IL MEDICO CHE SI E’ DIMESSO DALL’OSPEDALE DI ALZANO: “GIA’ IL 15 FEBBRAIO UN COLLEGA AVEVA DIAGNOSTICATO CHE ERA COVID”
NEGLI ULTIMI GIORNI SI E’ SCONTRATO CON ASST E HA DECISO DI DIMETTERSI
Nadeem Abu Siam, medico palestinese di 29 anni e padre di tre figli, casa a Nembro, era in servizio sabato 15 febbraio. Il caso del paziente 1 a Codogno sarebbe esploso solo 5 giorni dopo.
Oggi in un’intervista al Corriere della Sera Bergamo dice che si è scontrato negli ultimi giorni con la direzione dell’Emergenza dell’Asst e ha deciso di dimettersi. E aggiunge che già dal 15 febbraio tra i colleghi si sospettava che i pazienti con polmoniti interstiziali potevano essere affetti dal Coronavirus SARS-COV-2:
Torna con il pensiero e gli occhi un po’ lucidi a quel sabato 15 febbraio, Nadeem. «Orlandi mi diceva anche in dialetto ‘go mia ol fiat…’. Ho chiamato la radiologia e gli ho fatto fare la lastra a letto. Non sono un intenditore ma qualcosa non andava. Quindi ho chiamato un internista di Medicina, esperto. Ha guardato la lastra e ha detto ‘questa per me è sars-cov’. Poi il paziente è andato in reparto».
Le informazioni raccolte consentono di ricordare che Orlandi morì il 25 febbraio e che l’esito del tampone eseguito il 23, positivo, arrivò poco dopo il decesso.
Eppure l’esame si sarebbe potuto fare molto prima, 8 giorni in anticipo. Lo snodo decisivo dell’inizio dell’emergenza sta in questa storia e in altre simili.
Non si facevano i tamponi, secondo la direzione dell’Asst, perchè le circolari del ministero dicevano di non farli in assenza di contatti o rapporti del paziente con la Cina. «Il coraggio di violare i protocolli», come l’ha definito il presidente della Regione Attilio Fontana, aprì le finestre sull’epidemia già in corso grazie all’anestesista di Codogno, il 20 febbraio, rompendo gli argini per tutti.
«Non c’era neanche la preparazione per affrontare tutto, però – racconta Abu Siam –. Il 23 febbraio dovevo fare il turno di notte, fino a lunedì mattina. Alle 17 ero stato chiamato e mi avevano detto “siamo chiusi, non venire nemmeno”. Alle 19, un’altra telefonata, per dirmi di andare al lavoro. Avevano già riaperto. Appena entrato nessuno sapeva cosa fare, il flusso di pazienti era ancora fermo. Fino a quel momento non avevamo mai usato mascherine in modo generalizzato e in tutto avevamo 10 tamponi. Li abbiamo usati sul nostro personale.
(da agenzie)
Leave a Reply