INTERVISTA AL COSTITUZIONALISTA MICHELE AINIS: “IL QUIRINALE PERDEREBBE I SUOI POTERI E GIA’ OGGI IL GOVERNO E’ TROPPO FORTE”
“IN ISRAELE FECERO UNA RIFORMA ANALOGA, MA NON FUNZIONO'”
Prima di ragionare sull’ipotetica riforma costituzionale, ci tiene a premetterlo: “Io cerco di avere un atteggiamento laico, non mi piacciono le tifoserie incrociate”.
Michele Ainis, docente di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università Roma Tre, soppesa i giudizi. E avverte: “Nei testi è importante anche quanto non c’è scritto”.
La bozza di riforma prevede un presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini, con una soglia minima del 40 per cento, che potrebbe sciogliere le Camere e revocare i ministri. Così i poteri del presidente della Repubblica verrebbero svuotati, giusto?
Le istituzioni sono vasi comunicanti: se muovi qualcosa da una parte, cambi tutto il flusso. Il premierato è una delle tre varianti del presidenzialismo: una è l’elezione diretta del capo dello Stato, come negli Stati Uniti, e un’altra il semipresidenzialismo, come in Francia. Oppure si può eleggere direttamente il presidente del Consiglio, come prevede la bozza di cui avete scritto. Questi tre modelli sono uniti dal fatto che gli elettori scelgono chi ha il potere di governo. Ma così viene intaccata la figura del presidente della Repubblica, così come prevista dal nostro sistema parlamentare, con il suo ruolo di garanzia. Certo, il premierato cerca di mantenere il ruolo del capo dello Stato italiano, che non esiste nei primi due casi. Però il presidente della Repubblica ha i suoi poteri più penetranti nella nomina del presidente del Consiglio e nello scioglimento delle Camere. Se la bozza divenisse realtà, li perderebbe entrambi.
In Europa il premierato non esiste in nessun Paese.
Sarebbe un brevetto, anche se un precedente a livello internazionale esiste. Venne sperimentato in Israele, con Yitzhak Rabin, e non funzionò. Loro hanno una legge elettorale iper-proporzionale; senza l’incentivo a scegliere uno fra i partiti principali – in modo che il suo leader diventasse poi primo ministro – gli israeliani furono più inclini a premiare le liste marginali, dividendo il proprio voto. Il risultato fu un Parlamento frammentato, che divenne ingestibile.
I fautori del premierato potrebbero obiettarle che con la riforma si avrebbe un governo più forte, no?
Parto da un paradosso: se questa riforma andrà in porto, è perché avremo avuto un governo di legislatura, quindi duraturo e stabile. Detto questo, Costantino Mortati nell’Assemblea costituente sostenne che la stabilità non deriva dal comando solitario, bensì da quella del quadro politico. Durante la Prima Repubblica i governi giravano, ma l’indirizzo politico era sempre quello, e lo esprimeva la Dc.
I tempi cambiano…
Per certi versi il governo ora è troppo forte, e di presidenzialismo ne abbiamo sin troppo. L’esecutivo si è impadronito della funzione legislativa, ed è un fenomeno che peggiora sempre di più. Ricordo che Biden non può fare decreti legge e non può sciogliere il Congresso.
Il premierato non la convince.
Gliel’ho detto, ho un atteggiamento laico, e prima di giudicare voglio sempre leggere i testi. Dopodiché noi abbiamo due grossi guai, che sono forse gli unici argomenti a favore della riforma. Il primo è che gli italiani non vanno più a votare, e accontentarsi di una soglia del 40 per cento è un modo per fare i conti con questa disaffezione. Il secondo problema è lo scarto tra la Costituzione scritta e quella materiale. Ovvero, il governo è già troppo forte, come le dicevo prima.
Come fece nel 2016 Matteo Renzi, Giorgia Meloni dovrebbe giocarsela in un referendum sulla riforma. Che mossa sarebbe, politicamente?
Un referendum costituzionale diventa inevitabilmente un voto su se stessi. Renzi caricò quello sulla sua riforma di elementi personalistici, ma anche Silvio Berlusconi perse il referendum costituzionale nel 2006. In entrambi i casi, le due riforme cambiavano una cinquantina di articoli della Carta. Se quella a cui lavora l’attuale governo si limitasse a pochissimi articoli, come sembra, sarebbe di più facile percezione.
(da Il Fatto Quotidiano)
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