e colpendo con proiettili di gomma e lacrimogeni coloro che cercavano di fuggire, le forze di polizia di Hong Kong hanno ancora di più esasperato la tensione, anzichè cercare di allentarla”, denuncia il direttore di Amnesty International Hong Kong Man-Lei Tam ha diffuso questo commento: “Invece di fornire assistenza ai manifestanti feriti intrappolati all’interno del Politecnico, gli agenti hanno arrestato i medici che cercavano di trasferirli fuori”.
“La natura sempre più violenta delle proteste è allarmante ma dobbiamo ricordare che la principale causa è la mano dura usata nei mesi scorsi dalle forze di polizia nei confronti di manifestazioni ampiamente pacifiche. Ora è fondamentale che si eviti una tragedia”, sottolinea il direttore di AI Hong Kong.
Come ha informato il sito cattolico italiano Asianews verso le 2 di notte, mons. Joseph Ha, vescovo ausiliare di Hong Kong, insieme ad alcuni parlamentari del gruppo democratico e membri del PolyU hanno cercato di dialogare con il comandante della polizia per trovare una soluzione pacifica all’assedio.
Ma i poliziotti, accecandoli coi riflettori, li hanno avvertiti: “Andate via. Questa è una messa in guardia”. Il gruppo guidato da mons. Ha ha cercato di entrare nell’università da altre entrate, ma è stato sempre ricacciato indietro dalla polizia. La Cina ha ripetutamente avvertito che non tollererà il dissenso e c’è il timore crescente che Pechino possa inviare truppe per porre fine ai disordini: sabato i soldati dell’esercito di Liberazione Popolare cinese, di stanza a Hong Kong, sono scesi per la prima volta per le strade dall’inizio delle proteste anti-governative, ufficialmente per rimuovere i mattoni. Ma è stato comunque un impressionante sfoggio di efficienza.
“Gli studenti si stanno sempre più radicalizzando — dice ad HuffPost il professor Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, profondo conoscitore del ‘pianeta Cina’ – il che offre al Governo cinese l’opportunità di intervenire, ma come interverranno, è una questione aperta. I margini di compromesso sembrano esigui, perchè Pechino ha confermato la fiducia alla governatrice di Hong Kong, Cariie Lam. E le sue dimissioni erano una delle cinque richieste degli studenti”. Nei giorni scorsi il presidente cinese Xi Jinping ha usato parole molto forti, sostenendo che la crisi minaccia il modello “un Paese, due sistemi” (in base al quale Hong Kong è stata governata dopo il passaggio di consegne dalla Gran Bretagna nel 1997) e che porre fine alle violenze e ripristinare l’ordine sono “il compito più urgente”.
Concetto ribadito anche dall’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, che ha avvertito: “Qualora la situazione continuasse a peggiorare, il governo centrale cinese non resterà seduto a guardare”. Nessuno dovrebbe “sottovalutare la determinazione della Cina nella difesa della sua sovranità e della stabilità di Hong Kong”: così il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, in merito agli ultimi sviluppi.
Secondo il Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese, il futuro di Hong Kong è al suo punto critico e non c’è “alcun margine” per i compromessi nella “lotta” contro i manifestanti anti-governativi. “Quello che abbiamo di fronte è la battaglia tra la tutela del principio ‘un Paese, due sistemi’ e la sua distruzione. Sulla questione, che coinvolge la sovranità nazionale e il futuro di Hong Kong, non c’è una via di mezzo e assolutamente neanche lo spazio per un compromesso”, si legge.
Pechino non esiterà a contrastare qualsiasi tentativo che minacci la sovranità , la sicurezza e l’unità nazionale. “Ogni tentativo che minacci queste 3 linee di fondo e che interferisca o possa sabotare il modello ‘un Paese, due sistemi’ è delirante, futile e destinato a fallire”. “nulla a che fare con la cosiddetta democrazia, ma mira a minare il modello ‘un Paese, due sistemi’”. Così l’ambasciatore della ex colonia britannica a Londra, Liu Xiaoming, ammonendo che Pechino “non resterà con le mani in mano se lo scenario diverrà incontrollabile”. “Abbiamo sufficiente determinazione e potere per mettere fine ai disordini”, rincara Liu, tornando a denunciare “i commenti irresponsabili” del governo britannico, sollecitato a “non interferire negli affari interni” della Cina.
Il governo britannico ha oggi ribadito, in una nota del Foreign Office, la sua grave preoccupazione per “l’escalation delle violenze” da parte sia dei manifestanti sia della polizia. “Siamo seriamente preoccupati per l’escalation delle violenze da parte sia dei manifestanti sia delle autorità attorno ai campus dell’università ”, ha fatto sapere Londra. ”È vitale che i feriti possano ricevere adeguate cure mediche e sia garantito un corridoio sicuro a chi voglia lasciare l’area”, ha aggiunto il Foreign Office prima di rilanciare un appello per “la fine della violenza e l’impegno di tutte le parti a un dialogo politico serio in vista delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Distrettuale di domenica”.
Al di là delle dichiarazioni ultimative, resta il fatto, su cui concordano gli analisti di geopolitica, che la Cina si trova oggi di fronte a un dilemma: qualsiasi compromesso troppo poco stringente potrebbe creare un precedente che rischierebbe di estendersi alle relazioni tra Pechino e altre regioni contese come Macao, Taiwan, Tibet, Xinjiang e Mongolia interna. D’altra parte, altrettanto rischioso sarebbe agli occhi di Pechino far finta che nulla sia successo, poichè proprio nelle suddette regioni le proteste di Hong Kong potrebbero trovare facili emuli.
L’assedio al Politecnico continua, e lo spettro di una nuova Tienanmen aleggia su Hong Kong.
(da “Huffigtonpost“)
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