RENZI, AL CONGRESSO CON LA PELLE GIA’ CAMBIATA
NEL REFERENDUM NASCE IL PARTITO DI MATTEO CON IL VOLTO DI MARIA ELENA
Il cuore è già oltre l’ostacolo. Batte già su quella che Matteo Renzi considera la madre di tutte le battaglie, ovvero il referendum sulle riforme istituzionali.
Verdini, il dibattito sui suoi voti “sostitutivi”, “aggiuntivi” o più o meno determinanti, la richiesta formale di un congresso di partito, avanzata dal leader della minoranza Pd Roberto Speranza: tutti elementi che non incidono e non mutano il percorso “sostanziale”, immaginato a palazzo Chigi.
E cioè arrivare al congresso — quello formale — con la pelle del partito già cambiata.
Ecco che le elezioni amministrative di primavera vengono vissute come un ostacolo da superare senza troppi danni e drammi e come l’ultimo voto col vecchio Pd, ormai un contenitore di apparati, notabili, signori delle tessere.
Poi, change, si cambia. Nelle urne del referendum, nasce nei fatti il partito di Renzi. “Contaminazione” è la parola d’ordine identificata dal super consulente di Obama, Jim Messina, chiamato da Renzi come guru per incassare un plebiscito al referendum. Il piano prenderà forma ad aprile, dopo l’ultimo passaggio delle riforme alla Camera. Ma i titoli sono già nero su bianco.
Lorenzo Guerini, vice segretario del Pd, dice all’HuffPost: “Fuori dalla discussione di questi giorni proiettata sulle nostre dinamiche interne il lavoro di coinvolgimento della società che si dovrà fare anche per il referendum dovrà essere importante per un lavoro più ampio. Ovvero: costruire nel paese la base culturale e sociale, prima ancora che politica che faccia vivere nella società l’orizzonte di cambiamento che Renzi sta proponendo all’Italia”.
Proprio il “comitati per il sì” saranno i principali luoghi della contaminazione e di quella che Guerini chiama costruzione della nuova “base sociale del Pd”.
L’idea fu accennata proprio dal premier nel discorso conclusivo della scorsa Leopolda: “Prima del referendum costituzionale organizziamo mille luoghi di incontro in cui andiamo a raccontare perchè l’Italia la stiamo facendo ripartire e vogliamo scommettere sui nostri valori più belli. Noi della Leopolda siam fatti così”.
Il partito di Renzi, il partito della Leopolda o delle mille Leopolde, il partito della Nazione, comunque lo si voglia chiamare, lo schema è quello di un congresso sostanziale che “rottami” in partenza lo schema del “congresso” formale che, proprio per questo, il premier non ha alcuna intenzione di anticipare.
Il referendum è sulle riforme, sul governo, sul premier rappresentano, insomma, l’atto fondativo di una soggettività politica che ha la testa e la leadership di Renzi e un corpo che non coincide solo con quello del Pd. È chiaro, sussurrano in parecchi, che a quel punto non ci si può stupire se dai comitati usciranno il grosso dei capilista alle prossime elezioni: “Lo schema della minoranza — sussurra un renziano di rango — è congresso subito per prendere un 15 per cento e chiedere un 15 per cento di capilista. Quello di Renzi è congresso dopo, quando il congresso diventa il secondo plebiscito su di sè, dopo il plebiscito del referendum”.
Ed è altrettanto chiaro che su un progetto del genere torna il protagonismo di Maria Elena Boschi.
Si vedrà come saranno composti i comitati per il sì, se separati o un tutt’uno con quelli del Pd. Il volto sarà quello della Boschi. Un grande ritorno dopo la fase della comunicazione più sobria e defilata iniziata con la scandalo della Banca Etruria.
Si spiega anche la presenza più intensa sui media in questi giorni o l’intervento alla scuola di partito. Anche se, comunque, le prossime settimane sono piene di incognite. La protesta dei risparmiatori truffati praticamente sotto casa del ministro indica che la polemica sulle banche è un elemento con cui la madrina delle riforme dovrà convivere. Ora e in futuro.
Negli ambienti giudiziari viene infatti data per scontata l’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici di banca Etruria per bancarotta fraudolenta, dopo la dichiarazione dello Stato di insolvenza.
Sia come sia nel favoloso mondo renziano, caratterizzato dall’assenza di una robusta classe dirigente e dall’ossessione per i media e per le performance tv, a giudizio dei più Maria Elena “resta sempre la più efficace in tv”.
Gli altri sembrano vecchi, nel senso di vecchia politica, meno brillanti, poco si prestano, rispetto alla ministra, a incarnare la nuova pelle del partito e dell’Italia renziana.
Anche perchè l’altro elemento per niente irrilevante è che occorre “mobilitare” e non solo “contaminare”, affinchè il plebiscito possa apparire come l’inizio di una nuova era.
Gli ultimi sondaggi dicono che, al momento, il 50 per cento degli italiani starebbe a casa. Il cuore del paese, sul tema, batte meno di quello del cerchio magico.
(da “Huffingtonpost“)
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