L’ALTERNATIVA ORMAI E’ TRA ELEZIONI O STAFFETTA
LO SCONTRO TRA RENZI E LETTA E I TENTATIVI DI MEDIAZIONI
«Non c’è Enrico asserragliato a Palazzo Chigi e qualcuno che vuole fargli le scarpe…».
A mandare su tutte le furie Matteo Renzi è il paragone che accompagna il tam tam sulla staffetta tra lui e Enrico Letta a Palazzo Chigi: il segretario vuole scalzare Letta come D’Alema fece con Prodi nel 1998.
Lo considera il marchio che il Palazzo sta affibbiando al confronto in corso.
Ma Prodi, ragionano i renziani, era stato eletto nelle urne.
Letta è stato indicato da Berlusconi e Bersani e scelto da Napolitano per creare l’unico governo in quel momento possibile: le larghe intese.
Graziano Delrio, ministro e suo consigliere, si irrita. «Il riferimento a D’Alema e Prodi è davvero improprio sbotta — Noi ci indignammo allora perchè un uomo eletto dal popolo, Romano Prodi, fu mandato via per una trama dei partiti».
Ora siamo a un giro di boa del tutto diverso, è il ragionamento del segretario. «Si vuole una ripartenza? Sì. Non sono stato io a voler far crescere la possibilità di una staffetta tra me e Enrico alla premiership», va ripetendo Renzi.
Il segretario democratico poi conosce bene gli ostacoli che sono su questa strada: «So quali sono le controindicazioni, ma so anche che nessuno si può sottrarre alle responsabilità , benchè un’avventura a così alto rischio a me non piaccia».
Tuttavia le cose si stanno mettendo su un piano inclinato, alla fine del quale restano solo due opzioni possibili: un governo Renzi oppure le elezioni anticipate.
E un governo del leader democratico — l’ipotesi più scabrosa e improbabile fino a qualche settimana fa — è oggi la più concreta.
Delrio gli ha consigliato di procedere con cautela: «Aspetta con tranquillità ».
Per questo, nella direzione del partito di giovedì scorso, Matteo ha chiesto al premier di fare la prima mossa: «Decidi tu se te la senti di andare avanti. Se non te la senti, allora ragioniamone ». Letta l’ha presa malissimo.
Tra i due la tensione è massima, i rapporti sono pessimi. Il premier per ora non ci pensa nemmeno a dimettersi: «Voglio andare avanti e nella prossima settimana lavorerò per un nuovo governo, per un bis».
Una linea che ovviamente porterà ad un ulteriore conflitto.
A tentare la mediazione, infatti, ci stanno provando da un lato Dario Franceschini, il ministro dei Rapporti con il Parlamento, dall’altro lo stesso Delrio.
Al primo spetta temperare le rigidità di Letta, al secondo ammorbidire le asperità di Renzi. L’obiettivo è trovare una soluzione senza uno scontro all’O.K. Corrall e individuare una via d’uscita soft.
In altri tempi, in casa Dc, ci si sarebbe accordati per un cambio di mano in cui uno andava a fare il premier e l’altro si spostava agli Esteri.
Ma siamo alla vigilia della Terza Repubblica, sempre che le riforme istituzionali e la nuova legge elettorale vadano in porto. E il premier non ne vuole sapere di fare il ministro in un esecutivo Renzi, e quest’ultimo non intende averlo come presenza ingombrante nel consiglio dei ministri.
Per questo le due “colombe” hanno iniziato a volteggiare: per evitare che i contendenti evitino una guerra senza quartiere e dall’esito dannoso per il paese e perentrambi.
Prospettando un bis con un programma stringato per il 2014 oppure, appunto, una staffetta ma non cruenta. A difendere Letta in questo momento è Napolitano.
Il capo dello Stato è ancora convinto che la continuità debba essere garantita.
Tutto si gioca nei 13 giorni che mancano alla direzione dem del 20 febbraio.
Per Renzi ci sono colloqui, uno probabilmente anche con Napolitano, e valutazioni attente in agenda. Letta sarà alla prese con il terreno minato e incerto in cui si muove l’azione del governo, tra i tanti decreti da convertire.
E poi c’è la partita delle partite: il voto sulla legge elettorale che entro venerdì prossimo dovrebbe avere il via libera alla Camera.
Renzi la considera decisiva e in direzione stava per prendere la rincorsa e fare fuoco quando la minoranza cuperliana ha avvertito: «O c’è stabilità e rilancio del governo, oppure anche la riforma elettorale rischia».
Delrio ha faticato un bel po’ per trattenerlo.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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