L’ITALICUM E’ RISCHIOSO, PREMIA TROPPO CHI VINCE DI POCO
SE NESSUNO SUPERA IL 30-35% UN GOVERNO MONOCOLORE PUO’ NASCERE CON IL SOSTEGNO DI PARTITI ESCLUSI DAL BALLOTTAGGIO
Vi sono politologi, come Maurice Duverger e molti suoi epigoni, che affermano che i sistemi di partito sono largamente dipendenti dalle leggi elettorali.
Altri studiosi, come Giovanni Sartori o Stein Rokkan, affermano invece che sistemi di partito e forma di governo sono sì influenzati dai sistemi elettorali, ma più ancora da fattori di lungo periodo quali le modalità di formazione dello Stato nazionale, la presenza di minoranze etniche o religiose, la forma di Stato, i conflitti interni al sistema economico, e così via.
Nella scienza politica del ‘900 vi sono insomma stati due indirizzi, ma oggi i politologi più accorti riconoscono ormai l’insufficienza di una analisi focalizzata solo sull’influenza delle leggi elettorali
Le recenti elezioni spagnole si prestano egregiamente ad illustrare la questione.
Tutti i commentatori hanno sottolineato che il loro esito, assieme ai risultati in altri Paesi europei, sembra sancire la fine di quel bipolarismo che i più avevano salutato con favore. Solo Angelo Panebianco sul Corriere ha giustamente ricordato che una competizione bipolare caratterizza ancora Gran Bretagna e Francia, cui unirei la Germania.
Ma non si può tacere che l’assetto bipolare della competizione elettorale ha subito anche in questi Paesi – con l’eccezione proprio della Germania – un marcato indebolimento, con l’emergere in Gran Bretagna di un partito nazionalista (Ukp) e il rafforzarsi degli indipendentisti scozzesi, e in Francia con il consolidarsi del Front National.
Su questa crisi del bipolarismo le leggi elettorali hanno avuto ben poca influenza: la legge spagnola è stata a lungo indicata in Italia come un possibile toccasana per superare la frammentazione del sistema partitico, e descritta (grazie ai suoi piccoli collegi e al mancato recupero nazionale dei resti) come una legge dall’esito implicito fortemente maggioritario.
Ma è bastata una crisi economica per vedere sorgere nuovi partiti e assestare al supposto inevitabile bipolarismo spagnolo un colpo forse mortale.
A un sistema pensato come sostanzialmente maggioritario non ha insomma risposto un esito bipolare, bensì un probabile difficile periodo di instabilit�
Di contro la Germania, notoriamente caratterizzata da un sistema proporzionale, ha conosciuto stabili coalizioni, e una competizione elettorale bipolare.
Contrariamente all’assunto che a governi di coalizione corrisponda necessariamente instabilità politica, la Germania dimostra che anche in caso di grande coalizione tra i due partiti protagonisti della competizione bipolare (Cdu e Spd) si può avere stabilità politica ed efficacia dell’azione di governo.
Il rapporto tra leggi elettorali e struttura del sistema partitico e natura della competizione elettorale non è insomma univoco, ed è vano ricorrere all’ingegneria elettorale per forzare un sistema in un assetto bipolare.
Paradossalmente, potremmo affermare che non è un sistema elettorale maggioritario a produrre il bipolarismo, ma al contrario che è il bipolarismo a consentire leggi fortemente maggioritarie.
Quali conclusioni trarre da questi sviluppi europei per la situazione italiana ed il ruolo dell’Italicum?
Nessuno ha mai messo in dubbio che in tempo di guerra siano opportuni governi di unità nazionale. Viviamo in tempi di grave crisi economica, di terrorismo internazionale, e di tensioni generazionali con una forte disoccupazione giovanile e una popolazione anziana destinata alla povertà dalla crisi dello stato sociale.
In queste condizioni, se vi è un partito dominante che superi il 40-45% dei voti è lecito ricorrere a un premio di maggioranza che assicuri efficaci governi monopartitici.
Ma in una situazione multipolare, in cui nessun partito superasse il 30-35% dei voti e distanziasse nettamente gli avversari, una legge elettorale ipermaggioritaria produrrebbe artificiosi governi monopartitici frutto della scelta degli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio.
Se questo è vero, teorizzare – come da tempo si va facendo in Italia – che governi sostanzialmente monopartitici, risultato non della presenza di un partito dominante ma di iperbolici premi di maggioranza, siano necessariamente da preferire a stabili governi di coalizione basati (come in Germania) su solidi accordi programmatici è un indubbio azzardo.
In conclusione, l’Italicum è una buona legge, ma potrà produrre un governo efficace solo se un partito raggiungerà il 40% dei voti; un ballottaggio tra partiti del 30% o poco più, deciso dagli elettori dei terzi partiti, non potrebbe infatti garantire un governo in grado di rispondere alle domande della maggioranza degli elettori.
Se questo è il caso, sarebbe opportuno introdurre nell’Italicum una clausola di salvaguardia prevedendo che nel caso nessun partito superi il 35% del voto non si ricorra al ballottaggio.
Piuttosto che a governi monopartitici, maggioritari in Parlamento ma fortemente minoritari nel Paese, meglio sarebbe, in condizioni di emergenza, il ricorso ad una grande coalizione.
Ha funzionato in Germania e in Gran Bretagna. Potrebbe funzionare anche in Italia.
È anche dalla capacità di giungere a mediazioni condivise che si giudica l’adeguatezza e il senso di responsabilità di una classe politica.
Stefano Passigli
(da “il Corriere della Sera“)
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