LAVORO, IL NORDEST NON TROVA OPERAI
E LA PRODUZIONE SEGNA UN CALO A SORPRESA
Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, l’ha catalogata come «una sorpresa». La produzione industriale di maggio dopo cinque mesi è stata segnalata in territorio negativo (-1,5% nel confronto con aprile) annullando così il balzo, della stessa misura, registrato il mese precedente.
La rilevazione Istat mette così nero su bianco una sensazione presente tra gli analisti e secondo la quale non sarebbe stato automatico tradurre il clima di fiducia di imprese e consumatori, ai massimi, in incremento delle attività.
Pesano sullo stop di maggio le performance negative del comparto energia (-5,2%) ma anche la riduzione della produzione di autovetture (-4,2%) e le persistenti difficoltà del settore tessile (-2,8%). Se poi osserviamo come l’unico settore manifatturiero in territorio positivo è il farmaceutico (+2,4%) verrebbe da pensare che siamo ancora dentro l’economia del lockdown.
Le previsioni restano positive
Fortunatamente non è così: molto conta la stagionalità così come la difficoltà dei consumatori di capire il timing delle infrastrutture per le vetture elettriche ma soprattutto non è immediata la staffetta dei consumi tra manifattura e servizi perché la mobilità ancora a singhiozzo condiziona questi ultimi. In definitiva mentre ci si poteva illudere di avere davanti un percorso lineare la via della ripresa appare oggi con diversi saliscendi. Tutte queste considerazioni non portano però Intesa a cambiare le previsioni sul Pil 2021, sempre considerate al rialzo rispetto al 4,7%. Del resto i risultati della produzione sono stati negativi in quasi tutti i Paesi Ue con la sola eccezione della Spagna ma su Germania e Francia può aver contato, molto più che in Italia, la difficoltà di approvvigionarsi di materie prime e componenti strategiche.
Dov’è la manodopera?
Uscendo dai tabulati Istat è interessante però analizzare due input che arrivano dal Nordest e ci raccontano qualcosa di differente.
Intanto Veneto Lavoro, sempre in anticipo sulle rilevazioni nazionali, segnala come nei primi tre giorni di luglio i licenziamenti siano rimasti in linea con gli anni del pre-pandemia. E sempre restando in zona va segnalata la drastica presa di posizione della neo-presidente di Confindustria Vicenza, Laura Dalla Vecchia. «Lo tsunami di licenziamenti che qualcuno strumentalmente preannunciava non c’è stato – ha dichiarato -. A Vicenza le crisi aziendali si contano sulle dita di una mano e il vero problema, grave e urgente, è esattamente all’opposto: non troviamo più manodopera». Abbiamo, insiste Dalla Vecchia, un portafoglio ordini e una pianificazione della produzione che potrebbe portarci oltre il 5% del Pil, alcuni settori crescono a doppia cifra e alcune aziende attorno al 20%.
E di fronte a questo picco, «non abbiamo non solo le figure specializzate che mancavano prima della pandemia ma anche quelle non specializzate».
Le stesse agenzie interinali sostengono che non hanno mai visto così poche persone proporsi per un lavoro. Sarebbe bello, chiude Dalla Vecchia, che «il ministro del Lavoro e quello dello Sviluppo economico venissero qui a toccare con mano la situazione».
(da agenzie)
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