LA BALLA DELL’INVASIONE: POTENZIATE I CENTRI DI PSICHIATRIA INVECE CHE FINANZIARE GOVERNI CRIMINALI
I DATI VERI SMENTISCONO I SEMINATORI DI ODIO RAZZIALE
Quanti sono i migranti che ogni giorno arrivano in Italia? Sono più o meno di quelli che arrivavano negli anni passati? Quanti sono quelli che restano nel nostro paese? Soprattutto stiamo davvero subendo un’invasione?
Per l’ultima domanda, la risposta breve è “no”, ma l’argomento è talmente vasto, delicato e complesso che ovviamente ne merita una lunga, basata su poco interpretabili numeri.
Cifre che scontenteranno i sostenitori del motto “l’Italia agli italiani” (perchè lo è ancora) e daranno invece qualche soddisfazione a quelli di “l’Europa ci ha abbandonati” (perchè è più vero che falso).
Quanti migranti arrivano in Itali
Innanzi tutto, gli sbarchi. Quelli di persone in arrivo dall’Africa settentrionale sono al livello più basso da oltre 4 anni: nel periodo 2014-2017, nel nostro paese sono arrivati ben oltre 100mila migranti l’anno; nella prima metà del 2018 siamo poco sopra i 14mila (i dati sono dell’Onu) , e se il trend proseguisse si arriverebbe intorno a quota 30mila, dunque a meno di un terzo rispetto agli anni precedenti.
Dunque: non è vero che il numero di migranti extraeuropei è in aumento rispetto al passato, ma è oggettivamente vero che almeno sino a metà 2017 l’Italia ha subìto una “pressione” senza paragoni in Europa, eccezion fatta per quella sopportata nel biennio 2015-2016 dalla Grecia (di nuovo, dati dell’Onu ), che ha accolto circa 1 milione di persone (850mila nel solo 2015) ed è stata costretta all’apertura di alcuni campi per migranti.
Quanti migranti restano in Italia
Solo adesso, con molte difficoltà , la Grecia sta svuotando i campi allestiti 3 anni fa, mentre in Italia la situazione è decisamente più complessa: secondo le statistiche, gran parte dei migranti arrivati nel nostro Paese nel periodo 2014-2017 hanno proseguito il loro viaggio per altre destinazioni.
Secondo i dati dell’Eurostat , in Italia ci sono circa 4 milioni di stranieri extraeuropei (cui ne vanno aggiunti altri 600mila “irregolari”), pari a meno del 7% della popolazione totale.
Come molti hanno scritto negli ultimi giorni, è una percentuale inferiore a quella che c’è in Francia e Germania (fra 8 e 8,5%) e nemmeno paragonabile a quelle di Svezia (11,6%), Austria (quasi il 10%) o anche Estonia (13,3%).
I problemi di integrazione derivano in primo luogo da una percezione sbagliata della situazione (i migranti sono molti meno di quello che sembra) e dagli slogan delle forze politiche che soffiano sul fuoco dell’intolleranza:
Poi ci sono anche colpe concrete, vere e ben attribuibili.
Una (o forse due) è nostra, dell’Italia. La burocrazia non è un male solo per gli italiani, ma anche per gli stranieri: secondo le stime, al nostro paese servono oltre 2 anni per “evadere” una domanda di asilo politico e in questo arco di tempo il migrante viene ospitato nei cosiddetti Cas (i Centri di accoglienza Straordinaria) o in quelli indicati dallo Sprar (il Sistema di protezione per Richiedenti asilo e rifugiati). Entrambi funzionano male, per ragioni diverse:
– i Cas vengono aperti autonomamente dalle Prefetture e, pensati come “straordinari”, si trasformano in “parcheggi” di persone all’interno di comunità che difficilmente le tollereranno per i mesi (o gli anni) necessari all’arrivo di una risposta sul loro futuro;
– gli Sprar sono invece rarissimi, perchè vengono aperti d’accordo con i Comuni… che raramente sono d’accordo.
L’altra colpa è dell’Europa, e anche in questo caso i numeri non mentono: dopo i “picchi” di sbarchi in Italia e Grecia fra 2015 e 2016, la Commissione Europea ha pensato ad alcune “contromisure” per fare sì che parte dei richiedenti asilo venissero accolti da tutti i paesi dell’Ue.
L’Unione non ha però sufficienti armi legislative per imporsi e l’effetto è stato risibile: negli ultimi 3 anni, l’Estonia ha accolto 6 (sei) persone, la Bulgaria una decina e Danimarca, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca addirittura nessuna.
Come si vede, senza un po’ di italica inefficienza (la burocrazia), senza avere provato per anni a usare come ordinarie soluzioni che sarebbero dovuto essere straordinarie (i Cas) e con una migliore collaborazione a livello europeo (con la riforma del Regolamento di Dublino , per esempio), la situazione potrebbe essere ricondotta alla dimensione più corretta.
Non a un’invasione dell’Italia da parte dei migranti, insomma.
Resta la terza “colpa”, anche quella solo nostra, un popolo storicamente poco incline ad accogliere e a convivere con il “diverso”. Ma per capirlo e risolverlo, questo problema, i numeri da soli non bastano…
(da “Il Secolo XIX”)
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