“NOI, UNA COPPIA APPESA ALLE DECISIONI SU EMBRIACO: SE CONFERMA I LICENZIAMENTI SIAMO ROVINATI”
L’ODISSEA DI UNA FAMIGLIA ALLA VIGILIA DELL’INCONTRO SUI 500 TAGLI ANNUNCIATI DALLA MULTINAZIONALE… SONO QUESTI I PROBLEMI REALI DELL’ITALIA, LA SICUREZZA DEL LAVORO, NON LE “PERCEZIONI” DA PSICHIATRIA
Che strana, la fabbrica. Un giorno ti regala l’amore, un altro ti getta nell’angoscia di non avere più un futuro sereno. Andrea e Senes si sono conosciuti alla Embraco: «Lavoravamo già lì da un po’ ma non ci eravamo mai visti L’azienda propose un nuovo orario di 36 ore e finimmo nello stesso turno. Iniziammo a frequentarci. Nel 2002 ci siamo sposati», raccontano.
Lei ha 48 anni e lavora al montaggio, lui ha cinque anni in meno e si occupa dell’involucro esterno dei compressori per frigoriferi.
Entrambi sono in forza allo stabilimento di Riva presso Chieri da oltre 20 anni ed entrambi rischiano il licenziamento. «Da noi ci sono tante coppie nella nostra situazione, anche perchè in quella zona di Chieri la Embraco è l’ultima grande azienda rimasta. Quindi in passato era facile che la gente del posto trovasse lavoro lì».
Ecco perchè tra i 497 lavoratori a rischio (su 537), ci sono decine di famiglie che dipendono esclusivamente dall’azienda e che stanno col fiato sospeso.
«Da un momento all’altro rimarremo entrambi senza un reddito. In questi anni abbiamo acquistato casa, e dobbiamo finire di pagarla, ci siamo comprati la macchina, e abbiamo ancora un anno di rate. Poi ci sono le bollette, il riscaldamento. È una routine che improvvisamente viene messa in discussione. E hai paura di non riuscire più a pagare il mutuo o la mensa della bambina».
Lei si chiama Marta (il nome è di fantasia) e ha otto anni. Sa che mamma e papà stanno passando un brutto momento perchè li vede sempre più nervosi.
«Ha capito la situazione, ascolta i notiziari con noi. Lei però è ottimista, perchè non ha un quadro completo della situazione. Pensa che troveremo un altro lavoro, ma noi sappiamo che non è affatto semplice».
Di sicuro, non lo è in questa fase. Perchè i lavoratori della Embraco sono in un limbo: formalmente hanno ancora un impiego e in effetti continuano ad andare in fabbrica a produrre compressori.
E paradossalmente è anche per questo che oggi fanno fatica non solo a trovare un lavoro ma persino a cercarlo. «Abbiamo provato a guardarci in giro, ma tutti ci dicono di aspettare e di vedere come va a finire. Ci suggeriscono di non licenziarci, perchè rimarremmo senza nulla, mentre se fosse l’azienda ad allontanarci avremmo la Naspi, che se venissimo assunti altrove diventerebbe un incentivo. Questo ci fa sentire come merci: aspettano che valiamo di più per capire se prenderci».
Così Andrea e Senes restano lì, aggrappati a un lavoro che diventa sempre peggio.
«La Embraco ha disdetto il contratto integrativo. Significa che abbiamo 50 centesimi in meno all’ora e che non ci sono nè la mensa nè il contributo alle spese di trasporto». Meno stipendio e stop ai benefit.
Ma la paura più grande è di rimanere senza niente. «Siamo attentissimi alle spese. Non possiamo più permetterci il superfluo e non sprechiamo più nulla. Però vogliamo che la nostra bimba continui ad andare al corso di danza. Sta diventando la sua passione e non vogliamo che la nostra situazione pesi su di lei».
Tutto il resto è un misto di delusione, rabbia e ansia.
«L’azienda era già in difficoltà nel 2004, ma ai tempi la crisi si risolse in fretta. Ora è diverso. A fine ottobre ci hanno detto che il lavoro si sarebbe ridotto e che non potevamo più accedere ai contratti di solidarietà . All’inizio non credevamo che sarebbero arrivati a licenziarci, ma poi vedevamo che ai tavoli sindacali la Embraco non portava mai nulla. Il 10 gennaio la capogruppo Whirlpool ha annunciato i 497 licenziamenti».
Il 25 marzo scadono i 75 giorni previsti dalla legge per scongiurarli. Fino ad allora occorre provare a crederci ancora. Domani a Roma ci sarà un nuovo incontro tra il ministro allo Sviluppo Carlo Calenda, i sindacati e i manager della Embraco: «Vediamo che per altre aziende, come Alcoa e Ideal Standard, sono state trovate soluzioni. Speriamo che quelle dei politici non siano solo chiacchiere e che possano trasformarsi in qualcosa di buono per il futuro. Noi lavoratori ci abbiamo sempre messo il massimo impegno. All’azienda lo abbiamo dimostrato ogni giorno in cui siamo entrati in fabbrica. Ma non è bastato».
(da “La Repubblica”)
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