IL SALUTO ROMUSK
TRA FOLLIA CRIMINALE E ISTERIA
Non so se quello di Musk fosse un saluto romano o un irrigidimento isterico dell’avambraccio (in ogni caso la Roma che ha in mente quell’invasato è l’Urbe non di Mussolini, ma di Nerone). Una cosa è certa: da qualche tempo persino chi vedeva in Trump il male assoluto lo ha retrocesso a relativo.
Scopriremo presto se le cose stanno effettivamente così, ma al momento, lo si è visto anche durante la cerimonia d’insediamento, la semplice presenza di Musk al suo fianco basta a ridurre la carica eversiva del Babau in Chief, assegnandogli obtorto collo il ruolo di vecchio saggio incaricato di smorzare gli eccessi visionari del socio finanziatore. Potrebbe trattarsi di un gioco delle parti. Ogni leader ama essere amato da tutti, e il modo più sicuro di riuscirvi consiste nel mettersi accanto qualcuno più inquietante di lui. Così potrà apparire rassicurante persino agli occhi dei suoi avversari. Gli esempi, anche in Italia, non mancano: Andreotti si accompagnava a Sbardella, Berlusconi a Previti, Renzi a Renzi.
Ma forse i nostri giudizi sono condizionati dal linguaggio, che esprime sempre lo spirito del tempo. Trump è uomo all’antica, manifesta ancora la sua cattiveria con le parole. Al massimo vi aggiunge il tono di voce e le espressioni del volto. Invece Musk, più moderno, comunica a fumetti: digitando emoticon, roteando pollici e stendendo avambracci. Ha messo un motore nuovo al passato e lo ha chiamato futuro.
(da La Repubblica)
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