LE RONDE DI CASAPOUND, QUEL CHILOMETRO “NERO” NEL CENTRO DI ROMA
DUE AGGRESSIONI DOPO I CORTEI IN DUE SETTIMANE
C’è un filo nero che lega le ultime aggressioni avvenute dopo le manifestazioni pro Palestina. Questa trama conduce alla galassia di CasaPound, che è diventata a tutti gli effetti un problema di ordine pubblico. L’ultima è avvenuta sabato sera, a seguito della manifestazione pacifica in sostegno a Gaza e alla Flotilla, a cui hanno partecipato circa un milione di persone.
Casco in testa e bastoni, vestiti neri e cori fascisti. Trenta militanti hanno fatto irruzione nel bar Allo Statuto, a Roma, dove si trovavano diversi manifestanti. Al grido di «Faccetta nera» e «boia chi molla», i neofascisti hanno forzato la porta dell’attività intorno alle 23. Un gruppo intonava in zona cori fascisti, ha raccontato il bar sui social, «alla risposta ferma ma civile dei nostri clienti», il gruppo ha reagito con «insulti, un’aggressione fisica a un nostro dipendente, il danneggiamento della porta d’ingresso e degli arredi del locale». Secondo i racconti raccolti da Repubblica gli aggressori venivano da via Napoleone III, proprio dove ha sede l’occupazione di CasaPound.
Il bar si trova a 450 metri dallo stabile e a 350 da un altro locale, il Carré Monti, considerato punto di riferimento per i militanti di estrema destra. Qui, poco più di due settimane fa si è consumata un’altra aggressione sempre su manifestanti di ritorno dal corteo pro Pal: il bilancio è stato di tre feriti. Il chilometro nero non è nella periferia più remota della città, ma nel centro di Roma, dietro la stazione Termini, all’Esquilino, a due passi dal Colosseo.
Il Carré Monti
Se il 4 ottobre l’obiettivo erano i manifestanti con la kefiah, il 16 settembre sono stati presi di mira quelli con la bandiera della Palestina, di ritorno dal corteo. Erano le 22 circa, in via Lanza a pochi metri dal Carré Monti, secondo chi era presente c’erano una decina di militanti di estrema destra.
Da questo gruppo, due persone si sono distaccate: uno, con in mano un coltello, si è scagliato contro due ragazzi, gettati a terra e feriti con calci e pugni. Con le vittime una ragazza, che è intervenuta con il corpo e la voce e ha permesso loro di scappare. Il militante ha tentato l’inseguimento, non riuscendoci si è fermato di fronte a un altro giovane, che aveva un adesivo con la bandiera palestinese. «Sei tu», ha urlato prima di scaraventarlo per terra.
«Mi ha sbattuto con la faccia sulla strada – racconta a Domani il ragazzo aggredito – In ospedale mi hanno messo tre punti sull’arcata sopraccigliare sinistra e tre sulla fronte. Ho una frattura non scomposta al naso e un lieve trauma cranico». Preferisce rimanere anonimo, dopo aver sporto denuncia. «Nessuno che manifesta pacificamente deve tornare a casa in barella», dice. In un comunicato tempestivo, il gruppo neofascista ha definito il racconto dell’aggressione «una mistificazione in atto», che trasforma «in vittime coloro che si sono resi protagonisti di aggressioni e provocazioni».
Il riferimento è a un attacco fatto ore prima da un gruppo fuoriuscito dalla manifestazione alla vetrina del Carré Monti. Il bistrot di via Lanza è legato al gruppo neofascista italiano, ma la sua storia si allarga alla Francia. Sono diverse le attività aperte a Roma da francesi vicino al partito di Marine Le Pen, il Front National, oggi Rassemblement: tra queste, il Carré Français, luogo chic simile a Eataly in versione d’Oltralpe e il gemello
Carré Monti, tra i cui soci risulta Pierre Simonneau, militante della destra francese, Domenico Di Tullio, avvocato di CasaPound e Chiara Del Fiacco, candidata del partito alle politiche del 2013.
«I due episodi non sono collegabili», sottolinea Roberto Iovino, sindacalista della Cgil che ha partecipato al corteo e si trovava in via Lanza al momento dell’aggressione. «Il fatto che qualcuno faccia agguati alla fine di una manifestazione è ingiustificabile, qualsiasi cosa sia successa prima, soprattutto se minacciando con un coltello. Erano semplicemente le prime persone che passavano», aggiunge, definendo l’uscita di CasaPound curiosa, «perché conferma di avere un ruolo. Nessuno li ha chiamati in causa». Non è la prima volta che accade nel quartiere: «Dei ragazzi della rete degli studenti medi, a due isolati di distanza, erano stati aggrediti dopo una manifestazione».
Lo stabile occupato
Allo stesso modo non è chiaro se la spedizione al bar Allo Statuto sia collegata all’attacco di un gruppo fuoriuscito dalla manifestazione – non riconducibile ai movimenti – al portone dell’occupazione di CasaPound con lancio di sassi e bombe carta. Gli occupanti alle finestre hanno risposto gettando bottiglie di vetro. Ma, in entrambi i casi, da un lato c’è l’attacco verso una vetrina e un portone, dall’altro un’aggressione a persone. «Ancor di più se non c’era alcun elemento di provocazione da parte di chi è stato aggredito. Sono episodi che
non posso rimanere impuniti», dice il sindacalista.
L’occupazione di CasaPound è nella lista degli sgomberi. Lo ha ricordato alla Leopolda il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Ma è nell’elenco da due anni, da quando Piantedosi era prefetto. Ma il governo, nonostante i problemi di ordine pubblico che minacciano l’incolumità delle persone, in un quartiere così centrale, sembra non avere fretta.
(da Domani)
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