LETTA FRENA LA CANDIDATURA DI GUALTIERI A ROMA
HA TEMPO DA PERDERE E PENSA DI RECUPERARE CALENDA
Enrico Letta si insedia al Nazareno, con il progetto di costruire un centrosinistra largo e di dare “ossigeno” al partito. E apre subito la prima finestra: su Roma. La risposta alle voci sulla “disponibilità ” maturata dall’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a scendere in campo per il Campidoglio in quota Pd, e quindi pronto a sciogliere la riserva, è una gelida precisazione di fonti del Nazareno: “Nulla è ancora deciso, il segretario si è appena insediato e non ha ancora avuto modo di aprire il dossier amministrative”.
Traspare, tra le righe, una certa irritazione non per i nomi in gioco ma per l’accelerazione considerata frutto di dinamiche pregresse, per il “metodo” che viene dal passato e che il neo-leader non ha intenzione di accettare. Una perplessità acuita proprio dal rapporto di stima con Gualtieri (che Letta incontrerà a breve) e dalla consapevolezza che in questa fase ogni accelerazione crea “solo danni”.
Anche perchè Carlo Calenda, in campo da ottobre, aveva già dato fuoco alle polveri: “E’ evidente la volontà di rompere, ci confronteremo alle elezioni”. Letta lo vedrà prestissimo, forse già domani, con la capitale in agenda.
Uno stop che sa, dunque, di avvertimento: così non va, la musica è cambiata. Ai dem romani, nel cui alveo è maturata l’anticipazione, ma in realtà a chiunque.
Anche perchè, senza che si siano insediati segreteria e altri organi dirigenti, parlare di candidature è “lunare”. Anche al netto di eventuali ripensamenti sul Campidoglio di Nicola Zingaretti, che potrebbero scompaginare il quadro.
E’ un Letta “decisionista”, che manovra con maggiore disinvoltura il “cacciavite” alla base della sua politica. Nel duello con Matteo Salvini, che nel corso di un incontro con la stampa estera sferza: “La sua virata sull’Europa è come il Papa che scopre che Dio non esiste… Ma sa tutto e parla di tutto come il ct della Nazionale di calcio”.
Nel delineare un’identità definita del suo Pd, rilanciando lo ius soli nell’”inverno demografico”, il voto ai sedicenni, il sistema elettorale maggioritario. Nel fare propria l’agenda Draghi senza stare “a testa china con il governo”.
Recuperare Calenda
E soprattutto nel rilanciare le alleanze, tessendo il filo del dialogo intanto con i Cinquestelle — imminente l’incontro con Giuseppe Conte — ma anche con i “piccoli”. A partire da Carlo Calenda, con cui si vedrà ad horas per parlare (anche) di Roma. Già , perchè il principale ostacolo sulla strada dello sfidante Dem al Campidoglio sarebbe proprio il leader di Azione. Che a botta calda ha commentato irato l’intenzione di Gualtieri: “Così è evidente la volontà di rompere. Ci confronteremo alle elezioni”.
Una mina da disinnescare: ecco perchè Letta vuole provare a “recuperare” il rapporto con l’eurodeputato, che al suo esordio ha preso oltre 275mila preferenze. I due si conoscono bene: Calenda è stato vice-ministro allo Sviluppo Economico con il suo governo.
Oggi il suo partito ha 3500 iscritti a Roma dei circa 20mila nazionali, un circolo in ogni municipio, e soprattutto sta scaldando i motori per la corsa.
Il programma — che va dalla mobilità alla gestione dei rifiuti — è chiuso. Le liste di tutti i candidati nei municipi sono pronte. La campagna di comunicazione — testata con i manifesti per il tesseramento, con le foto di Calenda e Matteo Richetti – è al via. Insomma, forte di sondaggi che lo collocano tra il 7 e il 10%, non ha intenzione di ritirarsi. Ma in una sfida che si annuncia all’ultimo voto, quelli di Azione potrebbero fare la differenza nel passaggio al ballottaggio.
Dietro il fastidio del segretario nell’essersi ritrovato il nome di Gualtieri su tutte le agenzie di stampa, però, ci sono anche altre ragioni.
La necessità di rispettare i tempi e le procedure utili ad allargare al massimo il campo. Sullo sfondo restano le primarie di coalizione, invocate dagli altri concorrenti Dem già in campo — tra gli altri, Tobia Zevi e Monica Cirinnà — ma che, tra pandemia ed estate di mezzo, non convincono del tutto.
Stefano Fassina mette le mani avanti: “Senza un programma condiviso, i gazebo sarebbero X-Factor”. Tutte fibrillazioni che Letta intende fare rientrare rapidamente. Gli interlocutori li ha già delineati nell’assemblea: “Speranza, Bonino, Calenda, Renzi, Bonelli e Fratoianni”, a cui si somma, appunto, Conte.
Tutti i leader di una coalizione che possa — alle comunali e poi alle politiche – sconfiggere il centrodestra. “Non sono un commissario — ha avvisato — Sono qui per preparare l’alleanza di centrosinistra guidata dal Pd che vincerà nel 2023. È l’ultima chance”.
(da “Huffingtonpost”)
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