LA MANOVRA DEL GOVERNO MELONI TOGLIE 1.000 EURO AI LAVORATORI MENO PAGATI
IN CULO SEMPRE AI POVERI E’ IL MANTRA DEL GOVERNO DELLA DESTRA ASOCIALE
Quasi cento euro in meno in busta paga: ecco l’effetto paradossale che la legge di bilancio provocherà ad alcuni lavoratori italiani, per altro in fasce di reddito già di per sé molto basse. Si tratta infatti di quelle persone che guadagnano grossomodo dai 15.500 euro ai 16.500 euro lordi all’anno. Dalle simulazioni effettuate dalla Cgil e dal Consorzio Nazionale Caaf – Cgil, in quel segmento le nuove norme sul cuneo fiscale comporteranno una perdita che potrà arrivare a oltre mille euro annui. Una mazzata alla quale il sindacato si augura che il governo metta quantomeno riparo nell’iter parlamentare della manovra, perché sarebbe una beffa davvero incredibile.
Ricapitoliamo: la legge di bilancio per il 2025 modifica il sistema del cuneo contributivo e fiscale. Fino all’anno in corso, il 2024, è stato in vigore uno sconto sui contributi di sette punti per i redditi fino a 25 mila euro e di sei punti per i redditi tra i 25 e i 35 mila euro. Quindi, per esempio, sotto i 25 mila euro hanno pagato un’aliquota contributiva del 2,19% anziché del 9,19%. Un beneficio che, nel migliore dei casi, arrivava a un centinaio di euro in più mensili in busta paga. Andava però aggiustato il meccanismo perché, così come era, il bonus sui contributi creava un problema di minori entrate all’Inps. Ecco perché, mosso da questa giusta intenzione, il governo ha cambiato il sistema, cancellando la decontribuzione e trasformandola in due nuovi strumenti: un bonus per i redditi fino a 20 mila euro e una detrazione Irpef aggiuntiva per quelli tra 20 mila euro e 40 mila euro.
Quindi, tradotto: nel 2025 la gran parte degli italiani pagherà più contributi Inps ma, in compenso, si ritroverà un bonus in busta paga che grossomodo avrà lo stesso valore della decontribuzione. Almeno questa era l’intenzione del governo perché, in realtà, come abbiamo visto in numerose simulazioni circolate nelle scorse settimane, in tantissimi ci perderanno almeno qualche euro al mese. L’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha scritto nella sua audizione che per 805 mila persone ci sarà una perdita non irrilevante. Gli unici certi di guadagnarci saranno quelli con redditi tra i 35 mila e i 40 mila euro: prima non beneficiavano della decontribuzione, ora la nuova detrazione spetta anche a loro. Dai calcoli della Cgil emerge quindi che a subire la botta, salvo interventi di salvaguardia prima dell’approvazione definitiva, saranno i redditi tra i 15.500 e i 16.500 euro che, come detto, perderanno quasi un centinaio d’euro al mese.
Il motivo è molto tecnico: per effetto della cancellazione della decontribuzione, l’aliquota Inps tornerà per tutti a 9,19% quindi tutti pagheranno più contributi. Questo, inoltre, abbasserà il reddito imponibile ai fini Irpef; nella fascia tra i 15.500 e i 16.600 euro lordi lo farà ritornare nello scaglione inferiore ai 15 mila euro. Sotto quella soglia, si riducono anche le detrazioni da lavoro dipendente, che diventano una cifra fissa pari a 1.955 euro annui. In sostanza, il risultato sarà che ci perderanno da due voci e ci guadagneranno solo da una: pagheranno più contributi e beneficeranno di minori detrazioni. Circa 2 mila euro annui in meno di reddito netto, in pratica, che sarà controbilanciato solo da circa un migliaio di euro di bonus. Somma finale, come detto, circa mille euro in meno annui di reddito netto.
“Con il passaggio dalla decontribuzione alla fiscalizzazione dei benefici – dice Christian Ferrari, segretario confederale Cgil – la stragrande maggioranza dei lavoratori non solo non vedrà 1 euro in più in busta paga, ma ci perderà pure: fino a 200 euro annui sotto i 35.000, e con punte di perdita anche di oltre 1.000 euro in alcune fasce. La nostra richiesta è che si ponga innanzitutto rimedio a queste distorsioni. Comunque, non è così che si affronta una questione salariale, che nel nostro Paese è ormai grande come una casa”. “Il meno tasse per tutti non vale, evidentemente, per chi vive di salario o di pensione, che continua a garantire sempre più gettito Irpef, mentre tutti gli altri pagano sempre meno”, conclude il sindacalista.
Finora, nelle dichiarazioni dei componenti di governo e maggioranza, vi erano sempre rassicurazioni sul fatto che le buste paga sarebbero rimaste uguali nel peggiore dei casi e migliorate negli altri. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, invece, meno di un terzo della platea avrà un miglioramento degno di nota, e si tratta per buona parte di persone che non avevano diritto alla decontribuzione, quindi redditi tra i 35 mila e i 40 mila euro. Numerose altre simulazioni mostrano penalizzazioni in busta paga che di solito sono contenute ma che in alcuni casi diventano pesanti. Colpiscono soprattutto i redditi medio-bassi, la gente che vive solo del suo lavoro e non ha altre rendite, e gli addetti delle imprese piccole e piccolissime.
(da agenzie)
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