PUTIN CI VUOLE RIFILARE LO SPUTNIK, IL VACCINO CHE SOLO IL 38% DEI RUSSI E’ DISPOSTO A FARE (E LUI STESSO NON L’HA FATTO)
IN COMPENSO L’HA PIAZZATO IN 40 PAESI, DALL’ANGOLA AL GUATEMALA… CASO STRANO IN ITALIA GLI SPONSOR SONO LEGA E FORZA ITALIA
Il virus non ha bandiere nè nazionalità , il vaccino invece sì e, in controluce, sui flaconi delle dosi, alcuni governi e Stati preferiscono non intravedere il vessillo russo: lo Sputnik V non è semplicemente un siero anti-Covid-19, è “il vaccino di Putin”, una soluzione sanitaria sintetizzata in strategia geopolitica, proprio come tutto ciò che riguarda la Federazione.
Chi dice Sputnik dice Mosca: terra di veleni ed avvelenamenti, patria di complotti e sospetti, diritti umani negati e sanzioni. Trattato come arma strategica, descritto come tale dalla stampa nazionale, lo Sputnik rimane quel che è: un siero curativo, una profilassi che ha, secondo l’eminente rivista scientifica Lancet, più del 90% di efficacia.
Il vaccino Sputnik V vola proprio come il satellite in onore del quale è stato battezzato: raggiunge, con mille dosi, perfino Gaza, come comunica il Ministero della Difesa israeliano, dove verrà destinato ai sanitari in prima linea.
Lo avranno anche i camici bianchi in Bosnia. In via emergenziale lo userà , se necessario, anche il Messico. Si estende sulla mappa: si può assumere a San Marino, tra qualche settimana anche in Angola. Lo ha approvato la Siria di Assad quanto il dicastero della Salute di Accra, in Ghana.
Dal Guatemala all’Egitto: la luce verde l’ha data il Cairo e le frontiere le ha aperte la Georgia per quanti presentano, al confine, un certificato di vaccinazione. Il siero dell’Istituto Gamleya è prediletto da amici, alleati o vecchi ex Paesi satelliti dell’impero sovietico come Uzbekistan e Kirghizistan. Il Kazakistan è invece il primo Paese al mondo che lo produrrà fuori dai confini di Mosca.
Sovranisti vaccinali.
Tutti i Paesi di Visegrad, esclusa la tradizionale nemica Varsavia, hanno chiesto aiuto a Mosca e lo hanno ricevuto: prima Budapest, poi Praga, e adesso anche la Slovacchia, dove il primo carico di Sputnik è stato ricevuto lunedì scorso.
In coda rimane anche la Serbia che ha ricevuto le prime dosi a gennaio. Vienna, senza aspettare l’approvazione dell’Ema, dice si a Mosca: una decisione presa perchè “l’agenzia del farmaco è troppo lenta”, ha ribadito il cancelliere Kurz.
Con oltre un milione di infetti dall’inizio della pandemia, Kiev, impelagata nel conflitto ormai congelato nell’est del Paese, ha chiesto aiuto all’Ue per poter rimanere lontana dal soccorso russo : in attesa di milioni di dosi di vaccino indiano e cinese, il presidente Volodimir Zelensky ha riferito che i negoziati sono in corso anche con gli Stati membri, ed in particolare la Polonia, per ottenere le fiale non usate.
In Russia invece, con circa 10mila nuovi casi di infetti al giorno, la curva dei contagi è in discesa. Però secondo la Tass, media allineato al Cremlino, sono solo 4 milioni i russi che hanno deciso di farsi vaccinare, nonostante Mosca abbia battuto sul tempo tutti gli altri nella scoperta della prima soluzione anti-Covid-19.
Sono numerosi gli scettici: forse per le falle dell’apparato logistico, forse per quelle dell’apparato mediatico che, nonostante la forza della sua propaganda, non è riuscito a delucidare i cittadini sull’importanza dell’immunizzazione.
Pochi russi decidono di difendersi con la profilassi, anche per i dati opachi. Avrebbe influenzato la scelta, secondo un sondaggio Levada di novembre scorso, la manipolazione delle cifre degli infetti: troppo basse per alcuni, troppo alte per altri, comunque non veritiere o reali.
Meno russi rispetto a dicembre scorso hanno paura di contagiarsi e solo il 38% oggi si dice pronto a usare il vaccino: oltre la metà teme effetti collaterali e preferisce aspettare i risultati di tutte le fasi del trial.
Alcuni però non hanno avuto paura. Andrej Bereznik, 49 anni, ha fatto la prima dose di Sputnik V a Reutov, periferia di Mosca: “Ho compilato un questionario, ho presentato il passaporto e sono stato immediatamente esaminato da un terapeuta. Ho aspettato in fila per circa 15 minuti, poi mi hanno dato un certificato di prima vaccinazione”.
Una prima siringa nella periferia di Mosca, un’altra, la seconda, nella periferia più siderale del Paese: la seconda fiala gli è stata somministrata a Varkuta dopo aver presentato il documento di assunzione della prima. Impiegato delle ferrovie, esattamente come i suoi colleghi e conoscenti a Krasnodars, Perm, Ulyanovsk, si preparava a mesi di attesa per ottenerlo: “Invece lo hanno fatto subito”.
“Per chi vuole farlo, c’è” riferisce la moglie di Andrey, Irina, professoressa d’inglese, che ha deciso di non assumerlo non per poca fiducia nello Stato, ma per la molta che ripone nel suo sistema immunitario: “Ho già preso il Covid-19 in una forma lieve, ho sviluppato gli anti-corpi, ma negli istituti esistono delle liste dove iscriversi per ricevere il vaccino in cliniche e policlinici”.
Lo chiamano “il vaccino di Putin” ma è proprio il presidente il grande assente tra i convitati di pietra, capi di Stato e leader che hanno mostrato le braccia nude alle telecamere per testimoniare ai loro cittadini l’evidenza della somministrazione. Nell’offensiva medica in corso nel Paese per fermare la pandemia, proprio il comandante capo non si è vaccinato.
Pesa, secondo alcuni sociologi e sondaggisti, la scelta e l’ombra lunga del leader maximo che ha rinunciato alla sua dose di Sputnik: forse è stato proprio Putin ad influenzare la popolazione, ipotesi quasi impossibile da dimostrare, ma declinabile, in Russia, per quasi tutto il resto.
(da “Huffingtonpost”)
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