MIGRANTI PROVENIENTI DALLA ROTTA BALCANICA, LA MAGGIOR PARTE ARRIVA IN SLOVENIA DOPO AVER ATTRAVERSATO BOSCHI E MONTAGNE DI MEZZA EUROPA A PIEDI , E PRENDE IL TRENO PER TRIESTE
UNA VOLTA ALLA STAZIONE, MOLTI SI SPOSTANO AI “SILOS” DEGLI EX MAGAZZINI DEL GRANO, DIVENTATI UNA BARACCOPOLI…LE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO NON CREDONO ALLE PROMESSE DEL GOVERNO DI CONTROLLI PIU’ SEVERI: “PASSERANNO LO STESSO”
Località Crogole, comune di San Dorigo della Valle. La Slovenia è a due o tre chilometri da qui, Trieste a una decina.Ma per andare in Slovenia utilizzando questa strada dovresti imboccare i sentieri che scalano una montagna durissima, intristita da giornate di pioggia. Roccia e alberi. Un paradiso per escursionisti, dicono. Un parco naturale, annunciano i cartelli. […] adesso è diventato una delle strade per chi ha attraversato mezza Europa in quella che chiamano la «rotta balcanica», e vuole entrare in Italia.
Una, non l’unica ovviamente. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino. Marciano con le luci dei telefonini accese. Trieste è un miraggio. Milano la prossima tappa. La Germania, la Svezia, il Belgio, sono il sogno.Ecco, visto da Crogole, oppure da Bagnoli della Rossanda, che non è molto distante da qui, la sospensione del trattato di Schengen è pochissima roba. Perché su queste montagne, è tutto confine. E fino a che la Jugoslavia era un corpo unico, ogni singolo passaggio, ponte sui torrenti, mezzo valico, era presidiato. Un finanziere dalla parte italiana e un poliziotto Jugoslavo dall’altra
Poi le cose sono cambiate. La Jugoslavia s’è frammentata. Si è cominciato a parlare di Europa, di libera circolazione e le divise grigioverdi se ne sono andate. Ecco, passano anche da lì i ragazzi che hanno camminato per mille chilometri, che hanno viaggiato nascosti nei tir, tra tronchi d’albero e spazi ricavati dai passeur nelle celle frigorifere dei camion. Arrivano e marciano per giorni nei boschi: bivaccano, passano il confine e scendono giù.
Poi li trovi a Trieste. Zona stazione. Ecco è lì che arrivano tutti, o quasi. Hanno mollato nei boschi i vestiti sporchi, bagnati e rotti, hanno gettato gli zaini, qualcuno anche i documenti, e sbarcano in mezzo alla città[…] I ragazzi arrivati da Pakistan, Afghanistan, Armenia, Azerbagian invece vanno al Silos. Che, forse, è il peggior accampamento di disperati dentro una città.
Anzi, no, è una baraccopoli in pieno centro. Un tempo erano magazzini del grano. Ora una parte dello stabile l’hanno recuperata, ma il grosso è abbandonato. ci sono centinaia di tende ed esseri umani
La rotta balcanica finisce qui, in questo posto abbandonato da Dio. Un porto franco: se entri lì sei al sicuro. O almeno all’asciutto. Nel frattempo ti prepari a scappare. Bastano 10 euro e sei già sul treno per Milano. Dove ci sarà un’altra strada ancora.
Se c’è una persona che conosce bene questo luogo è Anita Godelli. Che alle 11 di sera è davanti alla stazione con gli altri volontari dell’associazione Linea d’Ombra. Porta metalline e cibo. Lo consegna ai ragazzi appena scesi dal treno che arriva da Lubiana, la capitale della Slovenia.
Se la prende con il sindaco che ha chiuso il sottopasso pedonale, dove fino a qualche tempo fa si trovavano quelli di Linea d’ombra e i migranti. Niente lamentele, però: c’è troppo da fare. «Se non ci fossimo noi, non ci sarebbe nessuno che aiuta questi poveri cristi» dice. E allora via, altre metalline. Altra acqua. Medicinali. «E i più gravi li portiamo all’ospedale. Una sera è arrivato uno a cui un ratto grosso così aveva portato via un pezzo di dito». D’accordo, Mama. Ma il blocco dei confini? Schengen sospesa? «Fumo negli occhi. Soltanto quello: tanti i ragazzi arrivano comunque».
Sarà. Ma in Prefettura a Trieste, alle 9 di sera, si discute ancora su come distribuire sul territorio i 300 agenti in più arrivati nella Regione. Trecento. Ed è un manipolo dovrebbe rinforzare la vigilanza su centinaia di chilometri di confine. Non solo i varchi ufficiali. Non soltanto quello di Basovizza oppure di Opicina, ma tutti quelli del Friuli. «Si useranno anche i droni» dicono i ben informati. «Ci saranno controlli volanti» insistono altri. Il piano è articolato. Saranno dieci giorni complicati. Al «J pub» di Bagnoli, la Daniela e i suoi amici son poco convinti. «Passeranno lo stesso. Creda me. Io quella zona la conosco bene. Un tempo ci andavo a passeggiare. Adesso, da sola, non ci vado più». Ha paura? «Sì, un po’».
(da La Stampa)
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