IL MOVIMENTO SENZA LEADER E RAPPRESENTANZA: “CASA, LAVORO E DIGNITA'”
IN MIGLIAIA AL CORTEO PER MANIFESTARE PACIFICAMENTE INVOCANDO DIRITTI E ISOLANDO I VIOLENTI
C’è una moltitudine di individui, storie, bisogni e richieste nel corteo del 19 ottobre. Nei giorni che hanno preceduto la manifestazione, le ragioni della protesta sono rimaste nascoste, cancellate dall’attesa morbosa degli scontri e dei problemi di ordine pubblico.
Nei giorni che la seguiranno, molte di queste richieste sono destinate a rimanere ancora inascoltate, cancellate dagli scoppi delle bombe carta e dalle immagini delle cariche.
Questi bisogni, secondo le voci del corteo, sono lontani anni luce dalla sensibilità della politica e dei sindacati.
In piazza, a San Giovanni, si sono incontrate diverse migliaia di persone, quasi tutte per manifestare senza violenze.
C’erano i movimenti per la casa, le famiglie sfrattate e quelle che hanno occupato un’abitazione. Con loro hanno marciato centinaia di migranti, chiedendo dignità e diritti, dopo le manifestazioni di cordoglio pubblico che seguono ciclicamente le stragi di Lampedusa.
C’erano No Tav, studenti, cassintegrati e disoccupati.
Queste sono alcune delle loro storie raccolte durante il corteo.
RETE PER L’ABITARE
“Avere un tetto sopra la testa è un principio irrinunciabile”.
Siamo qui tutti insieme: tutte le sigle dei movimenti contro lo sfratto si sono unite e mescolate in un lungo corteo che attraversa Roma. Ci sono le bandiere rosse di Stop sfratti e sgomberi, gli attivisti di Action, le famiglie italiane e straniere delle case occupate di Anagnina, Torre-spaccata, Tiburtina e di tanti altri quartieri di Roma e città d’Italia. Tutti insieme per affermare che la casa è un diritto. Siamo almeno 70 mila, è bellissimo. Il terrorismo mediatico che è stato montato attorno a questa manifestazione non è servito a nulla. È troppa la voglia di scendere in piazza e riconquistare quello che ci è stato tolto dalle politiche di austerità . Ci sono tante identità , tanti movimenti sociali, tante persone che si sono messe insieme senza bisogno di sigle sindacali o politiche. Vogliamo riprendere per il collo il nostro presente e il nostro futuro
NO TAV
“Siamo contari alla violenza, però si parla di noi solo se c’è l’incidente”.
Vengo da Venaus e manifesto per difendere la mia terra, ma le altre lotte di questo corteo hanno tutte la stessa matrice: siamo in piazza contro lo spreco delle risorse dello Stato e la sofferenza sociale che ne deriva.
Se l’alta velocità fosse un’opera utile, saremmo disposti ad ascoltare gli argomenti di chi vuole realizzarla. Ma la cosa ridicola e assurda è che tutti i danni ambientali ed economici sono nel nome di un’opera totalmente inutile.
Siamo contrari alla violenza contro le persone, ma purtroppo abbiamo notato che una manifestazione pacifica di 40 mila persone pacifica viene liquidata con un silenzio assordante. Appena capita un incidente, invece, si accendono i riflettori sul movimento. Sarebbe sufficiente, in Val di Susa, che il ministro dei Trasporti venisse a spiegarci perchè il Tav è tanto importante. Se esistessero argomenti seri, e avessero l’onestà di comunicarli alla popolazione, il giorno dopo a manifestare non ci sarebbe più nessuno, tranne quelli che vogliono davvero solo fare casino. Ma il Tav non serve, e la gente non è stupida.
LO STRANIERO
“Qui dal 2003, dormo ancora per strada”
Vengo dall’Eritrea. In questo corteo siamo tantissimi del mio Paese. Ci sono anche ragazzi sudanesi e senegalesi. Tutti senza casa. Siamo una comunità . Molti di noi vivono e dormono insieme. Ovunque: alla stazione, sui marciapiede, negli angoli di strada. Io sono arrivato nel 2003. Sono passato per la Libia. Ho fatto tappa a Lampedusa. Ai tempi per fortuna non c’erano quelle carceri che chiamate Cie.
Il lavoro? Niente, zero, non si trova nulla. Vorrei lasciare l’Italia, e come me tanti altri. Ma non è possibile: siamo identificati, avete le nostre impronte.
Il documento che ci è stato rilasciato non è valido per uscire da questo Paese. Tornare a casa? Non avete la più pallida idea di cosa significhi vivere in Eritrea. E tornarci da sconfitti.
IL DISOCCUPATO
“L’unica possibilità è scappare dall’Italia”
Vivo qui a Roma. Con me ci sono due amici siciliani, venuti apposta per il corteo. Siamo tutti e tre disoccupati. Io ho fatto il liceo scientifico, ora studio musica. Ma ad aprile scappo via da questo Paese.
Vorrei lavorare con la mia passione, fare il musicista , ma in Italia non è possibile. Ed è difficilissimo anche trovare altri sbocchi.
Vivo nella depressione più totale. Non posso pianificare nulla. Una casa, una famiglia: sono un sogno irrealizzabile. Questo corteo è fatto di persone e bisogni diversi, ma è tenuto insieme dalla precarietà , dall’incapacità comune a tutti di riuscire a vedere un futuro. Sul mio cartello c’è scritto: “Sono venuto già menato”. È un modo per sdrammatizzare: gli scontri non servono a niente. La violenza è inutile. Sempre.
IL DIPENDENTE PUBBLICO
“Al Sud la Repubblica non è fondata sul lavoro
Sono autista d’ambulanza a San Severo, in provincia di Foggia. Attorno a me il lavoro scompare.
Protestiamo contro i tagli alla sanità e tutto il pubblico impiego: in primis scuola e trasporti. Il nostro territorio assiste allo scempio quotidiano dello Stato. Da un lato c’è la corruzione, diffusa praticamente in ogni ufficio pubblico, dal-l’altro ci sono le privatizzazioni selvagge. Ci stanno togliendo l’ossigeno, un po’ alla volta. Le conseguenze sono evidenti, drammatiche. Tagliano le risorse e bloccano il turnover. Diminuiscono i dipendenti pubblici. Lo Stato scompare e mancano i servizi. Chi non ha risorse non si può rivolgere al privato, deve rinunciare a curarsi. È una situazione insostenibile, questa piazza chiede di cambiare direzione alle politiche che stanno spolpando la nostra comunità .
Tommaso Rodano
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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