PUGLIA, IL CANDIDATO DI BERLUSCONI PASSA CON IL RIBELLE FITTO
L’IRA DI SILVIO MENTRE IN PUGLIA SI PROFILA UNA CAPORETTO
Forza Italia brucia e gli amici di un tempo gli vomitano addosso parole velenose.
E Silvio Berlusconi? Prova a sfuggire al caos azzurro vagheggiando fughe oceaniche. «Tra un mese torno in possesso del mio passaporto. Il resto non conta… ».
Antigua, a dire il vero, resta per ora solo un sogno, ma a maggio i giudici gli restituiranno il diritto ad espatriare e mille segnali descrivono l’exit strategy in atto. Reale, dolorosissima è intanto l’esplosione politica della sua creatura.
A partire dalla Puglia, dove si è consumato ieri il più incredibile dei ribaltoni: Francesco Schittulli, scelto da FI, rompe con gli azzurri e si prepara a correre con Raffaele Fitto, mentre Arcore si ritrova senza candidati.
Un mezzo disastro, fotografato in privato (con una certa soddisfazione) dal capo dei dissidenti: «I nostri nemici sono isolati. O accettano le nostre condizioni o sono morti. Non hanno un candidato alternativo, nè gente da mettere in lista».
Costretto a restare in Brianza per circoscrivere l’incendio (e a rimandare ad oggi l’atteso ritorno a villa Certosa in Sardegna), Berlusconi reagisce d’istinto allo sgarbo pugliese.
L’ira esplode a metà pomeriggio, quando le agenzie rilanciano dichiarazioni pronunciate dal leader di fronte ai «militanti ricevuti per gli auguri pasquali».
In realtà , nel salotto brianzolo si presentano solo un paio di fratelli Zappacosta (giovani falchetti introdotti a corte dalla Santanchè), ma poco importa perchè l’ex premier sa già che Schittulli gli ha voltato le spalle.
E ha bisogno di lanciare il messaggio: «Anche da noi stanno emergendo le patologie della vecchia politica politicante si infuria — Quelle del protagonismo, della rissosità e del frazionismo ».
Nella lista nera del Capo svetta naturalmente Fitto. E come dargli torto, visto che l’intero organigramma regionale si oppone al commissario Luigi Vitali?
Per questo, Berlusconi picchia durissimo: «Stare in un movimento politico significa accettarne le regole, discutere liberamente, e poi collaborare lealmente alla linea che la maggioranza ha deciso».
La verità è che non è più disposto a tollerare altre rivolte interne. Non ha la forza, nè la voglia di perdere tempo. E finisce per difendere senza tentennamenti il suo cerchio magico. «Qualcuno ha dimenticato il rispetto per chi lavora ogni giorno, in condizioni non facili, per far funzionare il partito».
A cinquanta giorni dalle Regionali, l’ex premier chiede una tregua interna che sa di non poter ottenere: «Chi tra noi dispone di visibilità mediatica deve porre immediatamente fine a qualsiasi polemica inutile e dannosa».
Non solo Fitto, ma anche Sandro Bondi diventa un bersaglio: «Chi per ragioni personali ha abbandonato Forza Italia — tuona Berlusconi — dovrebbe fare i conti con la propria coscienza restando almeno in silenzio ».
Un affronto che l’ex coordinatore non lascia cadere nel vuoto, gettando una tanica di benzina sul fuoco: «Silvio non ha intenzione di custodire almeno un lungo rapporto di amicizia. Abbiamo subito in questi giorni degli attacchi personali, quasi un linciaggio, che hanno confermato la miseria morale e politica di FI. Non staremo in silenzio ».
A sera, intanto, la vicenda pugliese assume contorni paradossali. Vitali non accetta di includere tutti gli uscenti fittiani in lista, ma continua a giurare fedeltà a Schittulli in un surreale ping pong a mezzo stampa.
Il candidato presidente, esausto, reagisce scaricando il commissario: «FI non ha ancora aderito alla mia impostazione. La mia campagna elettorale continua con le forze politiche e movimenti che invece l’hanno condivisa».
Vale a dire Fitto, Nuovo centrodestra e tutti gli altri partner della coalizione moderata, ad eccezione dei berlusconiani.
L’ultima battaglia si giocherà sui tempi dell’epurazione di Fitto.
L’ex Cavaliere è pronto a sbattere fuori il ras pugliese dal partito già nei prossimi giorni, ma il rischio è che i gruppi parlamentari franino.
Almeno trenta fra deputati e senatori sono disposti a seguire il capo corrente.
Che, nel frattempo, ostenta serenità con i fedelissimi: «Non possono cacciarci, non hanno neanche gli strumenti per farlo. Hanno perso la testa».
Così va in pezzi quel che resta di un impero.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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