P3, I VERBALI DELLA CONFESSIONE DI MARTINO: “ERAVAMO A DISPOSIZIONE DI BERLUSCONI E LETTA”
“NON HO PROBLEMI A DIRE CHE CESARE ERA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO”… “QUESTA GENTAGLIA MI HA ROVINATO”… E PARLA DI LETTA, DI GIUDICI CONTATTATI, DELLA DE GIROLAMO, DEL LODO ALFANO
Carcere di Regina Coeli, 24 settembre, 11 del mattino.
L’ex assessore socialista Arcangelo Martino, risponde alle domande del Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Rodolfo Sabelli.
Si prepara a trascorrere le sue ultime ore da detenuto.
Ha perso la moglie, malata terminale di tumore. Ha tentato il suicidio nel carcere napoletano di Poggioreale.
Dal giorno dell’arresto, 8 luglio, è dimagrito venti chili.
È il suo secondo e ultimo interrogatorio. Novanta pagine di verbale.
Nel primo, il 19 agosto (qui le pagine sono 166), ha gettato a mare i suoi vecchi compari della cosiddetta “P3”, Flavio Carboni e Pasquale Lombardi.
E il loro Pantheon: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, il senatore Marcello Dell’Utri, il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini.
“Io – dice – posso fare il confronto con chiunque sulle cose che dico. Le confermerò in maniera durissima. Quindi non ho problemi a dire che “Cesare” era Berlusconi. E che a lui si faceva riferimento in riscontro di tutte queste operazioni”.
“Tutte queste operazioni” sono i grani del rosario di interferenze che, come le cronache di questi mesi hanno diffusamente riferito, tra l’estate del 2009 e la primavera di quest’anno, governano le mosse della P3.
Il tentativo di condizionamento della pronuncia della Consulta sul lodo Alfano. Lo spostamento della controversia fiscale della Mondadori alle sezioni unite della Cassazione per dare al Parlamento il tempo necessario a licenziare una norma ad aziendam.
La riammissione della lista Formigoni alle regionali in Lombardia. L’azzoppamento della candidatura Caldoro in Campania con un dossier calunnioso.
La nomina al Csm di importanti uffici direttivi.
Ebbene, la mattina del 24 settembre, Martino riparte da dove ha finito.
Dice: “Io non ho nessuno da difendere o da coprire. Io non ho niente da perdere più nella vita. Figurarsi se ho interesse a difendere questa gentaglia. Loro hanno ucciso la mia famiglia. Mi hanno rovinato”.
Il racconto di Martino è un flusso verbale disordinato.
Martino ce l’ha con Lombardi, il geometra diventato giudice tributarista, il traffichino cui si apre ogni porta. Con quel suo fare smargiasso e cialtrone. E dunque se lo canta.
A cominciare dal suo rapporto con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. “Un giorno mi dice: “Io ho fatto un favore a Gianni Letta. Mi è debitore per un fatto che gli ho risolto. Si riferiva a un’iniziativa del tribunale dei ministri su Berlusconi. Perchè Berlusconi usava gli aerei di Stato per andare in Sardegna, portando persone a bordo. Fu aperta un’inchiesta e lui disse che Gianni Letta gli chiese di interessarsi. Aggiunse che aveva risolto questo fatto attraverso il dottor Giovanni Fargnoli (allora presidente del Tribunale dei ministri di Roma che, su richiesta della Procura, archivierà il procedimento ndr)”. In che modo? Martino non sa dire. Nè ricorda se ha conosciuto o meno il magistrato. “Forse è venuto a qualche convegno”, farfuglia.
Di Gianni Letta, al contrario, Martino ricorda bene. Il 19 agosto, ha già spiegato ai pm quale fosse il grado di confidenza tra il sottosegretario e Lombardi (“Lo chiamava Gianni”).
Ha aggiunto di essere stato anche lui a Palazzo Chigi, dove Lombardi si intratteneva con Letta discutendo di “candidature” e “carriere”.
La mattina del 24, la mette giù ancora più spiccia. “Le frequentazioni di Lombardi con il quadro del Partito (il Pdl ndr) erano prevalentemente con Gianni Letta, con Dell’Utri, che conosceva dal ’94, e con Verdini.
Se poi qualcuno gli avesse chiesto “fai questo”, non lo so. Lui lo diceva. Lui diceva: “Perchè quando chiedono una cosa io sto a disposizione. E allora loro devono fare queste cose a me””.
Sappiamo ormai dalle cronache quali e quante volte Martino, Lombardi e Carboni si mettano a disposizione.
Come, sul cosiddetto “Lodo Alfano”.
Racconta Martino che Carboni, all’Hotel Eden, il 7 ottobre 2009 consegnò a Dell’Utri “un pizzino” con i nomi dei giudici costituzionali ed il loro presunto orientamento.
O, come sul cosiddetto “Lodo Mondadori”.
Racconta Martino che della vicenda si occupò in qualche modo anche l’avvocato Ghedini.
Quindi, aggiunge: “Il trasferimento della controversia fiscale Mondadori alle Sezioni Unite fu un buon vantaggio per loro. Ma fu un ripiego. Loro volevano che la cosa (il ricorso contro la decisione che aveva dato ragione alla Mondadori ndr) venisse bocciata integralmente dalla Cassazione e desse ragione a Berlusconi. A casa di Verdini si parlò di trovare un giudice che decideva in quella direzione là “.
Poi Lombardi disse: “No, questa cosa non si può fare, il giudice non lo abbiamo trovato. Però abbiamo trovato la soluzione di ripiego. Rinvio alle sezioni unite”.
Del resto, Lombardi è di casa in Cassazione. E per conto dei suoi amici del Palazzaccio sbriga anche qualche faccenda. Come sistemare il figlio di Antonio Martone, allora avvocato generale in Cassazione. “Martone sosteneva che attraverso il Partito voleva dare una risposta lavorativa al figlio, un commercialista mi pare. Lombardi ne parlò a Dell’Utri che disse: “Vediamo””.
O come assicurare una vecchiaia serena all’allora Presidente della Cassazione Vincenzo Carbone: “Voleva un incarico dopo la pensione. Quale non lo so. Ma un incarico importante”.
Sul più recente dei personaggi apparsi sulla scena del sistema di relazioni della P3, la giovane e avvenente deputata beneventana Nunzia De Girolamo, Martino la racconta così.
La De Girolamo, che lui definisce ora “donna” ora “amica” del Presidente, “voleva portare Lombardi da Berlusconi. L’invito fu rivolto anche a me. E io dissi: “Non sono interessato a seguire le veline per parlare con il Presidente””. Il procuratore Capaldo obietta: “Velina? Non è onorevole?”.
E lui: “Non mi interessa, perchè gli onorevoli sono dei nominati. E non si fa l’onorevole così”.
dai verbali pubblicati su “Repubblica“
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