LE BUGIE DELLA LEGGE DI STABILITA’: IL BONUS PER ASSUNZIONI SUFFICIENTE PER POCHI MESI
PROFESSIONISTI PENALIZZATI DAL REGIME FORFETTARIO… RIDOTTO IL TAGLIO IRAP: NON 5 MILIARDI MA SOLO 2,9
Il testo del disegno di legge di Stabilità approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri arriverà in Parlamento la prossima settimana, spiegano fonti governative.
Per ora bisogna accontentarsi della bozza, che non ha subito modifiche di rilievo, aggiungono. Aggiustamenti più importanti potrebbero invece arrivare alla Camera, dove comincerà l’iter del ddl.
Sono infatti numerose le sorprese tra le righe dei 47 articoli della bozza e tanti i nodi da sciogliere. Alcuni noti da tempo, come l’allargamento della platea dei beneficiari del bonus di 80 euro alle famiglie numerose (nel testo non c’è ma molti parlamentari lo vogliono). Altri sorti dalla lettura della bozza. E non si tratta solo dei tagli a carico di Regioni ed enti locali.
Quante assunzioni?
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in conferenza stampa aveva annunciato la decontribuzione totale per tre anni sui nuovi assunti. Una misura finalizzata a favorire l’occupazione giovanile che, come certifica l’Istat, dal 2008 ad oggi, è diminuita di oltre due milioni, da 7,2 a 5,1, nella fascia tra 25 e 34 anni.
Lo sgravio contributivo c’è, ma l’articolo 12 fissa un tetto di 6.200 euro l’anno, che corrisponde a una retribuzione lorda annua di circa 19 mila euro, 1.200 euro netti al mese.
Un livello che copre la grandissima parte delle retribuzioni d’ingresso.
Ma il limite maggiore è costituito dallo stanziamento per lo sgravio. Lo stesso articolo 12 parla di «un miliardo per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017».
Sommando le risorse che verranno dalla soppressione degli sconti sulla stabilizzazione degli apprendisti e sull’assunzione di disoccupati da più di 24 mesi, si arriva a 1,9 miliardi l’anno, dice il governo.
Con questa somma, però, le aziende potrebbero assumere poco più di 300 mila persone (1,9 miliardi diviso 6.200 euro fa 306.451) mentre, secondo i dati del ministero del Lavoro, in un anno vengono attivati circa un milione e mezzo di contratti a tempo indeterminato (nel 2013 sono stati 1.584.516).
Anche considerando i paletti fissati dal ddl (la decontribuzione vale sulle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel solo 2015, con l’esclusione del settore agricolo, dei contratti di apprendistato e del lavoro domestico e di coloro che nei sei mesi precedenti hanno avuto già un contratto a tempo indeterminato) i fondi stanziati potrebbero andare esauriti già nella prima metà del 2015.
Se quindi davvero Renzi vuole rendere strutturalmente il contratto a tempo indeterminato meno costoso, deve stanziare molti più soldi.
Sconto Irap a metà
Oggetto di discussione è anche l’alleggerimento dell’Irap.
La deducibilità totale del costo del lavoro dalla base imponibile riguarda esclusivamente la forza lavoro a tempo indeterminato.
Ed è controbilanciata dalla cancellazione del taglio del 10% dell’aliquota Irap decisa ad aprile.
L’Irap torna quindi al 3,9% (dal 3,5%) sulla componente lavoro a tempo determinato e sulle altre due voci della base imponibile (profitti e interessi passivi).
Significa che il taglio complessivo dell’Irap si riduce a 2,9 miliardi rispetto ai 5 annunciati da Renzi
Stangata su Tfr e fondi
È forse il capitolo più criticato della manovra.
Perfino Stefano Patriarca, (ex Cgil, ex Inps), esperto di previdenza che ha proposto il Tfr in busta paga già una decina di anni fa, boccia la decisione del governo di sottoporre a tassazione ordinaria il flusso di accantonamento del Tfr che il lavoratore, dal 2015 (e fino al 2018) potrà chiedere gli venga messo nello stipendio anzichè andare al fondo pensione o restare in azienda ai fini della liquidazione (che gode di una tassazione agevolata).
«Si rischia di compromettere tutta l’operazione – dice Patriarca –. Basti pensare che con una tassazione pari a quella del Tfr, con le somme messe in busta paga il reddito netto di un lavoratore che guadagna 15 mila euro all’anno aumenterebbe del 7,8% mentre con la tassazione ordinaria solo del 5,2%».
Ed è pioggia di critiche anche sull’aumento del prelievo sui rendimenti dei fondi pensione dall’11,5 al 20% e del Tfr (dall’11,5 al 17%).
Partite Iva, chi ci perde
La manovra prevede una riforma del regime di minimi per favorire le partite Iva a basso reddito.
Oggi sono ammesse al regime di tassazione forfettaria le partite Iva con fatturato fino a 30 mila euro.
Con la riforma i fatturati ammissibili varieranno per tipo di attività , da un tetto di 15 mila euro per i professionisti fino ai 40 mila euro per i commercianti.
Questi ultimi quindi sarebbero avvantaggiati mentre i professionisti, osserva lo stesso sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, si vedrebbero dimezzata la soglia di fatturato e triplicata l’aliquota di prelievo che, secondo la stessa bozza, passa per tutti dal 5 al 15% del reddito imponibile. Anche qui, dunque sono possibili correzioni in Parlamento.
Statali esasperati
La proroga a tutto il 2015 del blocco dei contratti dei dipendenti pubblici non fa più notizia. Le retribuzioni sono ferme dal 2010.
L’articolo 21 dispone anche il rinvio dell’indennità di vacanza contrattuale (non un gran danno, vista l’inflazione quasi a zero) e il blocco degli automatismi per il personale non contrattualizzato.
Il tetto alle retribuzioni è stato tolto per militari e forze di polizia ma subiscono tagli l’indennità ausiliaria i fondi per il riordino delle carriere e le una tantum.
E le spese per il funzionamento dei Cocer, gli organi di rappresentanza, sono dimezzate.
Enrico Marro
(da “il Corriere della Sera”)
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