IL GOVERNO VENDERA’ POSTE E ENAV. E INTANTO REGALA BANKITALIA AI PRIVATI
UN GUADAGNO DI OLTRE 4 MILIARDI PER LE BANCHE, DI MENO DI UN MILIARDO PER LO STATO
Il governo di Enrico Letta non è poi fermo come si crede.
Con un rapido uno-due oggi si appresta, infatti, a cominciare il percorso di alienazione del patrimonio dello Stato così assiduamente caldeggiato da Commissione europea, Bce, Fondo monetario e grande finanza internazionale.
Fabrizio Saccomanni non poteva che annunciare a Davos, durante il World Economic Forum, che il Consiglio dei ministri di oggi inizia il percorso di dismissione delle partecipazioni azionarie dello Stato: “Nella riunione ci sarà il decreto privatizzazioni: si comincia con il 40 per cento di Poste.Poi vediamo”, ha detto ai giornalisti il ministro dell’Economia, confermando che l’obiettivo è “raccogliere quattro miliardi entro il 2014”.
Ci vogliono circa sei mesi, infatti, per portare a termine la collocazione in Borsa di quel pacchetto di azioni di Poste e il guardiano dell’ortodossia brussellese, il commissario Olli Rehn, ha già fatto ufficialmente presente al governo italiano che mancano almeno otto miliardi al bilancio pubblico di quest’anno.
È appena il caso di ricordare che le privatizzazioni non si sono mai rivelate una buona idea se pensate per mettere a posto i conti pubblici e, d’altronde, non si tratta nemmeno di procedere verso una completa apertura dei servizi postali: il Tesoro ha già fatto sapere, infatti, che intende mantenere la quota di controllo di Poste Italiane. Non così, peraltro, dovrebbe andare per Enav, la Spa di proprietà del ministero dell’Economia che gestisce i servizi per il traffico aereo civile: oggi il governo dovrebbe dare il via libera alla privatizzazione integrale.
Niente Borsa, in questo caso, ma probabilmente la vendita diretta ad una grande azienda privata: il governo, riportava ieri l’Ansa, ha già riscosso interesse tra fondi di investimento dei Paesi del Golfo ed in Nord Europa.
Gli stessi vertici Enav preferiscono questa soluzione, perchè un partner industriale “tenderebbe ad orientare a suo favore le scelte aziendali”.
In via di conversione, infine, il cosiddetto decreto Imu/Bankitalia.
Si tratta del testo che abolisce la seconda rata 2013 della tassa sulla casa e, contemporaneamente, ridisegna l’azionariato della Banca d’Italia.
Invece di ripubblicizzarla, come prevede una legge del 2005, l’esecutivo rivaluta le quote in mano alle banche private (ma erano pubbliche fino agli anni Ottanta) da 150 mila euro a sette miliardi e mezzo e dà il via ad una operazione che finirà per regalare oltre quattro miliardi ad alcuni istituti di credito (Intesa e Unicredit su tutti).
Intanto c’è il problema dei dividendi: nel 2012 palazzo Koch ha pagato agli azionisti 70 milioni, con le nuove regole questa cifra passa a 450 milioni.
In secondo luogo c’è il limite al possesso di azioni: nessuno potrà avere più del 3 per cento.
Significa che Intesa dovrà cedere il 27,3 per cento, Unicredit il 19,1 e altri (Generali, Carige, eccetera) percentuali tra il 3,3 e l’1 per cento.
Sarà la stessa Bankitalia a comprare le azioni e rivenderle: un’operazione che vale per le banche 4,2 miliardi di soldi freschi in cassa.
Il guadagno dello stato, che deriva dalle tasse sulla plusvalenza, vale invece solo 900 milioni: l’aliquota, infatti, è quella super-agevolata del 12 per cento.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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