INTERVISTA A BERSANI: “MATTEO HA VINTO MA NON USI LA CLAVA: NOI NON CI FAREMO CHIUDERE IN UN RECINTO”
“SONO A DISPOSIZIONE”…E SI CONSOLA CON LA VITORIA A BETTOLA
«Ma davvero abbiamo vinto a Bettola? Devo chiamare i ragazzi, ringraziarli». Almeno in patria, profeta.
Almeno lì il Pd non ha voltato le spalle alla Ditta di Pierluigi Bersani.
In Transatlantico, però, aleggia la “rottamazione”. L’ex segretario sorride quando lo dipingono come l’ultimo dei Mohicani: «Ho più di sessant’anni. Sono a disposizione del partito».
Partiamo da Renzi. Qualcosa le dovrà pur piacere…
«Mi piace la sua immediatezza, l’energia, lo slancio, la freschezza. Ora bisognerà vedere cosa ha in mente per il partito. In fondo, il punto è quello di sempre: il Pd deve decidere se essere spazio o soggetto politico. E se essere impermeabile ai potentati».
Renzi può essere “impermeabile”?
«Lo vedremo, dovrà dimostrarlo. Certo, ha la personalità e la forza per interpretare in autonomia che cos’è il Pd».
Appena insediato farà cadere il governo?
«Non credo».
E voi? I dati sembrano indicare che avete sbagliato candidato.
Ride, Bersani. «Non si sbaglia mai candidato. E poi un’onda di quel genere non si frena. Se c’è una cosa che posso rimproverare a Gianni Cuperlo è che lui è un uomo per bene, come pochi. Io da tre anni mi ero messo in ginocchio per chiedergli di andare in tv… Ma lui è fatto così, è un grande e va rispettato. D’altra parte, sa, a volte il pensiero è una fregatura… ».
Intanto, però, avete raccolto il 18%.
«Renzi ha ottenuto una vittoria netta. Sono pronto a lavorare per il Pd. Nessuno gli metterà i bastoni tra le ruote.Ha chiesto disciplina, io sono qui».
E Civati, l’outsider?
«Tante cose che dice sono condivisibili. Ma se dice che da segretario del Pd toglierebbe la fiducia, fatico a capire…».
“È finita una classe dirigente”, ha scandito Renzi domenica sera. Parlava anche di lei, onorevole.
«Non si può usare la clava. Questa è una ruota, non c’è dubbio. Va benissimo il rinnovamento — e d’altra parte, guardate ai nostri gruppi parlamentari ma serve anche l’esperienza. Renzi deve ricordare che se tutti sono qua è perchè qualcuno ci ha preceduto e ha reso possibile tutto questo portando la fiaccola».
Insomma, la sinistra non è finita?
«La sinistra esiste in natura, vedrete che produrrà ancora fiori rigogliosi. Avrà la forza di rigenerarsi e uscirà fuori qualche leader che non immaginiamo».
E lei che farà ? Tornerà in Parlamento la prossima legislatura?
«Io sono a disposizione. Vedremo, farò quello che serve al Pd».
La clava, diceva. Renzi l’ha usata. Per reazione potreste chiudervi in un recinto identitario.
«Ma guardate che la sinistra non può essere una corrente del Pd, deve essere il lievito! Io adesso voglio capire cosa pensa il segretario su una serie di questioni ».
E se non le dovessero piacere?
«Lo dirò. E comunque i tre milioni ai gazebo dimostrano che il confronto è nel nostro dna».
La nuova segreteria, intanto, è stata nominata.
«Ho visto. È composta per metà di uomini di Renzi, per metà di Franceschini».
Confronto, diceva. Ma potreste non essere coinvolti nelle decisioni.
«Guardi che il nostro partito è abituato a discutere. Le decisioni nascono sempre dalla discussione, anche se uno ha il 99%. Sarebbe come non vedere una mucca nel corridoio, scusate il bersanese».
Ne è convinto?
«Gli italiani sono un popolo in cui c’è una certa quota di anarchismo, come dire, cooperativo. Un giorno ci segue, un giorno no. Anche nei nostri elettori c’è una base di individualismo. E se non c’è un partito, non ci sono punti di tenuta del sistema. Il sistema non si può reggere solo su un leader carismatico».
Resta il fatto che il leader ha vinto.
«Certamente lo spirito del tempo è di chiedere cambiamento. Ma oggi per fare il leader bisogna essere in un collettivo stabile».
Anche in Italia?
«Il sistema italiano è il più fragile e volatile d’Europa. Siamo gli unici ad essere usciti dal muro con discredito, con Tangentopoli. E Berlusconi è il profeta di questa fase leaderistica. Basti pensare che persino intorno a Monti hanno voluto fare il partito…».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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