IL VIROLOGO GALLI CONTRO I “COLLEGHI OTTIMISTI” CHE NON SONO VIROLOGI MA PARLANO DI VIROLOGIA
LO SFOGO DEL DIRETTORE DELLE MALATTIE INFETTIVE DEL SACCO DI MILANO
C’è un meme che circola su internet da diverse settimane: in Italia si è passati dall’essere virologi a esperti di economia in un batter di ciglia, per poi diventare (o tornare a essere) allenatori di calcio alla ripresa dei primi match ufficiali.
Una presa di posizione ironica che, però, nasconde alcune verità . E se a farlo è un cittadino rimane un problema di poco conto, ma se questi sconfinamenti arrivano all’interno del comparto medico allora la questione è più seria.
E proprio su questo tema si è sfogato Massimo Galli ieri sera a CartaBianca, su Rai3, con un messaggio indignato rivolto ai suoi colleghi non virologi che, però, si accalcano tra televisioni, radio e giornali parlando di virologia.
Il tema è quello in discussione in queste settimane: da una parte ci sono esperti medici che parlano di un virus «diventato più buono», dall’altro c’è chi sostiene che i numeri indicano tutt’altro che la fine dell’emergenza sanitaria. Tra questi ultimi c’è proprio Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, che sottolinea come questo ottimismo sia del tutto fuori luogo.
«Dire che il virus si è rabbonito è una grossolana sciocchezza», sostiene Massimo Galli. Secondo lui, infatti, i nuovi focolai in Italia sono l’esatto sintomo di come il Coronavirus sia ancora vivo in mezzo a noi e che le storie che arrivano dalla Cina e dal focolaio nel mattatoio in Germania (che ha costretto il governatore del Nordreno-Westfalia a imporre un nuovo lockdown fino al 30 giugno nell’area di Guetersloh) non possono far fare proclami ottimistici.
Poi l’attacco diretto: «I miei illustri colleghi si sono improvvisati una competenza su virus e epidemia, venendo da fantastici curricula in altri campi e altri ambiti. Io non mi metto a fare l’oncologo, il nefrologo. Io non mi metto a fare altri mestieri in termini di valutazioni di elementi e di esperienza. Sono veramente esausto: non posso dover contrastare posizioni di colleghi che si basano su impressioni e non sui numeri. È necessario parlare sulla base di dati, non sulle opinioni».
(da agenzie)
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